L’essenza dello Dzogchen

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L’essenza dello Dzogchen

di Luca Violini

Lo Dzogchen è l’insegnamento più alto ed Esoterico della tradizione
dello Yungdrung Bon e della scuola Buddista Nyngmapa.

Scopo dello Dzogchen è risvegliare l’individuo allo stato primordiale
di illuminazione presente in ogni essere.

Questa dottrina nota anche come via dell’autoliberazione è
caratterizzata da un approccio particolarmente diretto che la
distingue dalle altre vie che conducono alla liberazione presenti in
Tibet.

Il praticante di questa dottrina riconosce l’assoluta chiarezza e
purezza della mente e senza cercare di modificare ciò che perfetto in
sé stesso senza cercare all’esterno quella realizzazione che è sempre
stata sua rimane nella natura autoilluminata della mente nella suprema
sorgente di tutti i fenomeni.
Non solo nello Dzogchen è possibile raggiungere l’illuminazione in una
sola vita ma si parla del grande trasferimento nel corpo di luce‚ cioè
il corpo materiale senza morire si trasferisce o si riassorbe nella
sostanza luminosa degli elementi e, agli occhi di una persona
ordinaria sparisce. Questa importante realizzazione è stata ottenuta
da grandi maestri come Taphiritsa e Padmasambava.

Se non si riesce ad ottenere il corpo di Luce nella vita lo si può
realizzare dopo la morte come è accaduto a molti grandi Maestri
Dzogchen in Tibet fino a tempi recenti. Tra questi Shardza Rinpoche
uno dei principali maestri della tradizione Bon del secolo appena
trascorso.

Nello Dzogchen lo stato naturale deve essere raggiunto attraverso la
propria esperienza personale e non attraverso il pensiero speculativo.
Lo stato naturale, detto anche lo Stato del Buddha viene definito
machopa, cioè uno stato dove non vi è nulla da cambiare o modificare;
da creare o correggere;
è definito come lo Stato così come è.

Quando siamo nello Stato naturale i pensieri possono sorgere ma non ne
veniamo influnzati.

Nel sistema Dzogchen non si bloccano i pensieri e le emozioni come nel
Sistema Sutra né si tenta di modificarli né di trasformarli come nel
sistema Tantrico.
Trovarsi e dimorare in questo Stato naturale si chiama Threkchod.

Il metodo per trovare lo Stato di Buddha è osservare come i pensieri
sorgono come permangono e come scompaiano.

Dobbiamo rivolgere la nostra attenzione verso la mente e osservarla.

Nel fare questo però non dobbiamo interferire o tentare di modificare alcunché.

Questo è il metodo: noi dobbiamo lasciare le cose come sono e
osservare cosa accade.

Quando osserviamo i pensieri e non interferiamo con loro, questi
scompariranno senza lasciare traccia

In quel momento scopriremo che li vi è una presenza che è l’unione di
vacuità e chiarezza.

Lo Stato Naturale è inesprimibile ed inconcepibile .

E’ vuoto ma questa vacuità non è un semplice nulla perché li esiste
una consapevolezza.

Ma questa consapevolezza o Rigpa non è come la nostra ordinaria
coscienza (nam-she) dualistica.

Il Rigpa è una consapevolezza non duale dove cioè non c’è né un
soggetto né un oggetto; né un osservatore né una cosa osservata ma al
contrario soggetto ed oggetto sono uniti ed inseparabili, come il
fuoco e il calore.

Quando pratichiamo lo Stato Naturale, non è necessario fare un esame e
controllare qual è il soggetto e quale è l’oggetto.

Nello Stato Naturale non si esamina niente; si è semplicemente; si
dimora nello Stato Naturale o auto chiarezza (Rang-rig)

La parola Salwa significa chiarezza, ma questa non è una luce fisica visibile.

Qui chiara significa presente e consapevole e Tongpa significa vuoto.

Queste due sono Yermed o inseparabili.

Questo è paragonabile allo spazio durante il giorno, dove lo spazio è
vacuità (stong) e il sole e luminosità (gsal) la chiarezza .

Lo Stato della presenza o immediata consapevolezza ha tre qualità:
Essenza, Natura ed energia cioè vacuità, consapevolezza e loro
unificazione. Queste tre qualità non sono mai separate.

Vengono separate solo per spiegare lo stato naturale in termini
intellettuali ma in realtà non sono mai distinti o separati.

Questo è quello che viene insegnato nello Dzogchen ma all’interno
delle sue correnti si può porre più enfasi in questo o in
quell’aspetto dello Stato naturale. Nella serie degli insegnamenti del
Longde vi è più enfasi sulla vacuità; nel Semde più sul lato della
chiarezza.

