L’Era dei Vimana

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L’Era dei Vimana

Un tempo gli dèi si mostravano agli uomini nei vimana, splendidi velivoli frutto di una tecnologia
impressionante. Negli antichi trattati indiani il segreto della loro costruzione e gli eventi
catastrofici che mutarono la Terra.

È ormai assodato che le più antiche civiltà terrestri maturarono alte conquiste nel campo
letterario, artistico, politico e metafisico, espressione di un elevato grado di crescita
intellettuale fiorita nel corso degli anni. Diversi regni potenti si succedettero nel dominio di
vasti territori del mondo conosciuto, con l’annessione di altri popoli sotto la loro egida, segno di
una compagine statale determinata ed efficiente.

Altra cosa è affermare che i nostri predecessori erano in possesso di una tecnologia elevata che
ricorda da vicino i traguardi scientifici del terzo millennio. Una simile tesi stravolgerebbe
completamente l’odierna società, vanificando di colpo un lento cammino di conquiste costellato di
sacrifici che hanno donato alla nostra specie lo status di Homo Sapiens Sapiens.

Il primo passo da compiere è accogliere con mente aperta gli antichi testi sacri in chiave
scientifica, svelando in tal senso l’oscura terminologia di individui che assistettero a fenomeni
fuori della loro comprensione. Se nei medesimi libri troviamo, però, dettagliate descrizioni
tecniche in un linguaggio moderno di strane macchine mosse da un’ energia sconosciuta, le cose
assumono un’altra prospettiva. Lo scrittore, anche se all’oscuro di principi aeronautici,
padroneggiava specifiche conoscenze che gli permisero di svelare un’antica scienza. Ammetterlo
conduce al passo successivo, la ricerca comparata di prove che svelino il segreto dei vimana.

L’arte di dominare il cielo

La parola vimana in sanscrito è formata dal prefisso vi, “uccello” o “volare”, e dal suffisso man
che indica “luogo abitato costruito artificialmente”. Il vocabolo assume così il significato di
“uccello artificiale abitato”. Nel 1875, venne scoperto un antico manoscritto del IV sec. a.C.
composto dal saggio Bharadwaja (presumibilmente basato su fonti di epoca vedica), il
Vymaanika-Shastra o Scienza dell’Aeronautica, che riporta in dettaglio la costruzione e le
caratteristiche di volo di un vimana, il quale si differenzia in quattro modelli principali dalle
diverse funzioni: Shakuna, Sundara, Rukma e Tripura. I disegni che emergono in base alle descrizioni
mostrano autentiche navi spaziali.

Il testo contiene in apertura questa affermazione: “Gli esperti in scienza aeronautica dicono:’Ciò
che può volare da un posto all’altro è un Vimana’. Gli esperti dicono che ciò che può volare
nell’aria, da un’isola ad un’altra isola, da un mondo ad un altro mondo, è un Vimana”. La
possibilità di raggiungere altri pianeti nel cosmo era normale a quei tempi, risultato di una
scienza elevata che esplorava i confini del sistema solare e asseriva l’abitabilità di Mercurio,
Venere, Marte, Giove, Saturno, il Sole e la Luna. Una carta stellare del 4.000 a.C., appartenuta
allo studioso David Davenport, mostra i contatti tra la Terra e altri sistemi stellari lontanissimi,
patria di civiltà evolute. Gli stessi yogi, potenziando la mente, varcano sconosciuti regni
sovradimensionali.

Il Vymaanika–Shastra, dopo aver fornito istruzioni sull’equipaggiamento e la dieta dei piloti simile
a quella degli astronauti, prosegue elencando 32 segreti che gli stessi devono adottare in volo, il
più importante dei quali il trasferimento di poteri spirituali latenti nell’uomo alla macchina
stessa. Seguono: invisibilità, alterazione della forma, velocità ipersonica, radar, telecamere spia
e apparati di rilevamento sonoro, raggi infrarossi, creazione di ologrammi per confondere i nemici,
concentrazione della luce solare su vaste zone, oscurità temporanea, armi ultrasoniche e
batteriologiche. Poche le differenze con gli odierni velivoli spia.

