Le Scritture che sono alla base del più grande di tutti i mantra
IL MAHA-MANTRA
Il canto del MAHA-MANTRA Hare Krishna, diffuso da Sri Caitanya e dai Suoi seguaci
affonda le sue radici negli antichi testi vedici.
di Satyaraja Dasa
La preghiera più importante del movimento Hare Krishna Hare Krishna, Krishna Krishna Hare Hare, Hare
Rama Hare Rama, Rama Rama Hare Hare è così tradotta: “O Signore! O energia del Signore! Per favore
impegnatemi nel Vostro divino servizio.” Essa è tradizionalmente conosciuta come il maha-mantra o
“il grande mantra”, perché contiene e supera tutti gli altri suoni sacri e perché è una preghiera
completamente pura e disinteressata; essa chiede soltanto di servire il Signore Supremo senza
aspettarsi niente in cambio. Stando così le cose, è sorprendente che i tre più importanti testi del
movimento Hare Krishna, lo Srimad-Bhagavatam, la Bhagavad-gita e la Caitanya-caritamrita non citino
il mantra neanche una volta.
Naturalmente Srila Prabhupada, nelle sue spiegazioni e a volte nelle sue traduzioni, c’informa
quando un verso sottintende il maha-mantra, anche se il sanscrito e il bengali non lo citano in modo
esplicito. Nella sua qualità di acarya, maestro esemplare della successione disciplica che insegna
con l’esempio, le sue spiegazioni contengono la vasta gamma degli insegnamenti vedici, come pure le
intuizioni dei santi e dei saggi del passato. Sebbene i testi principali sopra citati non contengano
riferimenti diretti al mahamantra, essi certamente glorificano il canto del santo nome. Io però ho
pensato che, per coloro che vogliono approfondire la conoscenza, sarebbe utile ricercare le
esplicite citazioni del maha-mantra contenute nelle scritture.
Alcuni risultati delle mie ricerche sono riportati sotto. Per i riferimenti più antichi, ho incluso
il testo in sanscrito, in particolare per quelli specialisti che possono avere dubbi sulla mia
traduzione. Per quanto riguarda le citazioni più recenti raccolte dalla tradizione Hare Krishna o
Gaudya vaisnava do solo il testo in inglese, dato che tutta la tradizione a noi più vicina concorda
con la traduzione qui riportata.
PERCHÉ IL SILENZIO?
Per quanto ne so, nessun acarya della nostra tradizione ha mai spiegato la vera ragione per cui i
testi principali non riportano il maha-mantra per intero. Forse gli acarya non l’hanno considerata
una questione importante. Dopo tutto, le nostre scritture principali glorificano il canto del santo
nome, anche se il maha-mantra non c’è. Inoltre le scritture e i maestri della tradizione parlano
dell’ aspetto confidenziale di alcuni mantra. Sri Sanatana Gosvami, per esempio, nel suo commentario
Dig-darsinisulla Brihad-Bhagavatamrita, afferma che tali mantra dovrebbero essere cantati solo da
persone qualificate che li hanno ricevuti con una vera e propria iniziazione.
Egli dice che, anche quando certe scritture parlano di questi mantra, vengono posti in atto
particolari accorgimenti per celarne le sillabe esatte, oppure che la loro spiegazione viene resa
intenzionalmente difficile da comprendere per coloro che non hanno familiarità con i codici criptati
della letteratura trascendentale. Krishnadasa Kaviraja Gosvami, l’autore della Caitanyacartamrita,
la più autorevole biografia di Sri Caitanya, esprime un’idea simile (Adi 4.231-232): “Tutte queste
conclusioni non sono adatte ad essere rivelate pubblicamente, ma se non verranno rivelate, nessuno
le capirà. Perciò, le citerò, rivelandone solo l’essenza, in modo che siano comprese dai devoti
amorevoli, ma non dagli sciocchi.”
