Liberi di cambiare!

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Liberi di cambiare!

di Marcella Danon

Del cervello utilizziamo la parte più meccanica, che collega
esperienze ed emozioni e in situazioni simili ripropone lo stesso
disco. Ma possiamo riconoscere gli automatismi e mettere in atto la
nostra libertà.

Siamo vittime del destino, della società, della nostra educazione,
della nostra pigrizia, o siamo persone dalle molteplici risorse in
grado di decidere come affrontare la vita?

C’è chi pensa che esiste un destino ineluttabile che ha deciso, a
priori, tutto per noi, e non si chiede neppure se la sua vita gli
piace io meno, dando per scontato che non potrebbe essere che così.
C’è chi pensa, altrettanto deterministicamente, che è il risultato
delle nostre azioni passate, anche compiute in supposti passati
remoti, a influire sulla qualità del nostro destino, coltivando una
concezione che nella tradizione indiana si chiama karma e che, secondo
la legge causa-effetto prevede che ogni nostro operato si ripercuota
direttamente o indirettamente su di noi, in questa o in altre vite,
per chi crede nella reincarnazione naturalmente.

Entrambe le posizioni anche se apparentemente opposte – in una è
responsabile della nostra vita un impersonale destino, nell’altra, pur
se inconsapevolmente, siamo responsabili noi – finiscono col
trasformarsi in un atteggiamento fatalista e passivo, in cui non c’è
molto spazio per un reale cambiamento. Forse esiste ancora un gruppo
tra i fatalisti, quelli che si accontentano di lasciare che la loro
vita prenda direzioni casuali e sono convinti che tutto ciò che
succede sia comunque casuale, accontentandosene.

Il libero arbitrio è più impegnativo. Presuppone che sia il presente e
non il passato, il momento determinante per la qualità del futuro.
Presuppone un atteggiamento più elastico e responsabile in cui si
riconosca che, simbolicamente parlando, il 50% degli eventi che ci
troviamo a dover affrontare, non dipendono da noi, ma dalla vita
stessa (senza entrare poi in merito a presunti passati remoti, che
sono comunque al di fuori della nostra portata), ma l’altro 50%
dipende da noi, dalla modalità con cui affrontiamo il presente, dal
tipo di pensieri che coltiviamo, che a loro volta si riflettono nel
modo in cui ci comportiamo e quindi sulle risposte che gli altri ci
danno e sulle situazioni che di fatto si creano.

La nostra mente è uno strumento elaboratissimo che a seconda di come
lo utilizziamo ci fornisce risultati di diversa qualità. Una delle sue
funzioni, necessarie alla sopravvivenza, è quella di immagazzinare gli
apprendimenti relativi a determinate situazioni, in modo da saper
riproporre ogni volta lo stimolo adeguato alla situazione
corrispondente. Automatizziamo così lo stimolo a fermarci quando il
semaforo è rosso, a cambiare la marcia della nostra auto quando il
motore sale di giri, ma automatizziamo anche l’abitudine, appresa
nell’infanzia, ad assumere atteggiamenti seduttivi per ottenere ciò
che vogliamo, a nascondere la rabbia e a “fare finta di niente” per
non perdere l’affetto delle persone amate, ad avere paura di una
punizione se facciamo qualcosa che non corrisponde all’educazione
ricevuta.
Tutti queste risposte sono, per il cervello, sullo stesso piano. E’
nostra la responsabilità di “vagliare” le informazioni memorizzate e
le accoppiate stimolo-reazione, per verificare quali di queste siano
ancora attuali e quali invece necessitino di un aggiornamento.

Il primo passo di un lavoro di crescita personale, di un percorso di
autocoscienza, consiste nello sviluppare una grade capacità di
presenza, di attenzione interiore per notare i meccanismi che entrano
in gioco di volta in volta e verificare la loro attualità e utilità.
E’ così che possiamo lavorare su quel 50% della nostra vita che è
nelle nostre mani, e “giocarcelo” nel migliore dei modi.

Scopriamo così che non siamo obbligati a rispondere sempre con lo
stesso ritornello, ma che possiamo esplorare, di volta in volta,
diversi modi di “agire e non più reagire”. Certo, dopo anni di
risposte automatiche non è detto che al primo colpo otterremo il
risultato desiderato, ma abbiamo già fatto un grande progresso se ci
siamo resi conto che abbiamo fondamentalmente la libertà di dare una
risposta diversa agli eventi, di “cambiare musica”, per trovare quella
più adatta al nostro ritmo attuale, alle nostre esigenze e agli
obiettivi che ci poniamo.

La nostra libertà non sempre si può esprime in termini di “libertà di”
fare, andare, costruire, possedere, ma abbiamo sempre, invece, a
nostra disposizione la possibilità di coltivare la “libertà da”
condizionamenti, pregiudizi, paure. E’ nella libertà di atteggiamento
la nostra ricchezza fondamentale, il nucleo del nostro libero
arbitrio, a partire dal quale possiamo modellare la nostra vita vero
mete sempre più soddisfacenti e luminose.

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