Gli scienzati dell’ Universo

Ma il Vymaanika–Shastra non è l’unica opera in circolazione sui vimana; nella letteratura indiana,
la quasi totalità dei testi sacri ne fa menzione, dai quattro Veda, ai Brahmana, allo
Srimad–Bhagavatam sino a comparire in numerosi trattati di varia natura, classificati come cronache
documentate. Tra questi, il Samarangana Sutradhara stabilisce che le aeronavi disponevano di una
propulsione a mercurio e potevano muoversi anche grazie al suono. Il Drona Parva, una parte del più
ampio Mahabharata, ce ne illustra le modalità: “La Mente divenne il suolo che sosteneva quel vimana,
la Parola divenne il binario sul quale voleva procedere…E la sillaba OM piazzata davanti a quel
carro lo rendeva straordinariamente bello. Quando si mosse, il suo rombo riempì tutti i punti della
bussola”.

La necessità di tenere nascoste ai profani le vie del cielo per il bene dell’umanità fu il proposito
di re Ashoka, imperatore buddhista della dinastia Maurya vissuto in India dal 304 al 232 a.C. Egli
creò la “Società Segreta dei Nove Sconosciuti” con il compito di catalogare la scienza del tempo in
nove libri, tra cui I segreti della gravitazione, custodito in luoghi remoti dell’Asia. Diversi anni
fa i Cinesi rinvennero antichi documenti sanscriti che trattavano dell’ energia antigravità presente
nell’uomo capace di far levitare ogni cosa. I veicoli interstellari chiamati “Astras”, avevano la
facoltà di rendersi invisibili grazie all’ energia antima e di operare deviazioni nello spazio–tempo
tramite la facoltà di “diventare pesanti come una montagna di piombo”. Notiamo che “astra” in lingua
latina è il plurale di stella, mentre antima ha dato origine ad antimateria, etimologicamente un’
energia composta interamente di antiparticelle. Una simile conoscenza era interamente opera umana o
scaturiva dalle profondità celesti, perfettamente note agli scienziati indù?

Vimana, dono degli dèi

La forma aerodinamica degli apparecchi spinse ad innalzare meravigliose strutture sacre di forma
piramidale, vimana per i seguaci del tantrismo, ancor oggi visibili in tutta l’India, che indicano
il tempio del dio in movimento. Varie razze di divinità, costantemente in contatto con i monarchi
indiani, assistevano ai sacrifici rituali spandendo fiori dai loro vimana, e riprendevano al termine
la via del cielo.

Arjuna, leggendario eroe vedico amico di Krishna, parla nei suoi viaggi interplanetari di lontane
regioni ove non brillano Sole e Luna, ma stelle fulgenti piccolissime se osservate dal pianeta
azzurro. Il re Citaketu viaggiava nello spazio su un veicolo luminoso donatogli dal dio Vishnu e si
imbatte in Siva, che scompare velocemente alla vista nella sua astronave.

Il Mahabharata descrive un utilizzo tattico dei vimana in guerre campali, con il lancio di
proiettili sfolgoranti che vaporizzano le creature seminando il panico e narra le vicende del
monarca Salva che, desideroso di annientare la città di Krishna, ottiene dall’architetto di un altro
sistema planetario un portentoso vimana. Il re bombarda inizialmente dall’alto la cittadella con
sassi e tronchi d’albero, e utilizza in seguito un’arma capace di manipolare le condizioni
atmosferiche, ma alla fine Krishna otterrà la sua vittoria fronteggiando in cielo Salva grazie a un
missile ad ultrasuoni che uccide all’istante. L’episodio svela che l’uomo, debitamente istruito, era
pur sempre impotente di fronte a una simile tecnologia, appannaggio degli dèi, che portò millenni
prima al trionfo del glorioso Impero Rama, in una terribile guerra stellare ricordata nel Ramayana
di Valmiki.