In altre parole, talvolta le scritture e i saggi rivelano mantra esoterici come il maha-mantra e
qualche volta no. Allora il problema non è tanto capire perché i testi principali non citano il
mantra, quanto perché altri testi lo fanno. La risposta è, come afferma Krishnadasa Kaviraja
Gosvami, che le anime sincere saranno capaci di capirlo. Inoltre anche i grandi santi, durante le
loro estasi, qualche volta non riescono a trattenersi e così il maha-mantra sfugge dalle loro
labbra. Per queste ragioni e altre, l’intero mantra appare nei testi sacri e negli scritti dei
saggi. Detto questo, non c’è alcuna restrizione per cantare il mahamantra e, dopo averlo ricevuto
in modo appropriato, la pratica del canto è facile e piena di gioia.
Qualcuno potrebbe chiedere: “Che importanza ha? Se la tradizione insegna che il canto Hare Krishna è
essenziale per la pratica della coscienza di Krishna, che interesse ha il fatto che il maha-mantra
non si trovi nei testi principali del movimento?” ln un certo senso non interessa. E tuttavia la
coscienza di Krishna è basata sulla tradizione delle scritture. La verità viene riscontrata nel
confronto con tre autorità: il guru, le scritture e i saggi, in particolar modo i grandi maestri
spirituali della successione disciplica. La tradizione insegna che se questi tre riferimenti non
concordano tra loro, c’è qualcosa che non va.
Nella tradizione vaisnava, i guru e i saggi testimoniano l’importanza del maha-mantra. Ma le
scritture? Una lettura superficiale potrebbe far pensare che non lo fanno, anche se i riferimenti lo
suggeriscono con forza i testi più importanti parlano del santo nome, ma non citano mai
direttamente il mahamantra. È solo in quella che gli eruditi definiscono come letteratura “più
tarda” che generalmente si trova il mantra. Gli eruditi moderni, che non appartengono alla
tradizione, affermano che i quattro Veda e le Upanisad costituiscono i più antichi testi vedici
(chiamati Sruti), mentre i Purana e i poemi epici apparvero più tardi. Di conseguenza, seguendo
questa teoria, anche il vai snavismo o la coscienza di Krishna sono apparsi più tardi, poiché la
loro pratica specifica è riportata solo nella letteratura “più tarda”.
Gli eruditi arrivano a queste conclusioni usando il loro sistema di “controlli bilanciati” che è
meno affidabile di quello composto da guru, saggi e scritture. Essi usano tecniche di linguistica
storica comparata con riferimenti a testi la cui datazione è nota con maggiore certezza.
Naturalmente questi metodi sono soggetti ad errori e in genere gli eruditi lo ammettono abbastanza
apertamente. Esperti ed eruditi all’interno della tradizione comunque, insegnano che la coscienza di
Krishna è eterna e che i testi vedici, sia antichi che recenti, sono basati su una tradizione orale
rivelata agli albori dei tempi. Il maha-mantra fa certamente parte della tradizione orale vedica.
Inoltre, il mantra stesso, come anche i riferimenti ad esso, può essere veramente trovato negli
“antichi” testi vedici che sono sopravissuti nel tempo.
I RIFERIMENTI PIÙ ANTICHI
1l) La Kali-santarana Upanisad, che fa parte dello Yajur Veda, afferma:
hare krishna hare krishna
krishna krishna hare hare
hare rama hare rama
rama rama hare hare
iti sodasakam namnam
kali-kalmasa-nashanam
natah parataropayah
sarva-vedesu driyate
“I sedici nomi del maha-mantra Hare Krishna Hare Krishna Hare Krishna, Krishna Krishna, Hare Hare
/ Hare Rama, Hare Rama, Rama Rama, Hare Hare distruggono le iniquità dell’era di Kali. Questa è la
conclusione definitiva di tutti i Veda.”
