L’eterno presente – L’interdipendenza – Gli skanda – 2

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L’eterno presente – L’interdipendenza – Gli skanda – 2

Introduzione al Buddhismo Theravada

Quarto Dialogo: L’eterno presente – L’interdipendenza – Gli skanda (parte 2)

di Guido Da Todi

Seconda parte del quarto capitolo di “Introduzione al Buddhismo Theravada”

“L’eterno presente – L’interdipendenza – Gli skanda”

Prima, forse, sono stato un pò troppo deciso…ma non credo di avere esagerato nel dire che l’uomo comune, “mondano” è sottoposto costantemente, da un assieme di spinte istintive, a fare, ad agire, ad andare in certe direzioni, con l’occhio, quasi spento, simbolicamente parlando…. È stato detto: “come uno zombi”
Beh, in effetti forse non proprio così… ma indifeso… indifeso, di fronte al potere di Mara.. che, così, riesce ad avvincere i deboli….
Noi dobbiamo creare una reazione a tutto ciò.
Ed allora, la prima cosa che fa il signore Buddha è di prendere i propri figli, seguaci del Dharma, sradicarli da questa costante oscillazione tra passato e futuro, da questa sbavare mentale, e introdurli, pian piano, nel qui e nell’ora, considerando che il qui e l’ora è l’ultimo segreto. Cosa accadrà, dopo?
Accadrà che, come faccio io, non si va più, da una stanza all’altra, sovra pensiero; ma, si procede in esse… guardando il pavimento, seguendo ciò che appare attorno a noi… osservando le mura che vengono avanti; introducendosi, consapevolmente, nell’ambiente successivo…
Si comincia a vivere nelle piccole cose; ma ripeto, innanzitutto si attiva la propria la consapevolezza.
Essere consapevoli di ogni atto che si fa.
La giusta attenzione, dice Buddha, è la qualità del praticante in addestramento; niente altro è così importante per il raggiungimento dell’obiettivo supremo.
Ecco… c’è un commento, per voi…..mi piace leggervelo,… che dice queste ultime parole
“Il praticante, con il giusto sforzo, raggiunge la fine dello sforzo” Queste parole ci ricordano il fine e l’atteggiamento nel quale porsi durante la meditazione.
Se, all’’inizio dell’attività meditativa, quanto ci si prospetta è una serie di sforzi, mantenere l’attenzione costa, all’inizio, fatica. Rimanere consapevoli è un vero e proprio lavoro su se stessi! La conclusione di ogni sadhana – è auspicabile – dovrebbe essere, tuttavia, l’ottenimento di uno stato di equilibrio e di presenza mentale, privi di sforzo, mentre si rimane completamente interiorizzati e sono state espulse le abitudini negative inveterate, sostituendole con quelle benefiche Queste ultime agiscono in noi silenziosamente e stabilmente. La meditazione non è un ricercare, un prendere; ma, un lasciare andare….lasciare la presa…un abbandono.
Miei cari amici, noi studieremo, tra poco, una speciale meditazione: quella corporale; ossia, la Vipassana, e studieremo, pure, il potere del respiro: due meditazioni che ci insegna Buddha.
Parleremo anche di samatha, un’altra meditazione che deriva dallo yoga classico, e che è la “cornice” di Vipassana…..
Buddha disse:
“… quando io non ci sarò più, studiatemi nel Dhamma… la mia presenza sarà il Dhamma… “
Non sbagliamo, di conseguenza, ad affermare che si parla di Buddha, quando si dialoga del Dhamma.
Io non sono giovane; ed ho seguito, per moltissimi anni, la cultura occidentale: dalla teosofia, alle scuole iniziatiche occidentali…e, finalmente, sono passato nelle scuole orientali, nella cultura indù… ….Intanto gli anni trascorrevano…fino a che ho frequentato, per intero, la Scuola di Paramahansa Yogananda, iscrivendomi alla Self Realization Fellowship.
Ho, quindi, ricevuto, da questa scuola, le 4 iniziazioni del Kriya Yoga. Di conseguenza, si può affermare che derivo profondamente proprio dal tipo di meditazione, chiamato samatha….