La vittoria di Rama

Il celebre poema epico indiano narra la storia di Rama, settima incarnazione del dio Visnhu, che
prende in sposa la principessa Sita e stabilisce un vasto impero tra Iran e Afghanistan, noto nei
testi classici come “Le sette città dei Rishi”. Il malvagio Ravana, re di Lanka, rapisce la donna
che Rama parte a liberare con l’aiuto di Hanuman, uccide Ravana e infine rade al suolo la sua città.
Storicamente esistette una dinastia Ravana che regnò a Lanka per quattrocento anni, delineandosi in
tal modo uno scenario che ispirò il successivo racconto dell’Iliade di Omero, ove due imperi
combattono a causa di una donna. Quello che interessa è il frequente ricorso nel poema a macchine
volanti equipaggiate con armi incredibili, che sino all’ultimo decidono le sorti della battaglia.

Nel quindicesimo capitolo compare il Pushpaka Vimana, enorme aeronave dorata appartenuta a Brahma,
che Ravana sottrae al fratello e guida con l’aiuto di uno strano essere umanoide. In cielo
guerreggia con una schiera di astronavi nemiche lanciando missili, giunge a Lanka e Rama vincitore
si impossessa del velivolo che lo condurrà infine nella residenza paterna. Durante la traversata,
Rama illustra a Sita i luoghi dello scontro, indicando Lanka dimora dei titani, nome di una razza
che tornerà utile nel corso della nostra ricerca. Lanka, in dravidico antico “isola“, viene
descritta come un baluardo circondato d’ acqua oltre un’oceano vastissimo, particolare che ha
suggerito agli studiosi David Davenport ed Ettore Vincenti l’identificazione con l’opulenta Mohenjo
Daro, in Pakistan. Lanka era bagnata dal fiume Indo più volte definito oceano e confinava a sud–est
con l’impero di Rama. Se i nessi geografici corrispondono, ancor più sconvolgenti le scoperte
archeologiche.

Il luogo della morte

La nascita di Mohenjo Daro sembra avvenire dal nulla. Fiorente metropoli che contava 30.000
abitanti, era progettata secondo un moderno schema architettonico a griglia e vantava un eccellente
sistema di fognature, nonché un enorme piscina. Il suo nome, “luogo della morte”, deriva dal
ritrovamento di 44 scheletri in vari quartieri della città, quando venne intrapresa un’esplorazione
sistematica delle sue rovine da Sir Mortimer Wheeler nel 1945. La sua scoperta si deve però
all’archeologo R. D. Banerjee che ottant’anni fa portò alla luce gli edifici sottostanti su cui
sorgeva una stupa buddhista del 300 a.C.

Gli scheletri, sparsi in un’area precisa della metropoli, giacevano scomposti con le membra
contorte, segno che la morte li ha colti all’improvviso. L’attacco da parte di tribù ariane, mito
letterario creato dal nulla, non sussiste, poiché non vi sono armi accanto ai corpi e soprattutto le
ossa presentano strane carbonizzazioni e calcinazioni, dovuto agli effetti di un’esplosione
nucleare. Soltanto una bomba a fusione è in grado di provocare simili devastazioni, con un epicentro
da cui irradia l’onda d’urto che viene a creare sull’area colpita tre zone distinte, come a Mohenjo
Daro. Il Survey of India (Istituto di Cronologia) ha sinora individuato le date di alcune battaglie
cruciali in base ai riferimenti astrologici dei Veda, effettuando una comparazione sui reperti
archeologici della Valle dell’Indo. Nel caso di Mohenjo Daro, gli esperti hanno riscontrato un salto
di oltre quattrocento anni rispetto alla cronologia accertata, suggerendo una contaminazione
nucleare dei resti organici. Davenport e Vincenti hanno rinvenuto lontano dagli scavi archeologici
una piana con oggetti d’uso comune vetrificati, che ad un’attenta analisi risultavano irradiati
dall’Uranio del Plutonio e del Potassio 40 a livelli fuori della norma.