Il significato della citazione sopra riportata è importante: questo testo delle Upanishad è un
dialogo tra Brahma, il primo essere creato, e Narada, suo discepolo, che gli chiede quali siano i
mezzi più efficaci per ottenere la liberazione in questa era. Brahma risponde con i versi sopra
citati e in un verso precedente informa Narada che il maha-mantra è “il vero segreto della
letteratura vedica”, sottolineando in tal modo la natura confidenziale del mantra e la sua
importanza per la tradizione vaisnava.
2) La Rama-tapani Upanishad (1.6) spiega il significato del nome Hari (Hare nel maha-mantra):
harati tri-vidham tapam
janma-koti-satodbhavam
papam ea smaratam yasmat
tasmad dharir iti smritah
“Il Signore è conosciuto come Hari perché porta via i peccati e anche i tre tipi di sofferenza che
ne derivano di coloro che lo ricordano. Questi sono peccati accumulati in milioni di nascite.”
Il Mahabharata (Udyoga-parva 71.4) spiega il significato di Krishna:
krishir bhu-vacakah sabdo
nas ca nirvriti-vacakah
tayor aikyam param brahma
krishna ity abhidhiyate
“La radice krish indica il fascino supremo del Signore; il suffisso na indica la gioia suprema.
Quindi il nome Krishna indica il Supremo Brahman [spirito], che è il culmine di queste due
caratteristiche.”
Nel Padma Purana, il Sata-nama-stotra (8) del Signore Ramacandra definisce Rama in questo modo:
ramante yogino ‘nante
satyanande cid-atmani
iti rama-padenasau
param brahmabhidhiyate
“Gli yogi o coloro che desiderano unirsi a Dio traggono piacere dal Supremo Sé, che si manifesta con
una forma assoluta di eternità, conoscenza e felicità. Questa stessa verità, conosciuta come
Parabrahman, è chiamata anche Raa.”
3) La Caitanya Upanishad (versi 11-12), parte dell’Atharva Veda, ci dice che il maha-mantra Hare
Krishna è composto interamente dai nomi di Krishna:
svanama-mula-mantrena sarvam
hladayati vibhuh sa eve mulam-mantram
japati haririti krishna iti rama iti
harati hridaya-granthim vasana-rupam
iti harih krishih smarane tac ca nas tad
ubhaya-melanam iti krishnah, ramayati
sarvam iti rama ananda-rupah atra shloko bhavati
“Hari è colui che scioglie il nodo del desiderio materiale che si è formato nel cuore. Ci possiamo
unire al Signore ricordando la radice krish e il suffisso na che costituiscono il fondamentale inno
di glorificazione: Krishna. E Rama è colui che dà piacere a tutto ed è la forma della felicità.”
Poiché la parola hare è al vocativo sia per hari (un nome di Krishna) sia per hara (un nome di
Radha), alcuni testi, come quello appena citato, interpretano “Hare” del maha-mantra come
un’invocazione a Krishna. Commentatori più recenti, comunque, sostengono con forza che, nella sua
più estesa e sublime interpretazione spirituale, Hare si riferisce a Radha, l’eterna consorte di
Krishna e la vera manifestazione della sua potenza di piacere spirituale. Sri Jiva Gosvami, acarya
della linea Gaudiya vaisnava, ci spinge in questa direzione quando nella sua spiegazione del
maha-mantra, la Maha-mantratha-vyakhya, scrive (versi 1 e 2):
hare krishna hare krishna
krishna krishna hare hare
hare rama hare rama
rama rama hare hare
sarva-ceta-harah krishnas
tasya cittam haraty asau
vaidagdhi-sara-vistarair
ato radha hara mata
“Hare Krishna Hare Krishna, Krishna Krishna, Hare Hare / Hare Rama, Hare Rama, Rama Rama, Hare Hare.
Krishna ruba la mente di tutti gli esseri viventi [che è il significato di “Hari”], ma Radharani
ruba perfino la Sua mente quando usa le sue qualità spirituali. Perciò è conosciuta come Hara, come
nel maha-mantra.”
