Liberi dal dubbio – 1

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Liberi dal dubbio – 1

(del venerabile Ajahn Chah)

© Ass. Santacittarama, 2006. Tutti i diritti sono riservati.
SOLTANTO PER DISTRIBUZIONE GRATUITA.
Dal libro “Everything Is Teaching Us”
Traduzione di Chandra Livia Candiani.

La tranquillità è stabilità; il flusso è saggezza.
Pratichiamo la meditazione per calmare la mente e renderla stabile;
allora, può fluire.

Stare o andare non è importante; importante è il nostro pensiero. Lavorate,
dunque, insieme, collaborate e vivete in armonia. Questo dovrebbe essere il
lascito da creare qui a Wat Pah Nanachat Bung Wai, il Monastero
internazionale della Foresta del distretto di Bung Wai. Non lasciate che
diventi Wat Pah Nanachat Wun Wai, il Monastero internazionale della Foresta
per la Confusione e il Disagio [Uno dei giochi di parole preferiti da Ajahn
Chah]. Chiunque venga a stare qui dovrebbe collaborare a creare questo
lascito.

Tutti vogliamo riuscirci, ma in qualche modo ancora non ce la facciamo; le
nostre capacità non sono abbastanza mature. Le nostre parami (perfezioni
spirituali) non sono perfette. E’ come un frutto che sta ancora maturando
sull’albero. Non potete forzarlo a essere dolce, non è ancora maturo, è
piccolo e aspro, semplicemente perché non ha ancora finito di crescere. Non
potete costringerlo a essere più grosso, a essere dolce, a essere maturo,
dovete lasciarlo crescere secondo la sua natura. Col passare del tempo e il
mutare delle condizioni, le persone possono giungere alla maturità
spirituale. Col passare del tempo, il frutto crescerà, maturerà e si farà
dolce spontaneamente. Con questo atteggiamento, potete sentirvi a vostro
agio. Ma se siete impazienti e insoddisfatti, continuate a chiedere: “Perché
questo mango non è ancora dolce? Perché è aspro?” E’ aspro perché non è
ancora maturo. Così è la natura del frutto.

Così sono le persone nel mondo. Mi viene in mente l’insegnamento del Buddha
sui quattro tipi di loto. Alcuni sono immersi nel fango, alcuni sono
cresciuti fuori dal fango, ma sono sott’acqua, altri sono sulla superficie
dell’acqua e altri ancora sono saliti fuori dall’acqua e sono sbocciati. Il
Buddha era capace di trasmettere i suoi insegnamenti a tanti esseri così
diversi perché capiva i differenti livelli del loro sviluppo spirituale.
Dovremmo pensarci e non sentirci angustiati per quel che accade qui.
Considerate voi stessi come qualcuno che vende una medicina. E’ vostra
responsabilità pubblicizzarla e metterla a disposizione. Se qualcuno si
ammala, è probabile che venga e la compri. Allo stesso modo, se le qualità
spirituali delle persone maturano a sufficienza, un giorno probabilmente
svilupperanno la fede. Non è qualcosa a cui possiamo forzarli. Vedendola in
questo modo, ci sentiremo bene.

Vivere qui in questo monastero ha certo un senso profondo. Non è privo di
benefici. Cercate tutti di praticare insieme in armonia e amicizia. Quando
incontrate degli ostacoli o provate sofferenza, ricordate le virtù del
Buddha. Qual è la conoscenza realizzata dal Buddha? Cosa insegnò il Buddha?
Cosa rivela il Dhamma? Come pratica il Sangha? Ricordarsi costantemente
delle qualità dei Tre Gioielli procura un profondo beneficio.

Non è importante se siete tailandesi o venite da altri paesi. E’ importante
vivere in armonia e lavorare insieme. Le persone vengono da tutto il mondo
per visitare questo monastero. Quando arrivano a Wat Pah Pong, li esorto a
stare qui, a visitare il monastero, a praticare. State creando un lascito. E
sembra che questo nutra la fede del popolo e lo allieti. Dunque, non
dimenticate voi stessi. Dovreste guidare le persone anziché esserne guidati.
Fate del vostro meglio per praticare bene e per stabilizzarvi saldamente, e
i buoni risultati arriveranno.

Avete ora dei dubbi sulla pratica che desiderate sciogliere?

Domanda: Quando la mente non pensa granché, ma è in uno stato buio e
appannato, dovremmo fare qualcosa per ravvivarla? O semplicemente sederci
con quello stato?

