L’IMPORTANZA RELATIVA E ASSOLUTA DEGLI ‘ALTRI’
Di Marco Ferrini
Aristotele diceva che l’uomo è un animale sociale, l’essere umano non può vivere senza gli altri,
qualsiasi posizione assuma nella società vive sempre in relazione con gli altri; perfino nel sogno
ci sono gli altri e non solo gli amici occupano costantemente la nostra coscienza e ci incatenano a
loro, ma anche i nemici possono farlo, addirittura con maggior efficacia, divenendo i cardini
attorno ai quali la vita scorre in una relazione dolorosa. Gli altri possono quindi costituire fonte
di gioia, soddisfazione e nostra ispirazione o di sofferenza e sentimenti negativi; certo è che
hanno un’influenza notevole sullo sviluppo della nostra personalità e ne siamo in qualche misura
dipendenti. Che siamo dipendenti da amici o che siamo dipendenti da nemici, siamo sempre nella
necessità di rapportarci agli altri. Gli altri rappresentano inoltre il nostro banco di prova, la
nostra cartina di tornasole, il nostro metro di confronto: una persona non sa nemmeno quel che vale
se non si raffronta con gli altri, un bambino non impara né a camminare né a parlare senza gli
altri.
Dunque, l’essere umano non può esistere senza gli altri, perde anche la cognizione di sé, a meno che
non sia così evoluto spiritualmente da avere realizzato la propria natura assoluta, la nitya
svarupa, cioè quella identità ultima che è la sua vera intima essenza, eterna, immutabile ed
indipendente da circostanze esteriori. Se nel relativo gli altri sono essenziali per tutte le
ragioni sopraccitate, nell’assoluto lo sono in quanto oggetti della nostra compassione, destinatari
del nostro amore, terminali della nostra relazione d’affetto: quindi non per prendere, ma per dare.
L’assoluto porta in sé unauto-soddisfazione, unauto-soddisfacimento, una beatitudine tutta
interiore, per cui gli altri non sono più il nostro nutrimento essenziale, ma sono elementi a cui
inevitabilmente ci sentiamo connessi ed in armonia in quanto figli di uno stesso Creatore. Tale
processo inizia quando inizia la realizzazione e culmina al momento della realizzazione spirituale:
essa avanza per gradi e nella misura in cui il soggetto gradualmente evolve, scopre gli altri quali
oggetti del suo amore. La società sarebbe un nome astratto se non fosse composta di donne e di
uomini, di individui che lottano per raggiungere la felicità, la libertà o lottano anche
semplicemente per conoscersi, per sapere chi sono, per comprendere la natura delle loro
inclinazioni, la natura dei loro istinti, la natura dei loro bisogni e dei loro desideri.
Tratto da Io e gli altri nel gioco della vita, Corso serale di 3 lezioni tenute presso l’Aula
Magna Fondazione Studi Bhaktivedanta (20 e 27 Novembre, 4 Dicembre 2008).
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