Ma, finalmente, il rasoio di Okkam è apparso, e la saldatura è avvenuta. Ne ringrazio il cielo.
La mia attuale incarnazione è stata trionfante (non per mio merito…), perché, grazie al cielo, sono approdato “all’isola oltre la quale non si va”, e ho raggiunto la gioia, la gioia infinita, la beatitudine della realizzazione, che decine di migliaia di altre persone, in ogni tempo, hanno realizzato, in Buddha
Quando io meditavo però, ero sempre abbastanza addolorato…. perché la meditazione mattutina e quella serale non mi bastavano mai !.. E, a parte i problemi che aveva questa meditazione (…ripeto ancora, che ne parlerò, più avanti) – ossia, i problemi di non realizzazione che essa ti propone – io tornavo sempre con gioia alla meditazione serale, e affrontavo quella mattutina, perché., comunque, mi pareva che solo in esse potessi trovare l’unguento ai miei dolori interiori…..
Ebbene, credetemi: il più grande dono che vi possa fare Buddha, per chi ama la meditazione, sono quella retta consapevolezza, l’attenzione, la vigilanza portata ad ogni momento del vostro io; il guardare attorno a voi, l’essere sempre presenti in tutto ciò che fate…
…Ciò, in effetti, vi crea un “big bang”, come quando gli aeroplani superano il muro del suono…, e, praticamente, la “nuova meditazione”– la Vipassana – non è più vincolata in un momento preciso del giorno, ma, una volta terminata quella mattutina, o serale, essa continua…..
Personalmente, io ho finalmente immerso la mia realtà interiore nel rogo della meditazione cosmica dell’essere e del non sé… capite?
Ciò, nasconde la retta consapevolezza di ogni giorno… perché, l’uomo è divenuto la stessa meditazione …
Il dono che fa Buddha nell’indicarvi, momento per momento della vostra vita…e nel riportarvi nel “qui” ed “ora” dei vostri atti quotidiani, costantemente…nello sospingervi ad essere vigili… finalmente vi dirige ad una meditazione vera e propria inconsapevole… voi “diventate la meditazione”, e non ci sarà più solo quella mattutina… non ci sarà più solo quella serale, da cui dipenderete….
Ecco, uno dei grandi doni di Buddha!
Si tratta di qualcosa che sembra apparentemente semplice, ma che riveste la più grande l’importanza, il più grande valore…
Si tratta della “retta consapevolezza” quotidiana.
La quotidianità del seguace del Dharma è un costante radicarsi nel suo “qui ed ora” e nello sfilarsi via da passato e futuro.
È un uscir via dal regno dei dormienti – ed anzi risvegliarli! – e liberarsi di tutto il materiale rancido della mente.
Andare incontro alle situazioni, osservandole esattamente, così come esse sono…
Le bende della mummia vengono tolte via, una ad una, sino a che essa riesce ad avere la visione che le veniva costantemente proibita, a causa della rottura della messa a fuoco del binocolo-sè
Chi coltiva compiutamente questo sentiero, amici miei, della consapevolezza e della vigilanza quotidiana, trova serenità e pazienza, dentro di sé, in ogni momento; e trova, contemporaneamente, e il desiderio di spartire con gli altri la sua buona ventura…
Egli vive libero dal senso di colpa, e, invece di subire continui e violenti cambiamenti di umore, la sua mente e il suo cuore restano sempre saldi e sereni, nelle diverse circostanze della vita.
Io non so, amici miei, se abbiate capito…se sono riuscito ad indicarvi uno dei primi poteri, una delle prime regole che dà Buddha, per potere introdursi nell’eterno presente.
Voglio ancora ripetervi che questi dialoghi sono fatti per darvi delle buone idee, per darvi delle possibilità; ma non possono esprimere tutto… Spero e credo che quella leggera patina di polvere, depositata sugli occhi dei veri seguaci del Dharma, vi abbia, però e nonostante ciò, permesso di capire che cosa rappresenti la regola della retta consapevolezza; e spero che ne possiate sviluppare i contenuti profondi in altri testi – che certamente non mancano, nella cultura buddista odierna.