Ajahn Chah: Ti succede sempre o solo quando siedi in meditazione? Com’è
esattamente questa oscurità? E’ mancanza di discernimento?

Domanda: Quando siedo in meditazione, non sono sonnolento, ma la mente è
offuscata, è come densa o opaca.

Ajahn Chah: Dunque, vorresti rendere la mente saggia, giusto? Cambia la
postura e fai moltissima meditazione camminata. Ecco cosa puoi fare. Cammina
per tre ore alla volta, finché ti senti veramente stanco.

Domanda: Faccio la meditazione camminata un paio di ore al giorno, e di
solito mentre la faccio, ci sono un sacco di pensieri. Ma quel che mi
preoccupa è questo stato di oscurità quando siedo. Devo solo cercare di
esserne consapevole o ci sono degli strumenti per contrastarlo?

Ajahn Chah: Penso che forse le tue posture non sono equilibrate. Quando
cammini, hai un sacco di pensieri. Dunque, dovresti fare molta
contemplazione discorsiva; allora la mente può ritirarsi dal pensiero. Non
ci resta bloccata. Ma non preoccuparti. Per ora, aumenta il tempo della
meditazione camminata. Concentrati su di essa. E se la mente divaga, falla
uscire allo scoperto e pratica una contemplazione, come per esempio
l’investigazione
del corpo. L’hai mai praticata con continuità anziché come riflessione
occasionale? Quando sperimenti questo stato ottenebrato, ne soffri?

Domanda: Mi sento frustrato a causa del mio stato mentale. Non sto
sviluppando né samadhi, né saggezza.

Ajahn Chah: Quando sei in questa condizione mentale, la sofferenza sorge a
causa della non conoscenza. C’è dubbio, come per esempio sul perché la mente
sia così. Il principio importante in meditazione è qualunque cosa accada, di
non dubitare. Il dubbio non fa che accrescere la sofferenza. Se la mente è
chiara e sveglia, non dubitarne. Continua a praticare diligentemente senza
lasciarti prendere da reazioni a quello stato. Prendi nota e sii consapevole
del tuo stato mentale, e non avere dubbi. E’ solo così com’è. Quando nutri
dei dubbi e cominci ad aggrapparti a essi e a dargli significato, allora
arriva l’oscurità.

Quando pratichi, questi stati sono solo situazioni che incontri durante il
percorso. Non hai bisogno di nutrire dei dubbi. Notali con consapevolezza e
continua a lasciar andare. C’è sonnolenza? La tua seduta tende di più alla
sonnolenza o a uno stato di veglia?

(Nessuna risposta)

Forse è più difficile ritornare alla consapevolezza se eri immerso nella
sonnolenza! Se ti succede, medita con gli occhi aperti. Non chiuderli.
Piuttosto, focalizza lo sguardo su un punto, come la fiamma di una candela.
Non chiudere gli occhi! Ecco un modo per evitare l’ostacolo
dell’assopimento.

Quando siedi, puoi chiudere gli occhi di tanto in tanto e se la mente è
chiara, priva di torpore, puoi continuare a sedere con gli occhi chiusi. Se
è appannata e sonnolenta, apri gli occhi e focalizzati su un punto. E’
simile alla meditazione coi kasina. In questo modo, rendi la mente sveglia e
tranquilla. La mente sonnolenta non è tranquilla; è oscurata
dall’impedimento
ed è nel buio.

Bisognerebbe dire qualcosa anche del sonno. Semplicemente, non si può andare
avanti senza dormire. E’ la natura del corpo. Se stai meditando e ti
sopraffa una sonnolenza intollerabile, estrema, allora dormi. Questo è un
modo di domare l’impedimento quando ti sopraffa.

Altrimenti, continua a praticare, con gli occhi aperti, se hai questa
tendenza alla sonnolenza. Dopo un po’, chiudi gli occhi e verifica il tuo
stato mentale. Se c’è chiarezza, puoi praticare con gli occhi chiusi. Poi,
dopo un po’, fai una pausa. Ci sono persone che lottano continuamente contro
il sonno. Si costringono a non dormire, e il risultato è che quando siedono
sono trascinati dal sonno e non fanno che crollare, sedendo in uno stato
inconsapevole.

Domanda: Ci si può concentrare sulla punta del naso?

Ajahn Chah: Va bene. Qualunque cosa ti si confà, con qualunque cosa tu ti
senta a tuo agio e ti aiuti a fissare la mente, a focalizzarti, va bene.