4) La Ananta-samhita, un altro testo antico, ci dice:
hare krishna hare krishna
krishna krishna hare hare
hare rama hare rama
rama rama hare hare
sodashaitani namani
dvatrimshad varnakani hi
kalau yuge maha-mantrah
sammato jivatarane
varjayitva tu namaitad
durjanaih parikalpitam
chandobaddham susiddhanta
viruddham nabyaset padam
tarakam brahma-namaitad
brahmana gurunadina
kalisantaranadyasu
shruti-svadhigatam hareh
praptam shri brahma-shisyena
shri naradena dhimata
namaitad-uttamam shrauta-
paramparyena brahmanah
utsjyaitan-maha-mantram
ye tvanyat kampitam padam
maganameti gayanti
te shastra-guru langhanah
tattva-virodha-sampriktam
tadrisam daurjanam matam
sravataha pariharyam syad
atma-hitarthina sada
hare krishna hare krishna
krishna krishna hare hare
hare rama hare rama
rama rama hare hare
“Hare Krishna Hare Krishna, Krishna Krishna, Hare Hare / Hare Rama, Hare Rama, Rama Rama, Hare
Hare.”
Questo mantra di sedici nomi e di trentadue sillabe è il maha-mantra dell’era di Kali ed è con
questo mantra che tutti gli esseri viventi possono essere liberati. Non si dovrebbe lasciare questo
mantra per seguire altri cosiddetti metodi religiosi praticati da anime meno qualificate, né si
dovrebbero cantare combinazioni inventate dei nomi di Krishna che contraddicono le pure conclusioni
delle scritture o contengono emozioni incongruenti. A proposito di questo divino maha-mantra
spirituale, che libera dall’esistenza materiale, il guru originale, il Signore Brahma, ha detto: ‘La
Kali-santarana Upanishad ha dichiarato che questo mantra è il miglior mezzo per ottenere la
liberazione nell’era di Kali.’ Udito questo da Brahma, i suoi figli e discepoli, a cominciare da
Narada, accettarono tutti il maha-mantra Hare Krishna e, dopo aver meditato su di esso, ottennero la
perfezione.”
5) Nel Brahma Yamala tantra, un antico libro di istruzioni sui rituali, si trova ciò che segue:
harim vina nasti kincat
papani-starakam kalau
tasmal-lokoddharanartham
hari-nama prakashayet
sarvatra mucyate loko
maha-papat kalu yuge
hare-krishna-pada-dvandvam
krishneti ca pada-dvayam
tatha hare-pada dvandvam
hare-rama iti dvayam
tad-ante ca maha-devi
rama rama dvayam vadet
hare hare tato bruyad
harinama samud dharet
maha-mantram ca krishnaya
sarva papa pranashakam iti
“Senza Hari, non c’è modo di sradicare i peccati dell’era di Kali e perciò è essenziale che il nome
di Hari (hari-nama) risuoni in tutti i mondi. Con il risuonare di questo mantra, tutte le dimensioni
possono essere liberate dai gravi peccati dell’era di Kali. Prima si deve cantare due volte ‘Hare
Krishna’ , poi due volte ‘Krishna’, poi due volte ‘Hare’, poi due volte ‘Hare Rama’ ed infine, O
Mahadevi, si deve cantare due volte ‘Rama’ e poi ‘Hare Hare’. In questo modo si deve pronunciare
l’hari-nama-maha-mantra, che distrugge tutti i peccati.”
6) Dal Radha Tantra:
shrinu matarmahamaye
vishva-bija-svarupini
hari namno mahamaye
kramam vad sureshvari
“Ascoltami, O madre Mahamaya, seme dell’universo, amante degli esseri celesti! Ti chiedo per favore
di spiegarmi la sequenza dell’harinama.”
hare krishna hare krishna
krishna krishna hare hare
hare rama hare rama
rama rama hare hare
dvatrimshad aksaranayeva
kalau namani sarvadam
etan mantram suta shrestha
prathamam shrinuyan narah
“Hare Krishna, Hare Krishna, Krishna Krishna, Hare Hare / Hare Rama Hare Rama, Rama Rama, Hare
Hare.” O migliore dei figli, questo è il modo in cui devi cantare queste trentadue sillabe e questi
sedici nomi nell’era di Kali. Questo mantra dovrebbe essere ascoltato da tutti gli esseri umani.”