Riprenderemo più avanti l’argomento della retta consapevolezza, che, ovviamente non risiede solo in quanto ho detto sinora.
Prima di proseguire ed affrontare la meditazione Samatha – che molti di voi hanno fatto, e che fanno – e prima di spiegare Vipassana, vorrei soffermarmi un attimo.
È stato indicato il concetto di interdipendenza.
Di che si tratta?
È peculiare all’insegnamento di Buddha, l’ interdipendenza.
Senza la comprensione di questo concetto mancherebbe qualche cosa di fondamentale, di essenziale alla libertà… insomma, ai contenuti dell’Insegnamento dell’Illuminato.
Adesso, amica mia…amico mio…. immagina un grande spazio…
Può trattarsi, tanto per aiutare la nostra immaginazione, di una enorme caverna; oppure, può essere un enorme tempio; oppure uno sterminato spazio celeste; ma, comunque, con dei confini stabili, per potercelo raffigurare-…. E, poi, immagina che questo spazio sia riempito da una fitta rete; una rete sostanziale di rapporti viventi.
Rapporti che non si limitano a combaciare con le pareti della caverna, ma riempiono lo spazio in maniera quadrimensionale…
Ebbene, questa rete respira…
Noi l’abbiamo, appunto, introdotta in uno spazio chiuso, per poterne percepire la natura..
L’uomo fa parte di questa rete… e l’animale… e la pianta… e gli elementi chimici… e gli elementi fisici… e il cosmo…ed i pianeti…
…È tutta una rete, la vita di cui siamo parte.
Se l’avessimo immaginata infinita – come in effetti essa è – non avremmo potuto seguire i ragionamenti che ci interessa seguire.
Ora, dividiamola in settori, mentre voi tenete presente che stiamo parlando della rete dei rapporti universali.
Ecco, adesso penso che tu possa capire quello che intendo dire Configuriamo meglio questa rete, che poi si espande, anche, nel tuo corpo, nella tua essenza intera…. ed è il tuo corpo….ed é quei principi che Buddha ha sottilmente afferrato e che ci espone nella sua Dottrina. …Sto cominciando ad enunciare il principio dell’interdipendenza. La rete di rapporti infinita, immensa, è formata da un altrettanto infinito numero di frammenti individuali; tu sei un frammento di questa grande rete… le alchimie che avvengono nella tua struttura corporea sono un frammento delle alchimie che avvengono in questa ampia rete
Di conseguenza, incominciamo, ad analizzarne una scheggia, considerando che le medesime leggi che vi troveremo si replicano e si duplicano in tutta l’immensa rete universale.
Ogni particella della rete – che, se ti piace, puoi immaginare come un uomo, come una donna, come un animale, come un fiore – vive. La rete è vivente; e tu la devi vedere e sentire pulsante, in te e fuori di te.
Ogni parte è percorsa da respiri, che si susseguono, anche se non te ne accorgi
Si tratta del tuo respiro innato e cosciente, allo stesso tempo Ecco, ogni particella di questa immensa rete infinita respira! Nel brulichio di vita, ogni frammento, aspira ed espira.
La particella è uno snodo tra se stessa e l’esistenza universale. Proprio come un frutto di mare, che sta poggiato, nelle profondità, sulla sabbia, assorbe il nutrimento, e, poi, lo riemette fuori, nutrendosi e purificandolo in un certo senso, e rendendolo ancora più sottile…insomma, digerendolo…
Una digestione, da parte di ogni frammento, dell’infinita rete… …ogni frammento aspira…ogni frammento aspira l’energia dall’ambiente che lo circonda; se ne nutre e lo espelle.
Questa azione produce, ad ogni minuscolo movimento di sistole e di diastole, del nuovo karma…
Cioè, una causa che si estingue, e che si manifesta in un effetto. Quindi, per ritornare a noi, tutti gli snodi che formano l’intelaiatura dell’infinita rete universale sono percorsi da respiri costanti, successivi uno all’altro, e ogni respiro si arricchisce di semi karmici, attorno a sé, come se fossero delle piccole querce, che espandono le ghiande sul loro terreno
Mentre tu mi stavi ascoltando, difatti, hai generato un grande numero di aspirazioni ed espirazioni… sostenute da un respiro fondamentale, che mantiene in vita per l’intero ciclo.
