di Anonimo
« Karma » è la parola sanscrita che denota la grande legge conosciuta dai
grandi pensatori dell’Occidente come legge spirituale di Causa ed Effetto, o
di Causalità.
Essa è in rapporto colle complesse affinità, sia per il bene, sia per il
male, che sono state acquisite dall’anima attraverso le sue molte
incarnazioni. Queste affinità si manifestano come caratteristiche
persistenti da un’incarnazione ad un’altra, accresciute in un senso,
alleggerite in un altro o comunque modificate, ma sempre prementi in avanti
per trovare la loro espressione e manifestazione. Così ne segue che ciò che
ciascuno di noi è in questa vita dipende da ciò che noi siamo stati e da
come abbiamo agito nelle nostre passate esistenze.
A traverso l’azione della legge del Karma, la manifestazione di una perfetta
giustizia è evidente. Noi non siamo puniti per i nostri peccati, come
suppone la comune credenza, ma lo siamo dai nostri peccati. Non siamo
ricompensati per le nostre buone azioni, ma ne riceviamo il compenso dalle
caratteristiche, qualità, affinità, ecc. acquistate coll’aver compiuto
queste buone azioni nelle vite precedenti; noi siamo i nostri propri giudici
e giustizieri.
Nella nostra vita presente noi stiamo accumulando buono, o cattivo Karma il
quale si attaccherà strettamente a noi e che chiederà la sua manifestazione
ed espressione nelle vite avvenire. Quando noi ci leghiamo con cattive
azioni, un cattivo Karma, alleviamo nel nostro seno un mostro che roderà le
nostre viscere più vitali fino a che non potremo svellerlo dal nostro seno
sviluppando qualità opposte. E quando attireremo a noi il buon Karma del
dovere ben compiuto, della cortesia ben espressa e delle buone azioni
liberamente compiute senza lo scopo della ricompensa, allora noi ordiremo il
bel vestito che saremo destinati ad indossare nel nostro domani.
Gli insegnamenti yoghici a riguardo della legge del Karma c’insegnano che il
peccato non è tanto un’offesa al potere che ci portò in esistenza quanto lo
è contro noi stessi. Noi non possiamo offendere l’Assoluto né fargli alcun
male; ma noi possiamo farci male scambievolmente, e così facendo, far male a
noi stessi. Gli Yoghi insegnano che il peccato dipende largamente
dall’ignoranza e dall’errata comprensione della nostra vera natura, e che la
lezione dev’essere bene imparata fino a riconoscere il dannodella nostra
precedente condotta per evitare gli errori commessi ed il loro ripetersi.
Per effetto del Karma le conseguenze derivanti dai nostri peccati, si
avvincono a noi, fino a che ne diverremo stanchi e disgustati e ne
cercheremo la loro causa nei nostri cuori. Quando avremo scoperta la cattiva
radice di questi effetti, allora impareremo a odiarla e ad estirparla da noi
come cosa insana, e d’allora ne saremo sempre più sollevati.
Gli Yoghi considerano l’anima peccatrice come un figlio che vuoi persistere
a giocare con cose vietate: il padre lo avverte più volte di non toccare la
stufa rovente, ma esso persiste nella sua disobbedienza fino a che una buona
scottatura lo richiama al dovere. La scottatura non è la punizione della sua
disubbidienza (quantunque possa sembrare così) ma è la conseguenza di una
legge naturale che è invariabile.
Il fanciullo comprende allora che stufa accesa e bruciare, sono connessi fra
loro, e comincia a vedere il senso e la ragione degli ammonimenti paterni.
L’amore paterno cerca di risparmiare al figlio il dolore della scottatura,
ma pure la natura infantile persiste nel voler sperimentare da sé, e la
lezione viene insegnata. Ma, appresa bene la lezione, non è più necessario
proibire al fanciullo di toccare la stufa, poiché ha imparato a conoscere il
pericolo e, quindi, ad evitarlo.
E così avviene dell’anima umana che passa da una vita ad un’altra; essa
apprende nuove lezioni, raccoglie nuove esperienze ed impara a riconoscere
la pena che deriva dalle azioni non rette e la felicità che invariabilmente
accompagna l’agire corretto. Progredendo riconosce quanto sia pieno di
dolore l’agire in un dato modo e, come per la scottatura del fanciullo,
impara a non ripetere l’errore.
Se noi ci fermeremo a considerare per un momento l’intensità relativa delle
varie tentazioni in noi e negli altri vedremo l’effetto del Karma delle
precedenti incarnazioni. Perché questa cosa non ha « tentazioni » per voi
mentre costituisce la più grande tentazione per un altro? Perché certe altre
cose sembrano non avere alcuna attrazione per lui, mentre attirano voi così
fortemente da rendere necessario l’impiego di tutta la vostra forza di
volontà per resistervi?
Tutto dipende dal Karma delle vostre passate esistenze. Le cose che ora non
vi tentano sono state trascese in qualche precedente esistenza e voi avete
tratto profitto dalle vostre esperienze o da quelle altrui, oppure da
qualche insegnamento che vi fu impartito da chi era stato attirato a voi
dalla vostra risvegliata coscienza della Verità.
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