7) Dhyanacandra Gosvami, uno dei primi seguaci di Caitanya Mahaprabhu, nel suo
Gaura-govindarcana-smarana-paddhati (132-136) per descrivere il maha-mantra Hare Krishna fa
riferimento ad un antico testo vedico:
Ci sono tre mantra di Krishna che sono molto puri e potenti. Sono famosi per donare l’amore per Dio
a coloro che li cantano. La Sanat-kumara-samhita fa riferimento al primo mantra: “Le parole Hare
Krishna sono ripetute due volte e poi Hare e Krishna si ripetono due volte separatamente nello
stesso modo. Poi anche Hare Rama, Rama e Hare sono ripetuti due volte. Così il mantra fluisce come
segue: Hare Krishna, Hare Krishna, Krishna Krishna, Hare Hare, Hare Rama, Hare Rama, Rama Rama, Hare
Hare.”
Anche nella Sanat-kumara-samhita si trova la meditazione che accompagna questo maha-mantra: “Sri
Krishna sta giocando nelle fresche acque della Yamuna o all’ombra di un albero kadamba nella bella
foresta di Vrindavana. È in compagnia delle mucche, dei pastorelli e di Sri Radha. È molto abile a
suonare il flauto, mentre in piedi assume un’affascinante posa a tre curve, riversando sempre
misericordia e gentilezza sui devoti.”
8) Gopala Guru Gosvami, il successore di Dhyanacandra, fa questa citazione tratta dal Brahmanda
Purana, che parla dei nomi del maha-mantra:
Il Signore è conosciuto come Hari perché toglie l’ignoranza ai Suoi devoti. Anzi, rivela loro la Sua
vera natura e la Sua forma personale spirituale. Poiché Radha, la gioia di Krishna, ruba la mente di
Krishna, è conosciuta con il nome di Hara. Lo scuro Signore dagli occhi di loto, il maestro della
più grande felicità, Colui che porta piacere a Gokula, il figlio di Nanda, è conosciuto come
Krishna. Egli è noto anche come Rama perché le gioie della vita coniugale sono l’essenza del Suo
essere, perché Egli è la divinità incarnata dei divertimenti d’amore e perché dà piacere a Srimati
Radharani.
IL MAHA-MANTRA NELLA LETTERATURA PIÙ RECENTE
Mentre quelli riportati sopra sono i pochi riferimenti al maha-mantra che si trovano nei testi
vedici più antichi, la grande maggioranza dei riferimenti si trova nel corpus più recente della
letteratura vaisnava. In questi riferimenti qualche volta il mahamantra è riportato interamente,
oppure con una semplice abbreviazione con le parole “Hare Krishna”. Ecco alcuni esempi di entrambi i
casi:
(1) Rupa Gosvami, il più importante dei primi associati di Caitanya Mahaprabhu, nella sua
Laghu-Bhagavatamrita (1.4) così loda il canto Hare Krishna: “Le sillabe ‘Hare Krishna’ pronunciate
dalle labbra di Sri Caitanya Mahaprabhu inondano l’universo dell’amore per Dio. Che questi nomi
vengano glorificati!”
(2) Sri Rupa desidera intensamente di ottenere di nuovo un’udienza da Sri Caitanya che canta sempre
Hare Krishna. Nella Stavamala, Prathama Caitanyastakam (5) “Quando Sri Caitanya Mahaprabhu la cui
lingua danza sempre al canto ad alta voce di Hare Krishna; che conta il numero di volte che canta
sulla meravigliosa striscia di stoffa che circonda i Suoi fianchi, legata con nodi per cantare; i
cui occhi sono così grandi che sembra si dilatino fino a raggiungere i Suoi orecchi e le cui braccia
arrivano fino alle ginocchia diverrà nuovamente visibile ai miei occhi?”