Un respiro che ti dette nascita, e che tu puoi percepire in te. Ossia, la tua nota personale…
E tu sei immerso in questo respiro, sei nato in questo respiro….. Che segue un espansione, dal momento in cui, piccolo bebè, e piccola creaturina, uscisti dalla pancia della tua mamma.
Un respiro che ti ha fatto crescere, ti ha fatto diventare adolescente, ti ha fatto diventare una donna matura, un uomo maturo; e, poi….e poi è stato responsabile, man mano, del tuo decadimento, del tuo ingrigimento, del tuo invecchiamento… fino a che la morte ti slegherà dal ciclo….
Quando entrasti in esso, a suo tempo, ne trovasti il terreno cosparso dalle “ghiande karmiche”che tu producesti, piccola quercia, nella rinascita precedente…
E, così, le azioni della vita attuale forniranno altra energia; che tu consumi, sì!, ora, ma che metti, anche, da parte, per la prossima. Di conseguenza, la tua morte non sarà una morte totale, ma un trapasso dal “continuum mentale” dell’ attuale ciclo – in cui sei un frammento della rete vivente, interpenetrato dal tutto…. – al “continuum mentale” della tua nuova rinascita
Quando morirai, ti manifesterai in un prossimo pacchetto di energie, che avrai prodotto, oggi.
In ultima analisi, ogni respiro che tu emetti in questa vita – e ne avrai fatti a centinaia di migliaia e ne farai ancora tanti! – può apparirti come un aspetto del tuo io… ma in effetti non è un io….è solo un risultato del tuo rapporto con l’universale…. è un pacchetto di pensieri… è un pacchetto di qualcosa che ha il potere di sembrare, addirittura, l’intera tua esistenza…
Ed ecco, allora, che questo barlume di esistenza trapassa in altre forme manifeste, e in altre, e in altre, in altre…
Ma, se vuoi dilatare e far durare in eterno il tuo respiro fondamentale, è come se tu volessi far durare in eterno uno dei migliaia di respiri, che secondo dopo secondo, ti galvanizzano.
Moriresti!.. soffriresti!…
Lasciarsi andare al ritmo dei respiri singoli e individuali, che si alternano nel nostro organismo… lasciarsi andare alle conseguenze tenere e dolci dell’unico respiro che ci porta in un ciclo, e ci toglie, subito dopo, via da quel ciclo; rifiutarsi di voler mantenere l’esacerbata attenzione di tutto l’intero pacchetto individuale, sulla trama interiore che chiamiamo io, che è impermanente e priva di una radice duratura… ecco la strada che ci sfila via dalla sofferenza del samsara
Abbandoniamoci, quindi, in questa imensa placenta, in questo grande sottostrato, in questa intensa musicalità di un ritmo che prende e che da, che si estende come una corrente da una all’altra forma dell’esistere….. Ognuno, da queste interconnessioni karmiche, trae la sua sostanza più intima, e trae la sua vita, dandola, contemporaneamente….
Secondo codesta teoria, la connessione che abbiamo con il resto delle cose non dipende da una divinità.
Vedremo che un concetto simile può venire considerato, se noi esaminiamo l’intero ciclo, per esempio, del piano planetario in cui ci troviamo, con le evoluzioni di tutti i regni regni, sia umani, che divini, che angelici…ed in tal caso noi siamo costretti a riconoscere un ‘intelligenza-guida solare, che somiglia al concetto del Dio (ricordate quando Brahma intervenne sui dubbi di Buddha?) …
Ma, codeste, sono divinità planetarie – ricordiamocelo! – da non confondersi con la “divinità assoluta”, nella quale, di solito, si identifica una supposta radice delle cose….