Ma questa è una faccenda di enfasi e non di una reale distinzione o
separazione.

In questo contesto long (klong) (vasta espansione) significa tong
(stong=vuoto) e sem( sems=mente) significa (gsal=chiara).

La terza serie si chiama Upadesha o Managde enfatizza l’inseparabilità
di vacuità e chiarezza.

Così ci sono differenti metodi che possono essere trovati in queste
tre serie di insegnamenti Dzogchen ma tutte con un medesimo fine :lo
Stato Naturale
Le tre serie degli insegnamenti Dzogchen

In queste tre serie dello Dzogchen :il Semde, il Longde e il Managde o
Upadesha, lo Stato Naturale è precisamente lo stesso perché esiste
come unificazione ed inseparabilità (dbyer-med) di vacuità e
chiarezza.

Comunque il punto di vista di queste tre serie è differente perché
l’enfasi è posta su un lato o sull’altro.

Con tale enfasi il processo di realizzazione richiede tempi maggiori
perché dobbiamo realizzare sia il lato della vacuità sia il lato della
chiarezza.

Vi deve essere lo Yermed o unificazione perché si possa realmente
parlare di Dzogchen.

Tutto questo è spiegato bene nel Nam-mkha Œphrul mdzod che è un testo
dello Dzogchen Semde della tradizione Bon.

E’ un terma o tesoro nascosto riscoperto nel Tibet centrale ed è anche
una trasmissione orale dal Maestro Tsewang Rigdzin .

Questo testo non parla del Thodgal ma parla molto della unificazione
(dbyer-med).

I Testi semde si occupano della conoscenza(ye-she), dell’immediata
consapevolezza (rig-pa) e della natura della mente (sems=sems-nyid)
soprattutto di quest’ultima.

Ecco perché questa serie è chiamata Semde o serie della mente dove sem
significa mente.

Per il Semde tutti i fenomeni sono influenzati dalla mente dove
nell’Upadesha ogni cosa è influenzata dallo stato naturale.ma questa
mente (sems) è „proprio così come è”; perciò, il reale significato
della parola Sems in questo contesto non è mente ma natura della
mente. Tuttavia la spiegazione che si trova nello Dzogchen Semde è
qualcosa di simile al Chittamatra (sems-tsam) perché questo sems giace
più sul lato della consapevolezza che sul lato vacuità (Stong-cha).
Nel Semde si trova lo Stato Naturale attraverso la pratica delle
quattro contemplazioni(ting-nge-dzin bzhi) che sono:

1 Lo Stato calmo attraverso la concentrazione su un oggetto

2 Langton attraverso cui si diventa capaci di praticare anche con il
flusso dei pensieri

3 Nyimed dove sia lo Scine che il Langton sorgono contemporaneamente

4 Lundrub si trova lo stato di contemplazione non duale. Si dimora
stabilmente nella propria condizione naturale e si percepisce tutto
come gioco della propria energia

Nello Dzogchen Longde (klong-de ) o serie dello Spazio si trovano i
nove spazi vuoti (klong dgu).

Qui lo Stato Naturale rimane proprio „cosi come è” .

E’ vuoto.Non c’è niente di sostanziale o tangibile che possa essere
trovato da qualche parte .

Non c’è niente che si sta movendo o di visibile.

Qui l’enfansi è posta più sul lato della vacuità è molto simile alla
nozione della vacuità della filosofia Madyamaka.

Non c’è esistenza inerente (rang-bzhin med-pa). Non c’è niente di
visibile esternamente e niente di visibile internamente. Ma ci sono
nove aspetti sul lato dell’oggetto con riferimento alla vacuità.

Nella Madhyamaka ci sono sedici tipi di vacuità mentre qui ce ne sono nove.

Perciò i nove spazi vuoti (klong dgu) rappresentano il lato oggettivo
delle cose.

Sul lato del soggetto che è il praticante ci sono tre stadi nella meditazione:

1 meditazione armoniosa(mthun sgom)

2 la meditazione interna (nang sgom)

3 la meditazione dello spazio ( klong sgom).

Questo è il modo in cui si procede con la pratica

Perché ci sono queste tre serie Dzogchen Desum (rdzogs-chen sde gsum)
o tre serie degli insegnamenti Dzogchen? Perché ci sono queste tre
qualità dello Stato naturale:consapevolezza, vacuità e loro
unificazione(rig stong dbyer-med).