(3) Baladeva Vidyabhushana, un famoso insegnante della tradizione Gaudiya del diciottesimo secolo,
nella sua Stava-malavibhushana-bhasya conferma che “Hare Krishna” nel verso prima citato di Rupa
Gosvami si riferisce al maha-mantra di trentadue sillabe: “Il mantra Hare Krishna risuonava nella
bocca di Caitanya Mahaprabhu. Il mantra che contiene sedici nomi e trentadue sillabe danzava sulla
Sua lingua.”
(4) Raghunatha Dasa Gosvami, uno dei famosi sei Gosvami di Vrindavana, nella sua Shaci-sunvastakam
(5) scrive: “Quando il figlio di Madre Saci [Sri Caitanya] che, considerando i residenti del
Bengala come Suoi, li ispirava a cantare Hare Krishna un numero prescritto di volte al giorno e che
come un padre dava loro molte affettuose istruzioni sarà ancora visibile ai miei occhi?”
(5) Sarvabhauma Bhattacarya, un intimo associato del Signore Caitanya, nella sua Caitanya-satakam
(64) afferma: “Vedendo le persone del mondo afflitte dai peccati dell’era di Kali, Sri Caitanya
Mahaprabhu in persona dette loro il santo nome e ordinò loro di eseguire ad alta voce il canto
congregazionale di questo mahamantra, danzando e accompagnandosi con strumenti musicali.”
(6) L’esempio seguente del modo in cui Caitanya Mahaprabhu cantava il maha-mantra si trova nel
Caitanyamangala di Locana Dasa: “Una volta Mahaprabhu fece visita alla casa di un brahmana e lo
abbracciò. Il kirtana che seguì rese quel luogo simile a Vrindavana e una moltitudine di persone si
riunì per ascoltare e cantare i santi nomi: Hare Krishna, Hare Krishna, Krishna Krishna, Hare Hare /
Hare Rama, Hare Rama, Rama Rama, Hare Hare.”
(7) Nella Caitanya-bhagavata (2.23.7578), la prima biografia di Sri Caitanya, Vrindavana Dasa
Thakura cita direttamente il maha-mantra: “Con molta gioia il Signore ordinò a tutti: ‘Ascoltate il
maha-mantra dei nomi di Krishna: Hare Krishna, Hare Krishna, Krishna Krishna, Hare Hare / Hare Rama,
Hare Rama, Rama Rama, Hare Hare. lo ho pronunciato questo maha-mantra. Recitate sul japa questo
mantra un numero prescritto di volte e otterrete tutte le perfezioni. Cantate questo mantra in ogni
momento. Non c’è nessun’altra regola.”
(8) Nella Caitanya-bhagavata (1.14.143147), Vrindavana Dasa Thakura cita le istruzioni di Sri
Caitanya a Tapana Misra: “Tutto viene realizzato dall’hari-namasankirtana, compreso lo scopo della
vita e i mezzi per conseguirlo. In questa era di Kali, l’unico mezzo per liberarsi è il canto dei
nomi di Hari. Non c’è altro modo, non c’è altro modo, non c’è altro modo. Hare Krishna, Hare
Krishna, Krishna Krishna, Hare Hare / Hare Rama, Hare Rama, Rama Rama, Hare Hare. Questo verso
composto di nomi è chiamato mahamantra, contiene sedici nomi del Signore ed è formato da trentadue
sillabe. Cantare ripetutamente questo mantra risveglierà il germoglio dell’amore per Dio che è nei
nostri cuori. Pertanto attraverso il canto si comprende lo scopo della vita e il modo di
raggiungerlo.”
