Ecco l’effetto che fa
27/12/2016
Il 2016 è stato l’annus horribilis della musica pop mondiale. Star del calibro di David Bowie,
Prince e, ultimo della lista, George Michael, ci hanno detto addio, ma le loro hit – da ‘Last
Christmas’ a ‘Life on Mars?’ – resteranno nei cuori dei loro fan per sempre. La scienza spiega
perché la musica ha un effetto su umore ed emozioni variabile da persona a persona: è una questione
di Dna. L’impronta delle note è nei geni dopaminergici, quelli che regolano la produzione di
dopamina – l’ormone del piacere e della felicità – nel cervello.
Un nuovo studio di imaging genetico ad altissima partecipazione tricolore fornisce la prima prova di
un ‘fil rouge’ che collega questi geni alla musica, evidenziando che gli effetti della musica – e
del rumore – sul comportamento affettivo e la fisiologia del cervello sono associati a una
funzionalità della dopamina determinata geneticamente. La ricerca è stata diretta da Elvira Brattico
della Aarhus University (Danimarca) e condotta in due ospedali italiani in collaborazione con
l’università di Helsinki (Finlandia). I suoni, spiegano gli autori del lavoro, sono in grado di
incidere sugli stati d’animo e sulle emozioni delle persone, probabilmente regolando proprio la
dopamina cerebrale, neurotrasmettitore fortemente coinvolto nel comportamento emotivo e nella
regolazione dell’umore.
Tuttavia, fanno notare gli scienziati, il rapporto tra ambienti sonori e stati d’animo-emozioni è
molto variabile da persona a persona. E una fonte putativa di variabilità è il background genetico.
Lo studio pubblicato su ‘Neuroscience’ mostra che una variazione funzionale del gene del recettore
D2 della dopamina modula l’impatto della musica, all’opposto del rumore, sull’attività cerebrale
prefrontale e dello striato correlata a stati d’animo ed emozioni, evidenziando una suscettibilità
differenziale per gli effetti modulatori di musica e rumore sui genotipi GG e GT. Nel dettaglio, si
è osservato per esempio nei soggetti GG un miglioramento dell’umore dopo l’esposizione alla musica e
nei soggetti GT un deterioramento dell’umore dopo l’esposizione al rumore.
I risultati dello studio identificano una fonte biologica di variabilità dell’impatto dei suoni
sulle risposte emotive. “Il nostro approccio ha permesso di osservare il legame tra geni e fenotipi
tramite un vero e proprio percorso biologico che va dalle variazioni genetiche funzionali alla
fisiologia del cervello che sottende al comportamento”, commenta Tiziana Quarto, studentessa
dell’università di Helsinki e primo autore dello studio.
E’ la prima volta, aggiunge Brattico, che si utilizza “il metodo dell’imaging genetico nel campo
della musica e dei suoni in generale. Siamo entusiasti dei risultati perché suggeriscono che anche
un intervento non farmacologico come la musica potrebbe regolare l’umore e le risposte emotive sia a
livello comportamentale che neuronale”.
Ma, “ancora più importante – conclude – incoraggiano la ricerca di interventi personalizzati basati
sulla musica per trattare disturbi cerebrali associati ad aberrazioni della neurotrasmissione
dopaminergica così come all’attività cerebrale correlata ad umore ed emozioni anormali”.
da adnkronos.com/salute/medicina
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