L’educazione spirituale nell’esperienza di una madre
di Gioia Lussana
L’EDUCAZIONE SPIRITUALE
Queste riflessioni hanno preso corpo interrogandomi come madre su che cosa
possa aiutare la crescita spirituale nei bambini, e per rispondere a un
invito fatto su Sati1 da Mauro Bucci e Fabrizia Gambacurta, volto ad
approfondire il rapporto tra la pratica della consapevolezza e il processo
educativo.
Quando ho cominciato a pormi la domanda riguardo a mio figlio Luca di tre
anni, la parola ‘spiritualità’ mi suscitava quasi un senso di paura, come
sentirsi inadeguati di fronte a un compito molto più grande di noi. La vita
spirituale di ciascuno di noi è realmente qualcosa di grande e misterioso e
indipendente da noi per molti versi; ma mi sono fatta coraggio pensando che
tutte le cose grandi sono già in parte visibili nelle piccole cose intorno a
noi. Ho voluto quindi chiarire innanzitutto dentro di me che cosa intendo
per educazione spirituale.
Lo spirito è l’alito della vita, è la vita stessa nel suo significato più
vasto e profondo. Educazione spirituale per me è il cammino per divenire
sempre più ricettivi alla vita nel suo molteplice manifestarsi e in contatto
con ciò che ci fa bene, sempre più consapevoli di ciò che ci fa male e ci fa
paura.
Fondamentalmente educazione spirituale credo che sia imparare ad essere più
‘svegli’ trovando gli strumenti adatti, e compito dei genitori è fornire
alcuni di questi strumenti. Ovviamente si può parlare di educazione
spirituale soltanto in un contesto di crescita già sufficientemente salubre
e pedagogicamente adeguato.
“Solo poggiando saldamente i piedi sulla terra, l’uomo può scrutare il
cielo” dice padre Luciano Mazzocchi. Il progetto è semplice: stare ben
radicati a terra, che è nello stesso tempo molto grande e impegnativo, come
essere vivi.
MADRE NATURA
È sicuramente l’osservazione diretta dei bambini e dei loro comportamenti
insieme alla cura e all’affetto per loro che orientano i genitori in questo
compito.
Mi sono accorta ad esempio che i bambini vivono molto radicati nella natura
e nei suoi ritmi e imparano molto da lei, come da una grande madre
primordiale che include pure la propria madre naturale insieme al cielo, al
sole, al mare, alla luna, alle stelle, ai cicli delle stagioni. Forse non è
un caso che una delle prime parole che mio figlio ha imparato a dire – prima
ancora di ‘mamma’ – è stata ‘nuna’ indicando la luna brillante nel cielo.
D’altra parte, il sacro da proporre ai bambini dovrebbe essere qualcosa di
grande e indefinito, collegato con la natura da un lato e il senso del bene
dall’altro, come è appunto il concetto di Dharma nel buddhismo. Per usare un
linguaggio cristiano, Dio non fa necessariamente quello che vorremmo noi, ma
ci ‘cura’, come una grande mamma che ci osserva e ci guida: “Lui si prende
cura di noi, ma noi dobbiamo cavarcela da soli”, afferma un bambino di
dodici anni;4 in queste parole Dio è una presenza buona, che ci lascia però
liberi di agire e di sbagliare.
I bambini vivono molto più di noi ‘in grembo a madre natura’ e in contatto
con essa. Soprattutto da quando vivo in campagna ho notato l’importanza di
poter sperimentare ad esempio il silenzio in certe ore della giornata –
anziché il sottofondo incessante di motori delle automobili in strada – , la
magia di una passeggiata sotto le stelle, il mutare del cielo, il ritmo
delle stagioni. Padre Luciano Mazzocchi nota che può essere di aiuto
l’osservazione
dei ritmi della natura per spiegare a un bambino il grande mistero della
vita e della morte.
Per esempio, dalla finestra della mia cucina si vede un grande albero di
tiglio. Ogni mattina, facendo colazione, Luca ed io salutiamo quell’albero e
lo osserviamo. Quest’estate era verde, rigoglioso, pieno di foglie e fiori
profumati, poi con l’autunno le foglie sono divenute gialle e hanno
incominciato a cadere, lasciando intravvedere piccoli squarci di cielo
azzurro. Da qualche giorno i rami sono completamente nudi e disegnano sagome
scure e variamente intrecciate contro il cielo ormai completamente visibile,
ma pieno di nuvole e nebbia. A primavera vedremo altri strabilianti
mutamenti.