…..Sono divinità anch’esse – come in basso, così in alto – e rappresentano un frammento della grande rete, che tuttavia continua a seguire un assoluto ritmo di impermanenza e di non attaccamento…
Le divinità planetarie conoscono il segreto delle cose….ossia, il non attaccamento al momentaneo, e la consapevolezza che tutto è uno, e che tutto procede nel ritmo della Legge…
Ed anche nel caso delle divinità planetaria appare eterno solo il principio di un “continuum mentale”, che, in simili luoghi superiori, si manifesta da un ciclo cosmico all’ altro
Ne parlano anche i Veda.
Quindi, è importante che ognuno di noi sia consapevole di far parte… di essere un congegno, una vite, uno snodo, che non ha un termine finale, al suo esistere…
Immaginate!… noi, come piccoli bruchi e lombrichi, già abbiamo la fortuna di conoscere la legge del Dharma; di conseguenza, siamo sinceramente evoluti… ma, pensate cosa succederà, tra eoni, eoni, ed eoni, di un movimento che va visto solo nell’eterno presente, di una spinta che ci porterà addirittura aldilà dell’evoluzione di una divinità planetaria…. Questo è quanto volevo dirvi.
Noi siamo una giunzione vivente in un tessuto misteriosissimo, di cui facciamo eterna parte; ed ogni nostra malinconia, ogni nostro dolore, ogni nostra tristezza si riflettono nell’universale, dove non appare alcuna divisione tra me, te…
Il peccato di ognuno è il peccato del tutto; l’ amore dell’uno è l’amore del tutto; ogni aspetto evolutivo, ogni qualità di un frammento, è qualità del tutto!
Quando noi riusciremo a vedere questo pacchetto fondamentale, dove non c’è differenza tra alto e basso, dove non c’è differenza tra chi da e chi riceve…. ma, anche chi dà, comunque, in qualche maniera, riceve qualcosa…quando capiremo tale struttura fondamentale dell’essere, allora avremo fatto un buon avanzamento nel terreno del Dharma.
È talmente importante questo concetto, è talmente trainante nella coscienza di ogni seguace del Dharma, che ho voluto ancora sottolinearvelo, prima di procedere; e, a proposito, voglio leggervi alcuni concetti di Carlo Di Folca, che è un praticante cristiano buddista, che vive a Roma. Sentite come si esprime bene e cosa dice in proposito a quanto ho appena delineato.
“La dottrina dell’interdipendenza – Sunnata, in pali, Suniata in Sanscrito costituisce indubbiamente il nucleo del messaggio di liberazione proclamato dal Budhha! Il risveglio avviene quando si prende atto esistenzialmente che ogni fenomeno è vuoto di una sostanza intrinseca, ed autonomo, ed esiste solo in quanto…”(ascoltate!..) “… è in relazione con tutti gli altri. Molti dei termini fondamentali del lessico buddista contengono un richiamo più o meno esplicito a questa dottrina, che fornisce loro il senso autentico di strumento utile, per la comprensione spirituale, e non di una mera descrizione dettata dal buon senso.
Ciò è particolarmente evidente per quelle che sono considerate le tre caratteristiche fondamentali dell’esistenza: Anikka, Dukkha, e Anatta. Anikka, l’impermanenza, non è solo la banale constatazione che le cose e gli esseri si trasformano, ma ne proclama la ragione profonda e la pervasività. Tutti i fenomeni incessantemente mutano, senza che vi sia alcun residuo stabile, e non solo per dinamismo interno, come avviene per gli esseri viventi, ma anche perché nulla essendo mai sottratto alla relazione con il resto della realtà, ogni cosa è perennemente toccata, e per cosi dire, contaminata da ogni altra.”
(Non c’è, quindi – Guido pone un inciso – quel famoso solco illusorio, che dice: “… qui finisco io, e là comincia il mio fratello…”)
Continuiamo…
“… Così anche l’io è privo di sostanza ed è impermanente – Anatta – non essendovi nulla che lo stabilisca e gli fornisca una solidità, a partire dalla quale esprimerebbe le propri emozioni e attività; ma sorge e vive… (ascoltate!) …come aggregato di funzioni dinamiche e perennemente rinnovate dalle relazioni che intrattiene col mondo. Ne consegue, che Dukka è l’inevitabile…(Dukka è il dolore, la sofferenza) conseguenza del tentativo di rendere stabile e permanente un ego, che invece per sua natura è impermanente ed interdipendente.”
