Di Fabrizio Fittipaldi
da arteespiritualita.blogspot.com/
Nel opera di Patañjali sullo yoga, il diciannovesimo sutra del Samadhi pada può essere così
tradotto:
I videha e gli yogi prakriti laya nel momento della rinascita fanno naturale esperienza del samadhi.
Il termine videha indica esseri celesti che hanno corpi di luce; mentre i prakritilaya sono coloro
che avendo sviluppato una piena consapevolezza della Natura, vivono spontaneamente l’esperienza del
dissolvimento della loro coscienza in essa.
Leonardo appartiene sotto ogni riguardo a questa seconda categoria umana, dai sensi e
dall’intelligenza purificati, e il suo speciale rapporto con la Natura caratterizzerà tanto il suo
atteggiamento di scienziato, quanto la sua attività artistica, che tra l’altro non è chiaramente
distinguibile dalla prima, in quanto ulteriore strumento di conoscenza:
Se tu sprezzerai la pittura, la quale è sola imitatrice de tutte l’opere evidenti de Natura, per
certo tu sprezzerai una sottile invenzione, la quale con filosofica e sottile speculazione considera
tutte le qualità delle forme: aire e siti, piante, animali, erbe, fiori, le quali sono cinte d’ombra
e lume. E veramente questa scienzia è legittima figliola de Natura, perché la pittura è partorita da
essa Natura; ma per dir più corretto, diremo nipota de Natura, perché tutte le cose evidenti sono
state partorite dalla Natura, delle quali cose partorite è nata la pittura. Adonque rettamente la
chiamaremo nipota d’essa Natura e parente d’Iddio.
In particolare Leonardo intende l’atto artistico come un elevatissimo strumento di conoscenza di una
realtà suprema che rimane invisibile a uno sguardo superficiale e al quale l’artista accede per un
processo contemplativo e meditativo, procedendo dalla percezione sensibile di un determinato oggetto
all’esperienza della sua forma sottile:
Questo è ‘l modo di conoscere l’operatore di tante mirabili cose, e quest’è ‘l modo d’amare un tanto
inventore,
ch’invero il grand’amore nasce dalla gran cognizione della cosa che si ama, e se tu non la
cognoscerai, poco o nulla la potrai amare.
Leonardo attribuisce una grande importanza al gesto incisivo della mano che col suo agire
intelligente trasferisce il contemplato su un piano di immediata visibilità. Si sviluppa un dialogo
tra lo sguardo purificato dell’artista e la sua mano che si sforza di riprodurre ciò che -in uno
stato di elevata coscienza- si è reso visibile ai suoi occhi, aldilà del velo grossolano delle
apparenze. Ciò che la mano registra costituirà a sua volta una base sicura dalla quale l’artista e
ricercatore potrà partire per avventurarsi nelle inesplorate e invisibili profondità dell’oggetto e
del suo significato.
L’opera d’arte che prende spunto da un oggetto naturale o da un soggetto umano non necessariamente è
solo informativa o imitativa; tuttavia è fin troppo facile essere sedotti dagli aspetti individuali
e accidentali delle cose che ci stanno dinnanzi, e distolti a causa delle nostre affezioni, dalla
visione della forma pura. La possibilità di tali distrazioni è eliminata dall’artista che, svuotando
la mente di ogni altro contenuto, si mette all’opera basandosi su un’immagine ricreata
interiormente. Anche nel caso di Leonardo, dunque, l’artista opera dall’interiorità all’esteriorità,
con forme trascendenti e significanti che emergono dal dialogo costruttivo tra contemplazione e
gesto creativo, tra osservazione sensoriale e giudizio intellettuale, e che si riproducono in quello
speciale agorà che è il cuore umano. Altrove Leonardo parla di un giudizio che sembra
identificarsi con l’intelligenza dell’artista: lo strumento psichico che più intimamente dialoga con
l’anima e che è funzionale alla sua espressione. A una lettura più attenta la natura di tale
giudizio sembra rimandare a una dimensione superiore, sintetica e inclusiva, che dovremmo chiamare
spirituale: è l’anima stessa a forgiare tale giudizio e ad imprimergli quella potenza d’azione
plasmante. La forza dell’energia creatrice è in lui sempre contemperata dalla riflessione rigorosa e
il suo fare artistico è affatto contrario al cieco operare. L’inesauribile efficacia delle immagini
leonardesche si fonda su questa unità di potenza creativa e di pensiero; sul suo fondamentale
atteggiamento, che consiste nel porsi al di sopra della propria opera, nella quale, allo stesso
tempo, viene ad espressione ciò che supera le possibilità del pensiero logico-razionale:
Quando l’opera sta pari col giudizio, quello è tristo segno in tal giudizio; e quando l’opera supera
il giudizio, questo è pessimo, com’accade a chi si maraviglia di aver sì ben operato; e quando il
giudicio supera l’opera, questo è perfetto segno.
Secondo Leonardo l’artista è signore dell’opera sua e responsabile dell’energia creatrice che lo
attraversa affinché questa non sia ostacolata e deformata, nel suo libero fluire, dai
condizionamenti del carattere individuale. Il dialogo tra energia creatrice e giudizio si fa nella
seguente annotazione ancora più intimo e la loro relazione indissolubile:
Mi pare che sia da giudicare che quell’anima che regge e che governa tutto il corpo sia quella che
fa sì che il nostro giudizio innanzi sia il proprio giudizio nostro […]. Ed è di tanta potenzia
questo tal giudizio ch’egli muove le braccia al pittore e gli fa replicare sé medesimo.
E laddove questa energia primaria rimane inviluppata nella psiche individuale, si hanno solo opere
determinate dalle caratteristiche del pittore,
e così segue ciascun accidente in pittura il proprio accidente del pittore.
In conclusione possiamo dire che per Leonardo, come per tutte le autentiche tradizioni culturali,
l’arte è strumento di conoscenza della realtà spirituale e mezzo per l’elevazione psichica non solo
dell’autore (per il quale rappresenta un vero e proprio sentiero di purificazione e
autorealizzazione), ma anche dello spettatore attento e sensibile, che rispettosamente si
predisponga a lasciarsi permeare dal messaggio di verità che l’opera veicola.
Lascia un commento