L’impulso cerebrale che provoca l’obesita’

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L’impulso cerebrale che provoca l’obesita’

10 luglio 2017

Una dieta ricca di grassi stimola l’attività delle cellule immunitarie cerebrali, che a loro volta
inducono i centri dell’ipotalamo che regolano l’appetito a una maggiore assunzione di cibo. Questo
meccanismo potrà forse essere bloccato da farmaci ancora in via di sviluppo (red)

da lescienze.it

In risposta a una dieta ricca di grassi, le cellule immunitarie nel cervello, e in particolare
quelle dell’ipotalamo, innescano un processo che porta al sovrappeso e all’obesità. Se questo
risultato, dimostrato nei topi da ricercatori dell’Università della California a San Francisco e
dell’Università di Washington a Seattle, verrà confermato anche nell’essere umano, la scoperta
potrebbe portare a nuovi farmaci per contrastare l’obesità. Lo studio è pubblicato su “Cell
Metabolism”.

Ricerche precedenti avevano dimostrato che una regione cerebrale chiamata ipotalamo medio-basale
(MBH) contiene gruppi di neuroni il cui compito è far corrispondere assunzione di cibo e dispendio
energetico, ma questo delicato equilibrio è messo in crisi da un’elevata assunzione di grassi, con
conseguente aumento dipeso. Tuttavia non era stato possibile individuare i meccanismi sottostanti a
questo fenomeno.

Suneil Koliwad e colleghi hanno ora scoperto che responsabili dell’aumento di peso sono le cellule
della microglia, cioè il complesso di cellule del sistema immunitario presenti nel cervello, la cui
popolazione si espande grazie all’apporto di grassi. Ma non solo: l’eccesso di grassi porta le
cellule della microglia a innescare una risposta infiammatoria, che a sua volta è responsabile del
mancato buon funzionamento dell’MBH. L’infiammazione causa poi il richiamo dal circolo sanguigno di
altre cellule immunitarie che una volta giunte nell’ipotalamo si trasformano in cellule della
microglia, aggravando l’infiammazione e, di riflesso, lo squilibrio fra assunzione di cibo e
dispendio energetico, in un circolo vizioso difficile da arrestare.

I ricercatori hanno anche scoperto che la somministrazione ai topi di un farmaco sperimentale in
grado di bloccare l’infiammazione a livello della microglia faceva mangiare meno le cavie, del 15
per cento, guadagnare meno peso, del 20 per cento, rispetto a topi non trattati con il farmaco e
alimentati con la stessa dieta.

Ora i ricercatori sperano di poter testare in tempi relativamente brevi un altro farmaco
sperimentale con un meccanismo analogo, e per cui sono già in corso studi clinici per altre
patologie (leucemie, tumori solidi e gravi forme di artrite); in questo modo gli autori
verificheranno se il farmaco è in grado di sortire effetti analoghi nella nostra specie.

Secondo Koliwad, il fatto che la microglia abbia evoluto la capacità di innescare l’aumento
dell’appetito e del peso in risposta a una dieta ad alto contenuto di grassi potrebbe avere una
spiegazione evolutiva. “I grassi sono la forma più concentrata di calorie che gli esseri umani del
remoto passato potessero consumare. Quando riuscivano a procurarsi un pasto dopo un lungo periodo di
digiuno, era importante che la microglia ne segnalasse la presenza ai neuroni dell’ipotalamo,
affinché questi stimolassero il più possibile l’appetito”.

Nel mondo attuale, in cui non vi è scarsità di cibi grassi, questo antico meccanismo, che veniva
attivato solo raramente, è diventato controproducente: l’attivazione cronica della microglia dovuto
al continuo consumo di grassi finisce per portare al sovrappeso e all’obesità.

www.cell.com/cell-metabolism/fulltext/S1550-4131(17)30339-X

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