In questo modo Luca comincia a familiarizzarsi con il processo della morte:
le foglie cambiano di colore e muoiono, ma non per questo sono meno belle,
portano i loro colori fin dentro la terra e danno nuova energia all’albero
che a primavera, dopo un lungo sonno, rifiorirà insieme alla vita. La morte
è un processo e porta al risveglio della primavera.
L’ATTESA E IL DONO
Anche l’esperienza dell’attesa, per esempio nel periodo d’avvento che
precede il Natale, credo che sia importante per i bambini, che sono per
natura impazienti e volubili.
Può essere utile aprire ogni giorno le finestrelle del calendario d’avvento
fino alla vigilia di Natale, oppure accendere le candele cominciando da una
fino a quattro nelle quattro domeniche prima di Natale, adornando una
ghirlanda di frutti e foglie di stagione che simboleggiano il passaggio dal
buio dell’inverno alla luce della primavera; magari allestendo ogni domenica
un piccolo rituale che accompagna l’accensione delle candele con una
canzoncina o una storiella e dei regalucci.
Esperienze come queste familiarizzano il bambino con il senso dell’attesa,
del saper aspettare; il ritmo di vita sempre più veloce, la televisione, il
consumismo rendono i nostri figli sempre più volubili e incapaci di saper
aspettare qualcosa che desiderano.
Un altro insegnamento importante per un bambino potrebbe essere imparare a
salutare le piante, gli animali, le persone che si incontrano. Ogni giorno
con Luca facciamo una breve passeggiata incontrando alcuni ‘amici’: un
gregge di pecorelle, alcuni cani che dormono al sole, un gatto rosso, una
papera e delle galline. Ogni giorno salutiamo gli animali e osserviamo i
cambiamenti quotidiani tutt’intorno: ci sono nuvole sulla montagna,
quell’albero
ha perso tutte le foglie, quell’altro è diventato tutto rosso, la vecchina
che abita vicino al lavatoio oggi non si fa vedere.
Tutto il contesto ha il significato di un dono, come se la natura e i suoi
animali ogni giorno ci offrissero delle sorprese e noi ci sentiamo grati per
questo. La gratitudine è un sentimento importante da imparare ad esprimere
per un bambino. Imparando a salutare e a ringraziare, i bambini vivono in un
mondo meno scontato, più vivo e da rispettare. Penso poi che tutto questo si
possa vivere anche in città, facendo la piccola passeggiata in un parco o
comunque all’aria aperta.
IL RITO
Un altro elemento di aiuto può essere il ripetersi di alcuni rituali. Ho
notato che ripetere costantemente alcune esperienze era cosa gradita per mio
figlio, come se la ripetizione di per sé avesse il significato di conoscere
e acquisire un vissuto e gli desse sicurezza e identità; se poi il rituale
che si propone è buono e porta gioia, tutto ciò acquista un senso profondo
di crescita interiore.
Tre momenti forti della giornata, utili a questo scopo sono il risveglio al
mattino, le ore dei pasti e la sera prima di addormentarsi. Con Luca ho
introdotto ad esempio una breve mettâ collettiva al momento dei pasti:
formuliamo l’ augurio che tutti gli esseri possano avere una pappa buona da
mangiare e si vogliano bene e finiamo con un ringraziamento.
In generale ho notato che questo piace ai bambini, ma non bisogna sentirsi
frustrati se a volte rifiutano decisamente di farlo, come è capitato a me.
Ho dovuto riconoscere che a volte i nostri rituali piacevano più a me che a
Luca, e penso comunque che alcune esperienze lavorino misteriosamente dentro
di noi, anche se all’apparenza non va tutto secondo i nostri programmi.
APERTURA, RISPETTO, SINCERITÀ
Una apertura di fondo, mettendo da parte le nostre aspettative o rigidità,
dobbiamo proporci in generale riguardo al senso religioso dei bambini. Ho
notato che sono molto aperti, soprattutto intorno ai tre anni, a cogliere il
significato profondo delle cose, ma non bisogna fornire loro risposte
preconfezionate. L’ideale sarebbe rispondere loro con attenzione, ma
lasciare sempre aperta la porta al mistero, a qualcosa di più grande, a
qualcosa che va cercato.