Le cose stanno così: se ci attacchiamo agli ideali, e prendiamo le
istruzioni che ci vengono date troppo alla lettera, può diventare difficile
comprendere. Quando facciamo una meditazione di base, come per esempio la
consapevolezza del respiro, prima di tutto dovremmo essere determinati a
fare ora questa pratica, e a fare della consapevolezza del respiro il nostro
fondamento. Ci focalizziamo sul respiro in tre punti, quando passa dalle
narici, nel torace e nell’addome. Quando l’aria entra, prima di tutto, passa
dal naso, poi nel torace, poi, come punto finale, nell’addome. Nel lasciare
il corpo, il punto iniziale è l’addome, quello mediano il torace e finale il
naso. Semplicemente, lo notiamo. Questo è un modo per cominciare a
controllare la mente, ponendo la consapevolezza su questi punti all’inizio,
in mezzo e alla fine delle ispirazioni e delle espirazioni.

Prima d’iniziare, dovremmo sederci e lasciare che la mente si rilassi. E’
come cucire a macchina dei vestiti. Quando stiamo imparando a usare la
macchina, ci sediamo davanti a essa per conoscerla e metterci a nostro agio.
In questo caso, ci sediamo e respiriamo. Senza fissare la consapevolezza su
niente in particolare, semplicemente prendiamo nota che stiamo respirando.
Notiamo se il respiro è rilassato o no e se è lungo o corto. Dopo averlo
notato, cominciamo a focalizzarci sull’inspirazione e l’espirazione nei tre
punti.

Pratichiamo così finché diventiamo abili e l’esperienza scorre in modo
facile. Lo stadio successivo consiste nel focalizzare la consapevolezza solo
sulla sensazione del respiro sulla punta del naso o sul labbro superiore. A
questo punto, non ci interessa se il respiro sia lungo o corto, ci limitiamo
a focalizzarci sulla sensazione del suo entrare e uscire.

Fenomeni diversi possono entrare in contatto coi sensi o possono sorgere dei
pensieri. Lo chiamiamo pensiero iniziale (vitakka). Nella mente emerge
un’idea,
riguardo la natura dei fenomeni composti (sankhara), riguardo al mondo o a
qualsiasi altra cosa. Una volta che la mente ha fatto sorgere un pensiero,
vorrà restarne coinvolta e fondersi con esso. Se è un oggetto salutare,
lascia che la mente lo faccia emergere. Se non è salutare, interrompilo
immediatamente. Se è salutare, lascia che la mente lo contempli, e
nasceranno contentezza, soddisfazione e felicità. La mente sarà luminosa e
chiara; mentre il respiro entra ed esce e la mente fa sorgere questi
pensieri iniziali. Poi, diventa pensiero discorsivo (vicara). La mente
sviluppa familiarità con l’oggetto, esercitandosi e fondendosi con esso. A
questo punto, non c’è sonnolenza.

Dopo un intervallo di tempo appropriato dedicato a questo, riporta
l’attenzione
al respiro. Mentre continui così, nascerà il pensiero iniziale e poi quello
discorsivo. Se contempli in modo appropriato un oggetto, come la natura dei
sankhara, la mente sperimenterà una tranquillità più profonda e nascerà il
rapimento. C’è vitakka e vicara e questo conduce alla felicità della mente.
Non ci sarà né annebbiamento, né sonnolenza. Se si pratica così, la mente
non sarà buia. Sarà lieta ed estatica.
Questo rapimento, dopo un po’, comincerà a diminuire e a svanire, dunque
puoi far di nuovo emergere il pensiero iniziale. La mente diventerà ferma e
salda con esso, priva di distrazioni. Poi, torna di nuovo al pensiero
discorsivo, in modo che la mente diventi una con esso. Quando pratichi una
meditazione che si confà al tuo temperamento e la pratichi bene, allora ogni
volta che fai emergere l’oggetto, sorge il rapimento: i peli del corpo si
drizzano e la mente è estatica e soddisfatta.
Quand’è così, non può esserci ottundimento o sonnolenza. Non avrai alcun
dubbio. Avanti e indietro tra il pensiero iniziale e quello discorsivo,
iniziale e discorsivo, ancora e ancora, e sorge il rapimento. Allora, nasce
sukha (la beatitudine).

