Le tre «età della musica»

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Le tre «età della musica»

Ecco come cambiano i gusti musicali

Da mezzo per auto-definirsi nell’adolescenza la musica diventa veicolo sociale per incontrare gli
altri e poi un’espressione più «solitaria»di sé

di Elena Meli

Dimmi che musica ascolti e ti dirò quanti anni hai. Perché i gusti musicali cambiano man mano che,
crescendo, ci troviamo ad affrontare nuove sfide e la nostra personalità si struttura diversamente:
i brani che amiamo infatti raccontano molto di noi e della nostra condizione psicologica che,
inevitabilmente, muta negli anni. Lo spiega Jason Rentfrow del Dipartimento di Psicologia
dell’università di Cambridge in uno studio pubblicato sul Journal of Personality and Social
Psychology , per il quale ha raccolto i dati e le preferenze musicali di oltre 250mila persone
nell’arco di dieci anni.

ADOLESCENTI – Un lavoro titanico, dunque, per cercare di capire come i gusti in fatto di musica si
correlino alle caratteristiche di ciascuno di noi e, per la prima volta, se e come cambino
dall’adolescenza alla mezza età. Il ricercatore ha innanzitutto suddiviso in cinque generi la musica
ascoltata dai partecipanti (la “melodica-suadente”, quella “umile”, la “sofisticata”, l’”intensa” e
la “contemporanea”), quindi ha valutato quanto fossero graditi nelle varie fasce d’età. «Esiste
l’idea, supportata da diversi psicologi, che i gusti non si modifichino dopo l’ingresso nell’età
adulta. Noi non ne eravamo convinti, sia sulla base dell’esperienza personale che di svariati studi
in psicologia – spiega Rentfrow –. Per questo abbiamo cercato di capire se la musica che ascoltiamo
cambi nel tempo, per adattarsi a bisogni sociali e psicologici che mutano negli anni». Dai risultati
emerge che l’amore per la musica nasce durante l’adolescenza, come ci si poteva aspettare: qui si ha
un primo “picco” di preferenza per la musica “intensa”(quella punk o metal) destinato a calare poi
quando si diventa giovani adulti; da giovanissimi inoltre inizia un interesse per la “contemporanea”
(pop e rap) che cresce linearmente per raggiungere il massimo nell’età adulta, prima dei 50 anni.
«La musica è un mezzo semplice ed economico per stabilire la propria identità, come tentano di fare
gli adolescenti – dice lo psicologo –. I ragazzi lottano per una propria indipendenza e si
contrappongono perciò allo “status quo” rappresentato dai genitori e dalla società: la musica punk e
metal, aggressiva e caratterizzata da suoni distorti e un ascolto ad alto volume, ha proprio le
caratteristiche di ribellione che i ragazzi cercano per affermare la loro autonomia».

ADULTI – Superati i vent’anni la faccenda cambia e altri generi musicali si fanno spazio nella
playlist: i giovani adulti, ormai soggetti autonomi, affrontano la successiva “sfida” della vita
ovvero amare ed essere amati per quello che sono diventati crescendo. Cambiano perciò i gusti e si
affaccia, accanto alla musica “contemporanea”, quella “melodica-suadente” del rythm and blues o
dell’elettronica: il bisogno, ora, è ascoltare note ballabili o romantiche. «Questa musica rinforza
il desiderio di intimità e fa da buon accompagnamento nelle situazioni in cui le persone si
incontrano per intrecciare relazioni: feste, bar, club e così via – riprende Rentfrow –. Mentre
nella prima “età musicale” vogliamo distinguerci, nella seconda vogliamo essere accettati dagli
altri. Nella terza, quando si avvicina la mezza età, i bisogni e la psicologia sono ancora diversi e
iniziano a dominare musiche positive e rilassanti».

MEZZA ETA’ – Così ecco crescere la preferenza per la musica “umile”, come il folk o il blues, e per
quella “sofisticata”, dal jazz alla classica: la prima parla al cuore, di esperienze e sentimenti
che a questo punto dell’esistenza la maggior parte di noi ha vissuto, mentre la seconda è
espressione dello stato sociale e della cultura. «In questo periodo della vita abbiamo ormai
acquisito risorse per esprimerci nella famiglia, nel lavoro, con ciò che possediamo – osserva
l’esperto –. La musica resta un’estensione di noi stessi e di quello che siamo diventati, ma a
questo punto vogliamo che rifletta il benessere che abbiamo raggiunto perché la “sfida” è dimostrare
di aver conquistato un posto nella società e una preparazione culturale elevata: da qui la maggior
preferenza per jazz e musica classica. D’altro canto si tratta di una fase della vita in cui lavoro
e famiglia chiedono molto, per cui nella musica tanti cercano relax e calma, un’espressione più
solitaria del proprio sé. Le tendenze che abbiamo individuato sono molto evidenti e derivano da
un’enorme mole di dati: tutto questo dimostra come un’abitudine apparentemente “banale” come
l’ascolto della musica sia in realtà correlata a molti aspetti psicologici e della personalità». I
dati confermano anche la veridicità del vecchio adagio, secondo cui si nasce incendiari e si muore
pompieri: da mezzo per auto-definirsi nell’adolescenza la musica diventa prima un veicolo sociale
per incontrare gli altri e poi un’espressione più “solitaria” di sé. E inevitabilmente, in questo
percorso, si “ammorbidisce”.

20 gennaio 2014 – corriere.it

www.apa.org/pubs/journals/psp/

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