L’ESPERIENZA ESTATICA D’AMORE QUALE CHIAVE PER LO SCRIGNO DELL’AUTENTICA FELICITA’

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L’ESPERIENZA ESTATICA D’AMORE QUALE CHIAVE PER LO SCRIGNO DELL’AUTENTICA FELICITA’

di Marco Ferrini

La vita è scambio di amore, si basa sul dare e ricevere amore. Chi ha carenze d’amore vive una vita
triste, dominata dalla sua personalità ombra. Finché non chiariamo l’equivoco di base sull’identità
non ci sarà possibilità di sviluppare amore; questo sentimento che è sapienza divina si degrada in
sentimentalismo e la vita viene conosciuta soltanto attraverso meccanicismi sensoriali. Da tempo
immemorabile sembra che dentro di noi convivano due persone. Una è l’io storico, detto anche “falso
ego”: sospettoso, arrogante, orgoglioso, irritabile, egocentrico e sostanzialmente pauroso e vile.
L’altra è il sé, l’essere spirituale spesso celato, l’atman, la cui chiara voce di saggezza solo
raramente viene udita e ancora più raramente ascoltata. Il sé (terminologia yunghiana), l’anima
(terminologia cristiana), l’atman, (terminologia vedantica), è il solo esistente reale. L’io è solo
l’ombra del sé, che prende realtà a causa di una distorsione mentale che nella lingua italiana,
viene definita immedesimazione. Quando un soggetto si immedesima in qualcos’altro rispetto a se
stesso si verifica un coinvolgimento condizionante che è poi alla base di tutti gli attaccamenti ad
una serie di oggetti effimeri, per natura soggetti a trasformazione, degrado e dissoluzione. Il più
forte tra tutti questi attaccamenti, il più diffuso, il più vissuto come assolutamente normale è
l’identificazione con il corpo. Pur arrivando talvolta a comprendere che in essenza noi non siamo il
corpo, sono veramente rari coloro che non si identificano con esso. E’ vero che il corpo umano è un
dono divino, uno strumento di straordinaria preziosità, ma non è noi.

Il sistema nervoso è una poderosa macchina ideata per portarci al successo, nella dimensione dalla
quale siamo venuti, quanto di più affascinante si possa immaginare in termini di struttura
biologica, ma non è in sé la vita. Quando la vita scivola via dal corpo, ad esempio per un infarto,
benché tutto il sistema nervoso sia fisiologicamente intatto, potete constatare che la persona è
morta. Quindi ciò che fa funzionare meravigliosamente questa macchina portentosa è l’atman,
l’oggetto della nostra ricerca. La civiltà moderna, che ha grandi meriti in innumerevoli campi,
produce tuttavia una cultura ombra perché comunica ossessivamente l’identificazione con il corpo, la
necessità di acquisire ricchezze, per ambizione di potere e per esorcizzare la paura pur sapendo
bene che, per definizione, la ricchezza è come l’acqua del mare, più se ne beve e più si diventa
assetati. Il mito falso di una vita agiata fondata sul piacere dei sensi è la più grave calamità in
corso, la più dolorosa, e più mortifera. La ricchezza, la vecchiaia, la gioventù, la bellezza non
garantiscono la felicità, altrimenti i problemi della droga, della violenza, dell’alcolismo, del
tabagismo non sarebbero così diffusi. Nella condizione non illuminata di identificazione con la
mente il piacere è spesso l’aspetto gradevole e fugace del ciclo continuo e alternato di dolore e
piacere. Il piacere deriva da qualcosa che è esterno a noi, mentre la gioia nasce dall’interno. Ciò
che oggi ci dà piacere domani ci procurerà dolore perché, per quanto possa durare, prima o poi
dovremo inevitabilmente separarcene, e la sua assenza sarà per noi fonte di dolore. Se ci pensiamo
bene ogni piacere contiene in sé il seme del dolore, l’altra faccia della medaglia, che si rivelerà
col tempo.