Questo accade nella pratica seduta. Dopo esserti seduto per un po’, puoi
alzarti e fare meditazione camminata. La mente può restare uguale nella
camminata. Non è sonnolenta, ha vitakka e vicara, vitakka e vicara, e poi il
rapimento. Non ci sarà nessuno dei nivarana e la mente sarà pura. [I
nivarana sono i cinque ostacoli: desiderio, rabbia, irrequietezza e
agitazione, indolenza e torpore, dubbio.] Qualunque cosa accada, non
preoccuparti; non hai bisogno di dubitare di alcuna esperienza, che sia di
luce, di beatitudine o qualsiasi altra cosa.

Non nutrire dubbi su queste condizioni della mente. Se la mente è buia, se è
luminosa, non fissarti su queste condizioni, non attaccarti a esse. Lascia
andare, lasciale da parte. Continua a camminare, continua a notare cosa sta
succedendo, senza restarne intrappolato o infatuato. Non soffrire di queste
condizioni della mente. Non nutrire dubbi a questo riguardo. Sono solo quel
che sono, seguono il corso dei fenomeni mentali. Certe volte, la mente sarà
gioiosa. Certe volte triste. Ci può essere felicità o sofferenza; ci può
essere impedimento. Anziché dubitare, comprendi che le condizioni della
mente sono così; qualunque cosa si manifesti, sta sorgendo perché le cause
sono maturate. In questo momento, si manifesta questa condizione; è questo
che dovresti riconoscere. Anche se la mente è oscura, non dovresti esserne
turbato. Se diventa limpida, non rallegrartene troppo. Non dubitare di
queste condizioni della mente, o delle tue reazioni a esse.

Fai la meditazione camminata finché non sei veramente stanco, poi siediti.
Quando siedi, determina la mente a sedersi, non divagare. Se ti senti
sonnolento, apri gli occhi e concentrati su qualche oggetto. Cammina finché
la mente non si separa dai pensieri e si fa silenziosa, allora siediti. Se
ti senti chiaro e sveglio, puoi chiudere gli occhi. Se torna di nuovo la
sonnolenza, apri gli occhi e osserva un oggetto.

Non cercare di farlo per tutto il giorno e tutta la notte. Quando hai
bisogno di dormire, dormi. Come col cibo: una volta al giorno, mangiamo.
Arriva il momento e diamo cibo al corpo. Il bisogno di sonno è uguale.
Quand’è
il momento, riposa. Quando hai riposato a sufficienza, alzati. Non lasciare
che la mente languisca nell’annebbiamento, ma alzati e mettiti al lavoro,
comincia a praticare. Fai moltissima meditazione camminata. Se cammini
adagio e la mente diventa torpida, cammina veloce. Impara a trovare il passo
giusto per te.

Domanda: Vitakka e vicara sono la stessa cosa?

Ajahn Chah: Sei seduto e all’improvviso il pensiero di qualcuno ti balza in
mente, questo è vitakka, il pensiero iniziale. Poi, prendi il pensiero di
quella persona e cominci a pensarci dettagliatamente. Vitakka lo prende,
vicara lo investiga. Per esempio, afferriamo l’idea della morte e poi
cominciamo a considerarla: “Io morirò, gli altri moriranno, ogni essere
vivente morirà; quando moriranno, dove andranno.?” Poi fermati! Fermati e
riporta indietro il pensiero. Quando comincia a correre, fermalo di nuovo; e
torna alla consapevolezza del respiro. Certe volte, il pensiero discorsivo
vagabonderà senza far ritorno, allora devi fermarlo. Fallo, finché la mente
non è limpida e chiara.

Se pratichi vicara con un oggetto che ti si confà, i peli del corpo
potrebbero rizzarsi, gli occhi lacrimare, potrebbe nascere uno stato di
estremo piacere, e molte altre cose mentre sorge il rapimento.

Domanda: Questo può accadere con qualsiasi tipo di pensiero o succede solo
in uno stato di tranquillità?

Ajahn Chah: Accade quando la mente è tranquilla. Non è la comune
proliferazione mentale. Siedi con la mente calma e arriva il pensiero
iniziale. Per esempio, penso a mio fratello che è appena morto. O penso ad
altri parenti. Questo succede quando la mente è tranquilla, la tranquillità
non è qualcosa di stabile, ma per il momento la mente è tranquilla. Dopo che
è sorto questo pensiero iniziale, entro in quello discorsivo. Se è una fila
di pensieri appropriata e salutare, porta ad agio della mente e felicità e
c’è
rapimento con le esperienze che lo accompagnano. Il rapimento proviene dal
pensiero iniziale e discorsivo che hanno luogo in uno stato di calma. Non
abbiamo bisogno di dargli nomi, come primo jhana, secondo jhana, e così via.
La chiamiamo semplicemente tranquillità.

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