L’efficacia del placebo dipende dalla personalità
9 novembre 2012
Essere schietti, altruistici e soprattutto avere la capacità di adattarsi e resistere alle difficoltà
permette di sfruttare l’effetto placebo contro il dolore grazie allo stimolo alla produzione di
endorfine indotto dalle aspettative positive. Una personalità diffidente e irascibile è invece
predittiva della sua inefficacia
(red) lescienze.it
L’efficacia antidolorifica di un placebo, ossia una sostanza farmacologicamente inattiva, sarebbe
legata a specifici tratti della personalità, secondo uno studio pilota condotto presso l’Università
del Michigan, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Neuropsychopharmacology.
In particolare, schiettezza, altruismo e soprattutto resilienza la capacità di resistere e
adattarsi a difficoltà e stress acuti sarebbero predittivi della capacità del palcebo di avere un
buon effetto antidolorifico, mentre la tendenza all’irascibilità e alla diffidenza lo
bloccherebbero.
Già in passato alcune ricerche avevano attirato l’attenzione su una possibile connessione fra la
personalità individuale e l’effetto placebo, ma è la prima volta che si individua una chiara
correlazione fra i due fattori.
In questo studio i ricercatori hanno sottoposto una cinquantina di volontari sani di età tra 19 e
38, sia maschi che femmine a una serie di test standard per la valutazione dei tratti della
personalità. Successivamente, durante la sessione sperimentale, hanno monitorato la loro attività
cerebrale attraverso scansioni di tomografia a emissione di positoni (PET), oltre ad altri parametri
fisiologici.
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Le aree in colore indicano le regioni cerebrali in cui si ha un maggiore rilascio di oppioidi
endogeni durante la somministrazione di placebo in volontari con alti livelli di resilienza e
altruismo e bassi livelli di ostilità e rabbia. (Cortesia Marta Pecina/University of Michigan)
Ai volontari era stato detto che sarebbe stato loro iniettato un piccolo quantitativo di soluzione
fisiologica nei muscoli della mascella che avrebbe provocato una sensazione dolorosa, e che a
distanza di qualche minuto sarebbero state loro somministrate dosi di antidolorifico – in realtà un
placebo – del quale avrebbero dovuto valutare l’efficacia su una apposita scala.
Dai dati raccolti e dalle analisi statistiche eseguite è risultato che almeno un quarto dell’aumento
dei livelli cerebrali di oppioidi endogeni sostanze dotate di proprietà analgesiche naturalmente
prodotte dal cervello, che si ritiene rappresentino i mediatori dell’effetto placebo, e la cui
sintesi sarebbe stimolata dalle aspettative positive e della parallela riduzione dei livelli di
cortisolo, l’ormone dello stress, può essere imputato a quei specifici tratti della personalità.
Il cosiddetto neuroticismo ossia la tendenza a sperimentare emozioni negative, come ansia, rabbia,
ostilità, depressione, impulsività è invece risultato correlato in maniera negativa all’effetto
placebo; l’ostilità in particolare è risultata il migliore predittore di una sua inefficacia.
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