Parole belle, nobili, e di un contenuto profondo!
Quanto si dimentica, spesso, di dire quel che veramente si prova, allorché si è riusciti a spaccare un simile osso di seppia dolorante, a cui sono legati – vi ricordate? – con delle cinghie di cuoio, ogni struttura esistenziale, ogni uomo e una donna, quando esaltano il loro io. Ripeto!… non è che così non si esista!… assolutamente!… Si diviene, invece, sensibilissimi, dolcissimi, si comprende gli altri, ma non si possiede più un freno vitale (sapete, quando una barca è sui flussi e se ne aggancia l’ àncora, giù, nella sabbia sotto il mare, fermandola)…. Ecco, non c’è più questo io. Nessuno potrà mai dirci e nessuno potrà mai farci comprendere, se non lo proviamo, cosa significa il “non essere”! Non essere!….. Basterebbe, soltanto, che voi toglieste via tale pruno nell’occhio che avete – ossia, il senso dell’io – per immergervi nella più profonda delle gioie e delle beatitudini…
Tuttavia, non è che tu cesserai di esistere…
Avrai, addirittura, una maggiore sensibilità, una percettività, che si espanderà, riconoscendosi nell’intero universale.
È difficile il concetto…e mi accorgo di avere emesso una grande stonatura, perché quando dicevano a Buddha “…Ma, raccontaci com’è questo “non essere” lui taceva…
E lui è il saggio… e io sono un po’ stupido
Ma, nello stesso tempo, sono convinto che voi abbiate di potere di comprendermi…
Non solo il vostro io è impermanente – e, se vi ci attaccate, scatenate, a breve o lungo termine, il mondo della sofferenza – ma, anche i sé degli altri vivono in tale mutazione costante
Siate, allora, amici dei cicli che vivete…Passate serenamente da un ciclo all’altro..
I miei figli hanno il computer, e c’è un gioco – il gioco di Papà Natale – che è molto bellino e simpatico…
Papà Natale ha il sacco dei doni dietro le spalle e salta da una piattaforma galleggiante nello spazio, ad un’altra, per raccogliere certi oggetti….
Ecco, come in questo gioco, noi dobbiamo saltare da una piattaforma all’altra, qualunque esperienza noi si faccia, accettandola…. Inoltre, non dobbiamo cadere nell’enorme errore di dire che la vita non esiste, visto che è impermanente!…
L’impermanente, perbacco, c’è!… e fino a quando voi vi esprimerete nel suo ciclo, dovrete viverlo come se fosse immortale!…
Paradossalmente, l’universale, quello eterno, è formato da cicli impermanenti, che voi dovete conoscere a fondo e vivere a fondo, come se fossero permanenti.
Quindi, non vi mancherà nulla, sulla Via del Dharma; ma, collocherete ogni tassello del mosaico al suo giusto incavo e vivrete l’esistenza senza attaccamenti, nella più completa e profonda gioia, che ci insegna il nostro grande illuminato: la gioia del “non sé”.
Ricordo, a tutti voi, che, il presente dialogo si sta inoltrando nel terzo androne, dell’ottuplice sentiero; ossia, l’androne che contiene i tre ultimi scalini….anche se questi scalini – lo già abbiamo detto – vanno saliti assieme…
Il terzo androne è quello della concentrazione
La saggezza, con la retta comprensione e la retta aspirazione, è rappresentata dal primo androne.
La moralità, con la retta parola, la retta azione ed i retti mezzi di sostentamento, è contenuta nel secondo androne.
Nel presente quarto dialogo stiamo esaminando le caratteristiche della concentrazione, con il suo retto sforzo e la retta consapevolezza Ed esploriamo con cura, sin dall’inizio del dialogo, una pietra angolare dell’insegnamento di Buddha; cioè, la consapevolezza che deve acquisire ogni viaggiatore sulla strada del Dharma, nell’eterno presente, del qui e dell’ora, mentre egli si rende conto di essere interdipendente con tutto ciò che esiste.
