Le regole per lo stress “buono”” che allunga la vita delle cellule

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Le regole per lo stress “buono”» che allunga la vita delle cellule

Studi Usa: la fatica è salutare se si crede in quel che si fa

LA CONFERENZA MONDIALE DI VENEZIA SUL FUTURO DELLA SCIENZA

21 settembre 2013

di Mario Pappagallo

VENEZIA – Stress positivo e stress negativo. Non solo geni, non solo organi e cellule, ma anche
mente e psiche. Le espressioni del cervello non solo in chiave biologica. Tutti elementi che,
interagendo, giocano un ruolo fondamentale nella ricerca dei segreti della longevità. In realtà
ancora ignoti, come se una nebbia avvolgesse gli scienziati alla ricerca dell’elisir di lunga vita.
I numeri uno tra questi esploratori si sono confrontati a Venezia dove è in corso la nona Conferenza
mondiale «The Future of Science», tradizionale appuntamento organizzato dalla Fondazione Umberto
Veronesi, la Fondazione Giorgio Cini e la Fondazione Silvio Tronchetti Provera. Ogni anno cambia il
tema, i «Segreti della longevità» è quello dell’edizione 2013. Sala Arazzi della Fondazione Cini,
isola di San Giorgio Maggiore, ventisette relatori tra ricercatori biomolecolari, biologi,
psicologi, neuroscienziati, antropologi, evoluzionisti, nutrizionisti, sociologi, demografi,
economisti. Tanti giovani presenti, forse coinvolti dal tema di scoprire come restare giovani anche
quando l’anagrafe dirà il contrario. Unico assente l’ideatore Umberto Veronesi. Lui avrebbe potuto
dire molto in materia, ma è stato bloccato a Milano dai postumi di un piccolo intervento a tre
vertebre.

TELOMERI – Hanno aperto i lavori Giovanni Bazoli, presidente Fondazione Cini, Marco Tronchetti
Provera, presidente Fondazione Silvio Tronchetti Provera, Kathleen Kennedy Townsend, vicepresidente
«The Future of Science», Chiara Tonelli, professore di Genetica dell’università degli studi di
Milano. La lettura magistrale è stata affidata a Howard Friedman, psicologo dell’università della
California a Riverside. Perché la chiave psicologica? Perché resta ancora la più oscura. Un esempio,
tra i tanti, emerge dalla relazione del Nobel Elisabeth Blackburn che sottolinea come una gestante
stressata (un lutto o una perdita di lavoro legata alla maternità, per esempio) mette al mondo un
figlio con un’aspettativa di vita più bassa. I telomeri dei cromosomi – il patrimonio genetico che
si trasmette nella replicazione cellulare – del nascituro sono più corti e oggi è noto che la
lunghezza di questa componente cellulare è sinonimo di una vita più o meno lunga. Il telomero ripara
i danni cellulari: se i danni sono riparati non ci sono malattie. E il 20 per cento degli
ultracentenari muore di «vecchiaia», non di malattia.

SCELTE DI VITA – Ma quello che è nuovo è che i telomeri dipendono anche dalla psiche. Il perché è
tutto da studiare, ma l’analisi di migliaia di persone seguite fin dalla nascita (o poco dopo)
racconta una storia in cui longevità o morte precoce dipendono da scelte o non scelte di vita.
Amore, utilizzo del cervello, niente scheletri nell’armadio (come si suol dire) allungano la vita.
Cioè, non si sa come né perché, la psiche attiva meccanismi biologici non di sola subitanea
efficacia. I 125 anni di vita media «scritti» nei geni si raggiungono (ed è possibile) se non si
odia (e si ama), si vive in stress positivo (per esempio fare un lavoro che piace o che gratifica,
con vacanze regolari e senza vivere sempre connessi ai gadget tecnologici), se si pratica una
religione con convinzione e senza sentirsi obbligati. Ma non solo, mangiare ciò che piace realmente
e non cosa è indotto consumisticamente. Ecco il punto: lo stress negativo, e invecchiante, è quando
si fa ciò che non piace ma è richiesto da altri. Dal datore di lavoro alla cosiddetta società
civile, dalla religione ai genitori.

STRESS POSITIVO – Insomma, sintetizza Friedman, «la longevità dipende dall’essere coscienti in
positivo di ciò che si fa». Per scelta e non per obbligo. E ancora: un anziano muore senz’altro
prima se relegato nel nulla, strappato da una vita sociale stimolante. Giocare a carte nel bar o
giocare a bocce preserva, se non allunga, la vita. Giovanni Scapagnini, università del Molise e
ricercatore in campo neurologico, conferma: «Non c’è nulla di più misterioso, e anche di più
affascinante, di ciò che il cervello e le sue espressioni non misurabili (stress positivi, amore,
interessi cognitivi, ira e odio in negativo) riesce a fare sul corpo». Segreti di longevità: geni,
restrizione calorica (mangiare meno), vivere positivo, niente proteine animali (o poche, e limitate
a ciò che la natura dona – ed è molto – senza uccidere animali), attività fisica (ma non agonistica
e stressante). E amore in tutto ciò che si fa, dal lavoro a te stesso e a ciò che si mangia.

da corriere.it

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