L’importanza dell’incontro col buddhismo per la scienza moderna
Francisco Varela, Evan Thompson, Eleanor Rosch. La via di mezzo della conoscenza. Le scienze
cognitive alla prova dell’esperienza.
Feltrinelli. 1992. ISBN: 8807101599. www.feltrinelli.it
L’importanza dell’incontro col buddismo per la scienza moderna
Ci sono crescenti indicazioni che il buddismo possa esercitare un’influenza importante e produttiva
sulla scienza moderna primariamente a due livelli: (i) la ricerca dettagliata relativa allo studio
della mente, e (ii) l’impatto epistemologico sui fondamenti della scienza, particolarmente della
fisica.
Ricerca
Le scienze della vita si sono sviluppate enormemente nel corso degli ultimi cinquant’anni. Un ramo
fondamentale di esse è lo studio della mente, della funzione cognitiva, degli affetti e dei fenomeni
mentali correlati, in cui le scienze del cervello (o neuroscienze) svolgono un ruolo centrale.
Un’insolita confluenza di discipline puntano i loro microscopi sulla natura della conoscenza, delle
emozioni e dell’azione. Queste discipline includono le neuroscienze, la genetica molecolare, la
psicologia sperimentale, l’intelligenza artificiale e la linguistica. Da questa ibridazione sono
emersi vari significativi sforzi interdisciplinari, comprendenti scienza cognitiva, neuroscienza e
neuroscienza affettiva. Queste nuove scienze interdisciplinari hanno rapidamente abbracciato lo
studio della mente come oggetto scientifico e hanno consentito alla scienza moderna di accostarsi a
questa impresa con un rigore e una precisione senza precedenti.
Per effetto di queste ricerche di frontiera la scienza si è andata gradualmente risvegliando a una
tematica che, fino a poco tempo fa, sembrava ‘non-scientifica’: lo studio della coscienza stessa.
Può uno studio scientifico della mente omettere quella realtà che è sempre presente agli esseri
umani, cioè la loro propria esperienza? Cos’è la coscienza? In che rapporto sta con altre capacità
mentali generate dal cervello, come la visione, l’emozione, la memoria? Quanto flessibile è il
potenziale del cervello nel soddisfare i bisogni umani in medicina e nell’educazione?
Questa ‘rivoluzione’ della coscienza ha messo in evidenza il fatto che lo studio del cervello e del
comportamento richiede un complemento altrettanto disciplinato: l’esplorazione dell’esperienza
stessa. È qui che il buddismo ci si offre come una straordinaria fonte di osservazioni riguardanti
la mente umana e l’esperienza: osservazioni accumulate nel corso dei secoli con grande rigore
teorico e, cosa ancor più significativa, con precisi esercizi e pratiche per l’esplorazione
individuale. Questo tesoro di conoscenze è un sorprendente complemento per la scienza. Mentre
l’affinamento materiale dei metodi scientifici è impareggiabile negli studi empirici, il livello
esperienziale della scienza occidentale è ancora immaturo e ingenuo in confronto alla lunga
tradizione buddista di studio della mente umana.
Il luogo d’incontro naturale fra scienza e buddismo è perciò una delle più attive frontiere della
ricerca attuale. La posta in gioco sta nel comprendere come mettere insieme i dati provenienti
dall’esame interno dell’esperienza umana con la base empirica che la moderna neuroscienza cognitiva
e affettiva può fornire. I resoconti in prima persona ottenuti mediante le tecniche meditative non
sono una pura ‘conferma’ di dati che la scienza è comunque in grado di acquisire: essi ne sono
invece un complemento necessario. Per esempio, negli attuali esperimenti che si servono dell’imaging
del cervello per studiare i sostrati neurali delle emozioni e dell’attenzione, i dati empirici non
sono correttamente interpretabili se non prendendo in considerazione descrizioni raffinate
dell’esperienza interna.
Perciò possiamo prevedere che le scienze della mente si evolveranno in una forma di neuroscienza
esperienziale, gettando un ponte sull’abisso che attualmente separa le descrizioni esterna e
interna. Una tale unificazione della nostra comprensione del mondo, che fornisce un nuovo quadro per
la scienza della mente, è uno dei massimi contributi che il buddismo è in grado di offrire.
