21 novembre 2018
La MDMA, il componente attivo dell’ecstasy, stimola la disponibilità a un comportamento
collaborativo senza alterare la capacità generale di valutare l’affidabilità delle altre persone. Il
chiarimento delle sue modalità d’azione permetterà di comprendere meglio la possibilità di
utilizzare la sostanza nella terapia di alcuni disturbi psichici(red)
da lescienze.it/news
Il principio attivo dell’ecstasy, la MDMA, (3,4-metilendiossimetamfetamina), rende le persone più
cooperative E’ quanto risulta da uno studio condotto da un gruppo di ricercatori del King’s College
di Londra, che firmano un articolo sul “Journal of Neuroscience”.
Il successo dell’ecstasy come droga ricreazionale è legato alla sua capacità di facilitare la
socializzazione, dovuta al rilascio di diversi neurotrasmettitori cerebrali.
Ma la MDMA ha anche un interesse per la terapia di alcuni disturbi psichici, tanto che sono in corso
studi di sperimentazione clinica per la cura del disturbo post-traunmatico da stress (PTSD).
Ricerche come questa possono quindi gettare ulteriore luce sul modo in cui i diversi sistemi di
neurotrasmettitori nel cervello contribuiscono al comportamento sociale.
Mitul Mehta e colleghi hanno sottoposto due gruppi di volontari – uno a cui era stato somministrato
MDMA e l’altro a cui era stato dato un placebo – a un gioco di ruolo usato spesso per valutare la
disponibilità alla cooperazione, il cosiddetto dilemma del prigioniero. (In questo gioco il
risultato che massimizza il risultato utile per tutti può essere ottenuto solo se tutti collaborano
e rinunciano a ottenere un risultato ancora maggiore per sé, a scapito degli altri.)
Durante il test veniva anche monitorata l’attività cerebrale dei partecipanti, ai quali era anche
richiesto di annotare l’affidabilità che attribuivano agli altri giocatori.
Dall’analisi dei dati raccolti è risultato che la MDMA – almeno ai dosaggi sperimentati – non
alterava la percezione dell’affidabilità degli altri giocatori: i punteggi attribuiti da chi aveva
ricevuto la sostanza non erano molto diversi da quelli dati da chi aveva ricevuto il placebo.
Tuttavia, di fronte al “tradimento” di un giocatore precedentemente dimostratosi affidabile, i
partecipanti sotto l’influenza della MDMA erano più disposti degli altri a dargli un’altra chance,
un atteggiamento – ha sottolineato Anthony Gabay, coautore dello studio – “che ha portato una più
rapida ripresa del comportamento cooperativo e infine a livelli complessivi più elevati di
cooperazione con partner affidabili”.
La risonanza magnetica funzionale ha poi mostrato che la MDMA non altera l’attività cerebrale delle
aree preposte all’elaborazione del processo decisionale, ma influisce su quelle che valutano il
comportamento altrui.
In particolare, aumenta l’attività della corteccia temporale superiore e della corteccia cingolata
mediale, che entrano in gioco quando cerchiamo di capire i pensieri, le credenze e le intenzioni di
altre persone.
I ricercatori hanno anche osservato che durante l’elaborazione del comportamento di giocatori
affidabili, la MDMA aumentava l’attività nell’insula anteriore destra – coinvolta nel valutare le
informazioni disponibili, la loro incertezza e i potenziali rischi – ma la diminuiva durante
l’elaborazione del comportamento di giocatori inaffidabili.
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