Quando le passioni agitano il cuore e la mente si provano molti dolori a causa degli attaccamenti
materiali. Queste forze, se non ben organizzate, armonizzate e canalizzare, non lavorano per il
nostro bene. Molte tendenze distruttive vengono vissute inizialmente come innocue per mancanza di
conoscenza, di discernimento fra l’Io ed il sé, di discriminazione fra l’effimero ed il reale
(avidya). Occorre quindi la Conoscenza per canalizzarle, per trasformarle, come si fa con le acque
impetuose di un torrente quando si converte il loro impeto da energia distruttiva in energia
elettrica oppure in energia motrice per far girare le pale di un mulino. Noi siamo dotati di un
meraviglioso sistema progettato per il successo della nostra struttura psichica rendendola capace di
realizzare il processo di autoconsapevolezza al fine della nostra elevazione. La capacità di
riflettere sul proprio processo di pensiero e di distaccarsi emotivamente dalle emozioni è una
prerogativa esclusivamente umana, che ci differenzia dagli animali, la cui struttura psichica non è
altrettanto evoluta. Gli uomini hanno la prerogativa di poter governare le tendenze, che invece
negli animali regnano sovrane e si chiamano istinto. Questa è la grande differenza nell’ambito del
regno animale tra gli uomini e gli animali propriamente detti. Noi possiamo analizzare i nostri
paradigmi per determinare se sono reali oppure se dipendono da condizionamenti o situazioni
impermanenti di vario genere. Gli animali non possono cambiare le proprie tendenze, mentre gli umani
possono farlo. Magari può richiedere sacrificio ma ne vale veramente la pena.

L’impresa, perché di vera e propria impresa si tratta, di elevare la coscienza e di espandere la
propria visione della realtà è la più grande decisione che un essere umano possa pretendere. Mai
avrete speso meglio il vostro tempo, mai avrete speso meglio la vostra salute, il vostro vigore. Chi
invece consuma il vigore, la salute, il tempo e il denaro in imprese effimere vede crescere solo la
propria miseria e la propria insoddisfazione. Infatti anche quello che prima di conseguirlo vi
attirava come miele, una volta ottenuto si rivelerà nella sua inconsistenza intrinseca legata alla
sua temporaneità. Ogni sogno crolla di fronte alla sua realtà, tranne il sé e Dio. Per questo i
grandi saggi di tutte le tradizioni religiose dicono che questo mondo è sofferenza, che l’esperienza
umana è un’esperienza di dolore. Ma se questo è vero in senso generale ciò non toglie che ciascun
individuo dotato di buona volontà può di fatto trasformare il proprio destino e conoscere il
successo nutrendosi di quel sentimento per cui noi tutti viviamo: l’amore. L’emozione estatica di
amore, soddisfazione e intensa felicità può essere sperimentata anche nella dimensione nella quale
viviamo attualmente, purché ci si liberi dalle morse attanaglianti dei condizionamenti.

Nella letteratura vedica troviamo descritta la figura del jivanmukta, termine che risulta dalla
combinazione di due termini sanscriti: jivan, che significa vita, e mukta che è participio passato
di moksha, liberazione, e si può tradurre quindi con liberato. Dunque jivanmukta è il “liberato in
vita”. Nei Veda questo termine è ricorrente ed indica che esiste la possibilità di essere liberati
anche qui, sebbene temporaneamente il jiva sia ancora incapsulato nel corpo fisico. L’emozione
estatica costituisce la natura stessa dell’anima, la sua attitudine più propria o atman svabhava.
Quando questa dimensione si sfiora semplicemente è chiamata bhava, quando si penetra in essa viene
definita prema. Anche un semplice contatto con essa produce emozioni che restano indimenticabili per
tutto il resto della vita.

Tratto da ‘Pensiero, Emozioni e Realizzazione’.

da psicologiaespiritualita.blogspot.com/

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