Le redini della propria vita

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Le redini della propria vita

Le redini della propria vita

di Maria Castiglione

Ognuno porta in sé il seme di ciò che può diventare. Crescendo, spesso,
finiamo col dimenticare chi siamo, di cosa siamo capaci e “ci perdiamo per
strada”. Ma ritrovarci e realizzare il nostro progetto di vita è possibile.

Il “piccolo” dell’uomo nasce e da subito dimostra il suo temperamento
giacché nei primi mesi di vita e anche nei primi anni, il suo contatto con
il Sé è stretto e fluido ed egli manifesta peculiarità, attitudini, qualità,
vocazioni le quali – se si prestasse loro la dovuta attenzione e il
rispetto- sarebbero i sicuri segnali del suo progetto di vita.

Poi, come in tutte le favole, qualcosa succede e sulla strada del piccolo
eroe compaiono gli ostacoli; quando è fortunato non si tratta di grandi
violenze, ma di piccole continue interferenze col suo naturale
funzionamento. Si sa, il bambino deve essere educato, i genitori da subito
si sentono investiti dal sacro compito. Ciò che nessuno ha insegnato loro è
che non dovrebbero assolutizzare niente e far notare al bambino che quanto
gli comunicano è ciò che nella loro famiglia si trasmette di generazione in
generazione, ma che in altre famiglie si fa in un altro modo e offrire
esempi di un modo diverso di vivere e al bambino fare intravedere la
possibilità di cambiare – quando sarà abbastanza grande da poterlo fare- ciò
che riterrà opportuno senza incorrere nella disapprovazione di coloro che
ama.

E invece a poco a poco i “no”, le ingiunzioni”, i “devi” lo allontanano
dalla sua vera natura e lo disorientano, sì proprio così perché il Sé è
essenzialmente orientamento, agisce come un radar che sa quali onde
catturare per cui quando il piccolo viene allontanato dalla sua essenza,
invece di andare nel mondo tranquillo e sicuro, annaspa, incespica di
continuo, avanza tentoni come chi è afflitto da un handicap.

E in molti casi il mondo diventa nemico e nascono paure di ogni tipo.

Quel bambino cresce conformandosi o ribellandosi ma non seguendo se stesso;
a un certo punto però, diventato adulto, entra in crisi, l’anima bussa,
chiede il conto.
Questo ipotetico cammino ci riguarda un po’ tutti, molti di noi in un certo
momento della vita sentiranno un’intensa insoddisfazione e inizieranno
quell’opera di riorientamento che impegnerà gran parte delle nostre forze e
ci porterà a ritornare in noi stessi stesso e a ridefinirci. Guadagneremo un
modo di stare nel mondo più consono alla nostra natura e di conseguenza
serenità e gioia.

Da dove cominciare?

1. Tagliare i codici che hanno informato la nostra vita, ovviamente se
l’hanno resa poco godibile. E’ disimparare, è disfarsi di cattive abitudini,
dei maestri, è partire da sé, per passare da un’etica impersonale appresa a
un’etica personale del volere e della responsabilità, per scoprire il mondo
dei propri valori individuandoli a partire dai propri bisogni, desideri e
ideali. Questa è la strada per individuarsi, differenziarsi, vivere.

Partire da sé è lottare per affermare le proprie posizioni perché tra i
nostri” vicini” ci sarà sempre qualcuno che tenterà di depistarci,
manipolarci in nome magari dell’amore o per fini egoistici. In tutti i miti
l’eroe afferma se stesso lottando, superando numerosi ostacoli sul suo
cammino; la via dell’eroe è la metafora di ogni vita che è forte e vuole
risposte forti da ogni uomo e da ogni donna.

2. Taglio ma anche piega: nel lavoro di riordino della nostra personalità è
basilare il “ritorno a Casa” ovvero piegarsi verso se stessi e, quasi atto
medico, aver cura di sé, capire la forma che si desidera darsi, la forma che
dirà dei nostri più intimi e personali desideri.

3. Interrogare continuamente l’esperienza. Importanti le domande empiriche
che sapremo rivolgerci. Ogni volta che un evento parla il linguaggio del
disagio, provare ad estrarre dalla situazione il sentimento particolare che
si è provato invidia, gelosia, vergogna e chiedersi: Quando e perché lo
incontro, chi o che cosa mi evoca un tal sentimento? Che ha a che fare con
la mia vita?

Quando un evento parla il linguaggio del benessere si fa la stessa cosa in
modo da rendere ripetibile a volontà, e non casualmente, l’esperienza.
Per le cose che avvengono per caso chiedersi: Ma quante cose avevo prima
lasciato accadere?

Per le cose che facciamo deliberatamente senza però ottenere gli effetti
desiderati: Mi sono interrogato sulle mie motivazioni e l’intenzione qual
era?

4. Coltivare le figure del cuore ovvero i valori personali di cui si diceva
sopra e poi quelle configurazioni fatte di pensieri, sentimenti che sono il
distillato, il portato di esperienze benefiche e ancora: nello spazio della
nostra interiorità ci sono varie immagini di noi, alcune sono purtroppo
costrittive e ostacolanti il nostro sviluppo, altre ci regalano invece un
senso di espansione e libertà, fare di quest’ultime figure del cuore, e cioè
richiamarle spesso alla coscienza, arricchirle, farne tesoro.
Tanto altro ancora si può fare, l’importante è non dimenticare che
l’identità
è in cammino per tutto il tempo del nostro percorso esistenziale. Ciò dà
speranza.

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