Prove sufficienti ad avvalorare un’antica guerra tra esseri stellari, che impressionarono la memoria
dei nativi. Un manufatto di pietra scolpita mostra un casco con visiera sottile totalmente
differente dagli elmi allora in uso e più vicino a quello di un pilota, mentre il Palazzo del
Governatore cinge un ampio cortile che un tempo aveva ospitato, forse, il Pushpaka Vimana. Senza
contare che un quarto soltanto della città è stato sinora riportato alla luce; ma i riscontri non
finiscono qui.

Secondo le antiche leggende, i signori del cielo irati con Lanka polverizzarono sette città con una
luce che brillava come mille Soli ed emanava il rombo di diecimila tuoni. Nel Ramayana, il saggio
Rishi avverte gli abitanti del suo eremo di scappare lontano dal Gran Deserto del Thar, poiché di lì
a sette giorni una pioggia di ceneri avrebbe messo fine al regno di Danda, cognato di Ravana. Gli
scheletri ritrovati a Mohenjo Daro sono in numero esiguo rispetto alla totalità degli abitanti,
fuggiti di colpo per evitare la purificazione celeste. Scienza e mitologia si fondono e ancora un
volta gli antichi testi confermano le odierne scoperte.

Un segreto da dimenticare

Ma una guerra atomica a bordo dei vimana è un episodio circoscritto alla sola India? Alcune caverne
in Turkestan e nel deserto del Gobi contenevano dispositivi semisferici di vetro e porcellana con
un’estremità conica ripiena di mercurio, che gli scienziati sovietici hanno definito “antichi
strumenti per la guida di veicoli cosmici”. Resti di remote metropoli vetrificate giacciono, poi,
tra le sabbie del Gobi che un tempo era patria di civiltà evolute scese a formare l’uomo. Furono
loro a governare Atlantide, che aveva in dotazione un Vimana–Vailixi adoperato per una battaglia
sulla Luna. Le Stanze di Dzyan, testo occulto del Tibet, narra che il Grande Re dal Volto
Abbagliante ipnotizzò i Signori Oscuri conscio della distruzione di Atlantide e si impadronì con il
suo popolo dei vimana nemici, per raggiungere terre lontane.

Nelle città sotterranee di Akakor, in Brasile, esistono strane mappe su cui appaiono il sistema
solare con diverse lune, due isole nell’Atlantico e nel Pacifico inabissatesi a causa di uno scontro
nel cielo tra due razze stellari che perturbò le orbite di Marte e Venere (cfr. Il regno di Akakor,
ACAM Sezione Civiltà Enigmatiche).

Gli Indiani Hopi del Nordamerica ricordano nei loro miti il Terzo Mondo popolato da uomini che con i
patuwwota (scudi di cuoio) si mossero guerra annientando la civiltà. Nell’ovest degli USA esistono
numerose rovine consumate dalle radiazioni nucleari a perenne memoria. Gli edifici delle Sette
Cidades, vicino al Rio Longe, presentano tracce di cristallizzazione che assomigliano a quelle di
Sacsayhuaman, in Perù, distribuite in un’area di 15.000 m2.

Sul Monte Rano–Kao, nell’Isola di Pasqua, si trova una grande spaccatura segno di un intenso calore
che ha fuso l’ossidiana sul terreno e ha lasciato un cratere circolare poco distante. Incisioni di
legno mostrano individui stravolti colpiti da forti radiazioni.