In effetti, l’universa vita, quale si mostra alla visione degli dei, alla visione degli angeli, degli uomini e dei demoni, non è che tenda ad un traguardo finale, già predisposto….
Essa si svolge in eterno, dall’eterno e per l’eternità…
Mano a mano, l’uomo osserva delle insenature, apprende come è predisposto il suo gruppo umano, il suo gruppo solare, planetario, cosmico, e scopre dei traguardi, che, volta per volta, supera..
Poi, ne vede ancora degli altri, e ancora…e ancora…
Ma – ecco! questo è notevole – Buddha ci rivela un meccanismo innato, una vite elicoidale – che è il principio delle Quattro Verità – e ci mostra la chiave dell’Ottuplice Sentiero.
Le Quattro Verità si ripercuotono, e si manifestano sempre, condizionando qualunque momento evolutivo e qualunque momento cosmico, noi si possa immaginare.
Ci avviciniamo, adesso, ad uno degli argomenti fondamentali della sperimentazione buddista, ossia all’ analisi degli Skanda, come viene chiamato il complesso sistema, ma anche estremamente semplice, di come siamo costruiti, nel tempo e nello spazio.
Ora, conosceremo la meditazione Vipassana; e, poi, esamineremo la meditazione
Samatha, seguendo il metodo della tradizionale analisi del subconscio di Buddha; ossia, lo studio delle sensazioni primordiali, che nascono nel corpo fisico…
Tutto ciò è contenuto nell’argomento che stiamo per affrontare… Perché nell’insegnamento buddista theravada viene data tanta importanza al corpo fisico, alla fisicità?
…Sapete come funziona lo scanner, no? Chi ha il computer ne è a conoscenza… Si pone un foglio, sull’ apparecchio; si chiude lo sportello sopra di esso, si spinge il bottone, e una lamina di luce passa sul foglio….lo scannerizza… lo scandaglia…e ne fa la fotografia.
La meditazione che sto per insegnarvi analizzerà le essenze più intime del vostro corpo, esattamente così…
Ma, non anticipiamo…
Allora….perché è tanto importante, e quasi fondamentale, il mistero, il geroglifico del tuo corpo fisico, nell’insegnamento di Buddha? Cominciamo a partire dal fatto che Buddha non trova soluzione di continuità tra gli infiniti universi…
Abbiamo considerata la natura dell’eterno presente, no?
Quindi, non c’è un futuro, e neanche una effettiva spazialità, ma tutto è contemporaneo, nella dimensione del qui e dell’ora…
E se vogliamo entrare nel qui ed ora, dobbiamo seguire alcuni parametri di logica trascendentale
Nel farci osservare le nostre cellule, la nostra corporeità, la materia solida che compone il nostro corpo, Buddha ci insegna a non fare una divisione precisa, laconica, dura e quasi empia, tra l’aspetto solido e l’aspetto energetico del corpo.
In ultima analisi, il concetto che distingue e separa una mente ed una materia, nel nostro corpo, si esprime in maniera quasi rumorosa e dissonante, perché la fisicità dell’uomo è un tutto uno, secondo Buddha, con la sua mente.
Voglio farvi un piccolo esempio…mentre vi prego di seguire e di sperimentare nella vostra immaginazione quanto io vi dirò, in proposito. Ogni volta che voi costruite un pensiero – e del fatto non ve ne siete mai accorti, forse! – e, ad esempio, la vostra mente fantastica – che so – su di un vigneto, collocato al fianco di una montagna…. ebbene, in quel momento, anche se sottilmente, anche se in maniera inconsapevole, voi percepite una traccia di materia, con il vostro cervello…
….Se quel vostro pensiero non convivesse con un certo archetipo di solidarietà, di materialità, non potreste realizzare la stessa forma dell’uva, la rotondità di certi sassi, l’asperità del terreno del vigneto…. e così via.

(continua)

(Guido Da Todi)

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