L’interesse per questa fecondazione reciproca è stato uno dei principali motivi ispiratori del Mind
and Life Institute e resta al centro dei suoi sforzi per trasformare questa visione in concrete
collaborazioni di laboratorio.
Due implicazioni fra loro correlate del dialogo fra scienza e buddismo riguardano la nostra
comprensione della flessibilità comportamentale e neurale e lo sviluppo di interventi specifici per
la promozione del benessere psicologico e fisico. La scienza cognitiva e la psicologia moderne fanno
determinate ipotesi riguardo alle norme che governano il funzionamento mentale e ai limiti entro cui
un cambiamento di tale funzionamento è possibile. Per esempio, nell’ambito cognitivo si ritiene
normativo che un individuo non sia in grado di mantenere l’attenzione concentrata su un singolo
oggetto per più di qualche secondo. Nell’ambito affettivo l’emozione della rabbia viene considerata
come una reazione normativa che emerge naturalmente quando i nostri scopi sono ostacolati. Il
buddismo ci insegna che entrambe queste assunzioni riguardo al ‘modo di operare normale’ degli
esseri umani sono fallaci e che con l’addestramento (cioè in meditazione) può prodursi un’evoluzione
significativa di queste capacità. Tale prospettiva rappresenta una sfida importante per gli
scienziati occidentali e rimette in gioco alcune delle nostre convinzioni profonde sulla ‘natura’
del comportamento umano. Inoltre il buddismo specifica in dettaglio i metodi che permettono una tale
evoluzione. Questo terreno d’incontro può dunque fornire un impulso cruciale per il superamento
della concezione occidentale della fissità delle funzioni mentali, sollevando nel contempo
l’esigenza di nuove ricerche per esplorare la capacità di trasformazione di funzioni
biocomportamentali ritenute un tempo elementi immutabili del nostro paesaggio mentale.
La tecnologia esperienziale della meditazione e delle pratiche a essa correlate offerta dal buddismo
sta avendo un impatto significativo sulla medicina moderna e sugli interventi psicoterapeutici. I
dichiarati effetti benefici di queste pratiche sulla salute e sul benessere mentale e fisico hanno
catalizzato seri sforzi per analizzarne i meccanismi. I dialoghi del Mind and Life Institute hanno
dato vita a ricerche che hanno messo in evidenza cambiamenti sia nel cervello sia nella funzione
immunitaria per effetto della meditazione. Questi lavori contribuiscono alla reintegrazione del
cervello nel contesto del corpo, mostrando come i mutamenti cerebrali abbiano effetti a cascata sul
sistema immunitario, sul sistema nervoso autonomo e sul sistema endocrino, che sono tutti implicati
nella salute e nella malattia.
Epistemologia
Benché le scienze della vita e la scienza cognitiva siano il più intimo punto di contatto fra
buddismo e scienza per quanto riguarda le ricerche dettagliate, il buddismo può avere una grande
importanza anche a un livello più fondamentale, epistemologico. La raffinatezza filosofica delle
concezioni buddiste in merito alla natura della realtà, alla percezione e alla logica è tanto
profonda quanto la sua base di osservazioni dell’esperienza umana. La tradizione buddista comprende
varie nozioni, come identità designata, generazione codipendente e vacuità, che non hanno analogo
nell’eredità filosofica dell’Occidente.
La fisica moderna è forse il luogo dove questo secondo tipo d’incontro è più visibile. Nella fisica
è in corso una rivoluzione concettuale legata ai cosiddetti tentativi di unificazione, che mirano a
mettere in rapporto il minuscolo universo della meccanica quantistica con quello della macrofisica e
della gravitazione. Come si sa, tali ricerche hanno spalancato abissi epistemologici, legati, per
esempio, alla non-località, all’origine dell’universo e al ruolo dell’osservatore. Filosofi della
scienza e fisici hanno trovato gli scambi concettuali ed epistemologici con il buddismo
potenzialmente preziosi. Si veda, a questo proposito l’articolo di copertina del numero di gennaio
1999 di GEO Magazine. Il Mind and Life Institute intende perseguire questa linea di mutua
esplorazione come secondo principale contributo che il buddismo può offrire alla scienza moderna.
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