Anche il Medioriente conserva testimonianze di sviluppi tecnologici avanzati. Le Halkatha, vecchie
leggi babilonesi, recitano: “Guidare una macchina volante è un grande privilegio. La conoscenza del
volo è estremamente antica, un dono degli dèi del passato per sopravvivere”. Un testo caldeo, il
Sifr’ala, descrive minuziosamente le parti costruttive di un aereo quali bobine di rame, sfere
vibratorie e aste di grafite soffermandosi sull’aerodinamicità del veicolo. Il resoconto più famoso
del Medioriente di un antico volo nel cosmo vede protagonista il re antidiluviano di nome Etana che
a bordo di un’aquila scompare nel cielo e osserva dall’alto la Terra diventare sempre più piccola.

Preziosi per una comparazione con l’epica indiana sono le cronache sumere di una guerra furiosa
scoppiata tra fazioni opposte di dèi per il possesso delle Terra, che provoca un vento radioattivo
dalla Penisola del Sinai, cosparsa ancor oggi di pietre annerite. Molti ricorderanno il reperto di
Toprakkale, conservato al Museo Topkapi di Istanbul, che raffigura una sorta di shuttle guidato da
un individuo in tuta spaziale, chiara conferma di remota tecnologia operante in area mesopotamica.

Dalla vicina penisola arabica, la mitologia indiana giunse sino in Grecia, dimora di un pantheon
assortito al cui apice regnava Zeus. Il nome deriva dal sanscrito Dyaush–Ptr, che ha originato il
corrispondente latino Giove Padre, in seguito relegato a semplice aiutante del tonante Indra. Zeus
era descritto come potente divinità che scagliava fulmini, eco lontana di armi tremende adoperate
nella guerra decennale che lo oppose alla razza semidivina dei Titani: “Allora Zeus…dal Cielo
scagliò i suoi dardi infuocati. I fulmini che lanciò erano potenti di rumore e di luce…I Titani nati
dalla Terra furono avvolti da un bruciante vapore. Innumerevoli fiamme salirono sino al chiaro
etere. Lo splendore delle pietre dei fulmini e dei lampi accecava gli occhi anche dei più forti”.
Queste le ultime testimonianze del conflitto piovuto dal cielo, opera di esseri dalle fattezze
umane, venerati dai nostri progenitori come dèi. Il tempo cancellò il ricordo delle loro imprese e
il silenziò calò sulla tecnologia aeronautica, nata per valicare i confini del cosmo. I carri
celesti disparvero dalla Terra, lasciando a pochi eletti il dominio dei cieli. Un manoscritto
nepalese di età indefinita racconta che un antico re indiano, incapace di pilotare un vimana,
convoca un esponente degli Yavanas, una stirpe bionda dalla pelle chiara discendente di Noè che
abitava il Mediterraneo orientale dopo il Diluvio. Il monarca si librò in aria ma non venne mai a
conoscenza del segreto del volo appartenuto agli dèi e un tempo custodito nella sua terra.

Bibliografia

Autori vari L’ universo fantastico dei miti, Mondadori, 1977
Compassi, Valentino Dizionario dell’ universo sconosciuto, SugarCo, 1989
Davenport, W. David – Vincenti, Ettore 2000 a.C.: distruzione atomica – SugarCo, 1979
Dopatka, Ulrich Dizionario UFO – Glossario di preastronautica, Sperling & Kupfer, 1980
Feuerstein, George – Kak, Subhash – Frawley, David Antica India la culla della civiltà, Sperling &
Kupfer, 1999
Leslie, Desmond & Adamsky, George I dischi volanti sono atterrati –Edizioni Mediterranee, 1995
Noorbergen, Rene I segreti delle antiche razze, SIAD Edizioni, 1978
Sitchin, Zecharia Guerre atomiche al tempo degli dèi, Piemme, 2000

Su Internet

˜rshand/restricted/streams/scripts/ vimana.html

Riviste

Malanga, Corrado – Le guerre stellari di Mohenjo Daro – UFO Network n°5, Settembre 1999
Terzi, Fulvio – Gli architetti del tempo – Notiziaro UFO n°18, Settembre 1998

fonte : www.bh-ramo.com/pagine/i%20vimana.html

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