Anche se phrul mdzod è principalmente un testo Semde e spiega che se
procediamo soltanto sul lato della chiarezza o sul lato della vacuità
noi ci allontaniamo dal vero senso dello Dzogchen.

Ritornando per un attimo alla serie del Longde bisogna dire che in
primo luogo non ci sono testi speciali dedicati al Longde preservati
nella tradizione Bonpo sebbene un consistente numero di questi sia
stato tradotto da Vairochana (8 secolo D.c) e siano stati preservati
nella tradizione Nyngmapa. In secondo luogo nel sistema longde sebbene
esista un metodo per far sparire il il corpo materiale non è affatto
la stessa cosa del metodo del Todgal .

Solo con la pratica del Longde non saremo capaci di realizzare il
corpo di luce perché in questo sistema non si trova la pratica del
Todgal che ,propriamente parlando è la causa del corpo di luce.

I metodi per realizzare il corpo di luce sono conservati nel sistema Upadesha .

Il sistema Upadesha verte soprattutto sulle pratiche del Tregchod e Todgal

Attraverso la sola pratica del Tregchod è possibile realizzare il
corpo atomico (rdul lus) ma non quello di luce Qui il corpo materiale
sparisce dissolvendosi nei suoi atomi costituenti.

Ma c’è ancora una qualcosa di sostanziale (sebbene a livello atomico)
benchè invisibile all’occhio ma non si può ancora parlare di corpo di
Luce
Inoltre il Todgal è diverso dal corpo illusorio di cui si parla nel
sistema tantrico è qualcosa di creato da una causa ed è per questo
differente dal corpo di Luce dello Dzogchen.

Tregchod e Thodgal

La maggiorparte dei testi Bonpo si occupano di Upadesha. Nel Upadesha
o Managde l’enfasi è posta sul Tregchod e Thodgal.

Tregchod significa entrare e rimanere nello Stato Naturale.Questo è
principalmente legato con lo Stato di purezza primordiale (ka-dag).

Il Thodgal è l’altra metà della pratica Upadesha e si riferisce alla
spontanea manifestazione auto perfezionata (lhun-grub).

Qui il praticante usa la postura, la respirazione e lo sguardo. Ma ciò
non di meno come base e fondamento per la pratica del Thodgal
necessitiamo fermamente la nostra pratica del Trekchod che significa
essere capace di continuare con stabilità nello Stato naturale.

Tregchod significa che noi entriamo e permaniamo nello Stato Naturale.

Iniziamo la pratica guardando internamente e osservando la mente.

Ma qui non c‚è una pratica di visualizzazione da fare.

Noi non necessitiamo di venire coinvolti nelle fasi di sviluppo e
completamento come nel caso del Tantra.

Tutto quello che dobbiamo fare è essere consapevoli senza distrazione
e osservare il sorgere dei pensieri.

Osserviamo che essi si dissolvano di nuovo senza lasciare traccia
.Fino a che rimaniamo nello Stato Naturale non è necessaria alcuna
visualizzazione.Se ancora avessimo bisogno di supporto di
visualizzazione e Mantra nella nostra pratica allora non siamo pronti
per lo Dzogchen.

Quando noi siamo nello Stato Naturale noi non facciamo un esame se è
buono o cattivo.

Non c’è giudizio o né bisogna pensare a qualcosa di particolare. Se
fossimo coinvolti nel guardare nel giudicare nel focalizzare qualcosa,
questo è ancora il lavoro della mente duale e perciò non siamo nello
Stato Naturale.

Se focalizziamo l’attenzione perdiamo lo Stato naturale.

Qualsiasi focalizzazione o fissazione dell’attenzione è il lavorio
della mente e allora non siamo più a lungo nello Stato naturale.

All’inizio noi necessitiamo di un posto tranquillo perché molte
distrazioni vengano a disturbarci. Ed anche noi abbiamo problemi con
la sonnolenza, la piattezza e l’agitazione. Comunque esistono problemi
per superare questi problemi. Per la sonnolenza e la piattezza
significa che manca energia .Per la sonnolenza noi abbiamo bisogno di
aria fresca e trovare un posto più alto. Per la piattezza abbiamo
bisogno di aggiungere energia per rendere le cose più chiare.
L’agitazione può essere più grossolana o più sottile. La prima è più
facile da riconoscere invece la seconda è più difficile da scoprire e
non capiamo che siamo distratti. Se l’agitazione è molto forte
necessitiamo di interrompere la pratica e facciamo qualcos‚altro per
un po.

Questo è come si pratica il Trekchod.

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