CONCLUSIONE
I grandi acarya della successione disciplica di Sri Caitanya (la linea rappresentata dal movimento
Hare Krishna) hanno dato al mondo numerose indicazioni e istruzioni a proposito del canto del
maha-mantra. Perciò, sebbene non esplicitamente citato nei tre principali testi, come detto
all’inizio di questo articolo, il riferimento implicito al mantra pervade la tradizione. Tutto lo
Srimad-Bhagavatam, infatti, mette al centro l’ascolto e il canto Hare Krishna con molti
riferimenti all’hari-kirtana e all’hari-sankirtana come pure la Bhagavad-gita. Ambedue i testi
glorificano le grandi anime che sanno che il canto dei nomi del Signore è la pratica centrale della
vita spirituale. Come anche per la Caitanya-caritamrita, la biografia più approfondita di Caitanya
Mahaprabhu, ogni cambiamento importante della vita del Signore è evidenziato dal canto. Per esempio,
noi sappiamo come il canto del maha-mantra abbia cambiato presto il corso della Sua vita e come il
Suo canto abbia ispirato e illuminato altri.
Ma, come affermato prima, il mahamantra deve essere trasmesso da un maestro spirituale autentico a
un discepolo sincero. Naturalmente, la tradizione insegna che tutti possono cantarlo e che non ci
sono regole fisse e difficili per farlo. Ma l’esempio personale di Caitanya Mahaprabhu mostra che
Egli, solo dopo aver ricevuto il maha-mantra da Isvara Puri suo precettore spirituale, fu
intossicato dall’amore per Dio. In altre parole, il vero frutto del mantra è dato da una persona che
sta già gustando questo frutto. E le scritture, mentre incoraggiano i devoti a prendere
l’iniziazione, generalmente si limitano ad indicare il mantra e la sua efficacia, ma l’effetto
totale si manifesta quando una persona si abbandona al maestro spirituale della successione
disciplica.
Ma rivediamo per un momento il problema del perché il maha-mantra non si trova nei testi principali
del movimento Hare Krishna. Prima di tutto, originariamente era un mantra della Sruti, che si
trovava in testi come la Kali-santarana Upanishad, citata prima. Stando così le cose, era
considerato un mantra confidenziale e come tale normalmente sarebbe stato rivelato in modo implicito
piuttosto che esplicitamente, come attestano sia Sanatana Gosvami sia Krishnadasa Kaviraja Gosvami.
Questo spiegherebbe come mai non si trova citato in modo esplicito nella Bhagavad-gita o nello
Srimad-Bhagavatam, anche se queste scritture sottolineano l’importanza del canto del santo nome di
Krishna. Comunque, Caitanya Mahaprabhu rese disponibile a tutti l’amore per Dio e così facendo dette
inizio alla vera gloria del maha-mantra, nel senso della sua infinita potenza e della sua
accessibilità per tutti coloro che lo volessero. Anzi, lo rivelò come una speciale elargizione per
l’attuale era di discordia e di ipocrisia.
Perché nella Caitanya-caritamrita non c’è il maha-mantra? Krishnadasa Kaviraja Gosvami scrive che
non ripeterà impropriamente ciò che era stato rivelato dal biografo precedente Vrindavana Dasa
Thakura, che, come abbiamo visto, aveva citato il maha-mantra. Basandosi sull’informazione esplicita
dei suoi predecessori, Krishnadasa Kaviraja Gosvami scrive molti versi che glorificano il canto del
santo nome. Quando usa parole come hari-nama e maha-mantra, i suoi lettori sapevano già a cosa si
riferiva. In conclusione le scritture e i grandi acarya talvolta rivelano il maha-mantra per intero
e talvolta no. Ma una cosa è certa: coloro che sono sinceri alla fine riceveranno il santo nome e
perciò otterranno la perfezione.
Satyaraja Dasa, discepolo di Srila Prabhupada, collabora con regolarità a BTG e ha scritto più di
venti libri. Vive con la moglie e la figlia vicino a New York City.
(Tratto da Ritorno a Krishna)
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