Credo che possa incanalare positivamente le energie spirituali dei bambini
l’educazione
al rispetto di ogni essere vivente, pianta, animale o essere umano e a
questo scopo vale soprattutto l’esempio dei genitori e il loro
comportamento. Per esempio i bambini spesso si divertono a schiacciare le
formiche o a tormentare insetti e piccoli animali; senza essere oppressivi o
rigidi si potrebbe far capire loro che può essere altrettanto divertente
osservare e proteggere anziché uccidere.
Altro elemento importante: dire la verità ai bambini e mantenere le promesse
fatte. A volte noi genitori, presi dal vortice della fretta, dalla
stanchezza o semplicemente per pigrizia non rispettiamo i nostri figli,
raccontando loro piccole bugie di comodo o non dando seguito a una parola
data. La delusione che i bambini provano in queste situazioni è enorme e
negativa.
Nel buddhismo si parla di aderire alla realtà così com’è, di vedere le cose
per quello che sono, perché solo in questo modo si percepirà la natura
ultima della realtà. Cercando di essere veri e coerenti il più possibile,
anche quando ci sembra difficile, offriamo ai nostri figli un esempio di
semplicità, chiarezza e bontà, che li aiuterà a trovare identità e
sicurezza. Questo a sua volta porterà i bambini a identificarsi con eroi
positivi o spirituali da Luke Skywalker di “Guerre stellari” fino al Buddha.
LA MEDITAZIONE
Esistono poi delle vere e proprie forme di meditazione da fare con i
bambini. Mi baso in particolare sulle esperienze di Stephanie Herzog.
Per quello che ho capito e sperimentato, si tratta di una sorta di
educazione al silenzio esplicitata in alcuni semplici e brevi esercizi di
visualizzazione e immaginazione. Ci si siede insieme per qualche minuto per
esempio cantando ‘om’ per tutta la durata di una lunga espirazione; oppure
si può inviare amore alla persone che sono state gentili con noi; oppure
immaginare un seme che dorme nella terra e poi cresce, germoglia e diventa
fiore. Ci sono poi esercizi più complessi per bambini più grandi.
Per bambini di tre anni è già molto riuscire in una di queste forme più
semplici. Con mio figlio non mi riesce sempre. All’inizio è stato un vero
fallimento, ma continuando a proporre l’esperienza e trovando il momento
giusto per lui vedo che sta cominciando a entrarci. È necessaria molta
pazienza per i genitori, conservando un atteggiamento ludico e niente
affatto ossessivo o rigido, altrimenti sarà impossibile veicolare
l’attenzione
così mobile e volubile dei bambini.
Anziché imporre forme precostituite, è più proficuo aiutare i bambini a
scoprire quella dimensione meditativa spontanea e naturale già presente
dentro di loro. Come scrivono Surya Singer e Soma Krishna:
Avete mai visto un bambino guardare incantato una lampadina o la luna? Le
tecniche spirituali vengono scoperte naturalmente dai bambini: trattenere il
respiro, fissare il vuoto senza batter ciglio, starsene a testa in giù,
imitare gli animali, girare in cerchio, sedere immobili a ripetere
continuamente una frase finché tutto il resto non cessa di esistere.
Smetti di pensare che la meditazione sia qualcosa di speciale. Smetti
proprio di pensare. Guarda il mondo intorno a te come se fossi appena
arrivato sul pianeta Terra. Osserva le rocce nelle loro formazioni naturali,
gli alberi radicati nel terreno con i rami protesi verso il cielo, le
piante, gli animali e le loro interrelazioni. Vedi te stesso attraverso gli
occhi di un cane nel parco. Vedi un fiore attraverso la sua essenza. Vedi
una montagna attraverso la sua magnificenza.
Quando la mente lascia indisturbati i propri oggetti, è possibile che non ci
sia più né mente né oggetto – soltanto un’unità mozzafiato.
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Note
1 Vedi rubrica lettere, Sati n. 2 del 1995.
2 L.Mazzocchi, J.Forzani, A.Tallarico: Il Vangelo secondo Matteo e lo Zen,
EDB, p.21.
3 R.Coles, La vita spirituale dei bambini, Rizzoli, pp.159 sgg.
4 Ibidem, pp.69-71.
5 S.Herzog, La meditazione con i bambini, ed.Le Stelle.
6 Citato in Ram Dass, Journey of Awakening, Bantam Books, p.62 sg.
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