L’inconscio

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L’inconscio

da altopotenziale.it

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il comportamento incosciente influisce nella nostra
vita in modo determinante.
Il lato nascosto della nostra mente lo usiamo normalmente per la scelta del partner o di nuovi amici
oppure per la scelta di un determinato prodotto commerciale.
Freud alla fine dell’800 fu il primo a teorizzare che una parte della nostra mente sfugge al
controllo razionale, ma sono invece pulsioni ed emozioni legate alla nostra infanzia a governarla.
Molti esperimenti sono stati fatti per provare l’influenza della mente inconscia sulle nostre
decisioni.

David Perrett dell’University of St. Andrews in Scozia, ha dimostrato che ad attrarci sessualmente
da adulti sarebbero proprio i visi che più ci ricordano i nostri genitori quando li abbiamo
conosciuti.
Insomma impareremmo che cosa cercare in un partner guardando mamma e papà durante l’infanzia.
Esistono “due tipi di memorie”: la prima viene chiamata esplicita ed è la memoria a cui facciamo
riferimento ogni giorno, ovvero ricordare cosa si deve acquistare al supermercato piuttosto che
l’indirizzo di un amico o il nome di una persona appena conosciuta.
La seconda viene chiamata memoria implicita ed è una memoria profonda di cui non siamo consapevoli,
la quale influenza fin dalla nascita lo sviluppo della personalità.

Prima della maturazione dell’ippocampo, il bambino registra tutte le informazioni come l’abilità dei
movimenti, le acquisizioni per condizionamento (se cadi ti fai male) e significato degli oggetti in
modo inconsapevole. Insomma sono presenti tutte le informazioni di quando non sapevamo ancora
parlare e descrivere emozioni e stati d’animo.
Harlene Hayne e Gabrielle Simcock dell’University of Otago in Nuova Zelanda, hanno fatto degli
esperimenti sui ricordi inaccessibili dei bambini, dimostrando che le informazioni della prima
infanzia sono lì presenti, ma quello che ci manca è la catalogazione attraverso il vocabolario per
poi recuperarle.
Ovvero le ricercatrici hanno fatto giocare dei bambini con uno strumento complesso. Dopo un anno i
bimbi sono stati interrogati ed hanno usato il vocabolario di cui disponevano l’anno prima.
In un anno avevano acquisito un vocabolario molto più completo ma non erano in grado di usarlo per
descrivere l’esperienza dell’anno precedente.

Il linguaggio funziona così come un sistema di catalogazione per la memoria, tanto che le esperienze
che precedono la possibilità di essere catalogate, spariranno dalla nostra coscienza perché non
hanno nessun indice. Così il ricordo dell’evento rimane, ma solo il caso lo farà ritrovare. Come se
un volume fosse all’interno di una biblioteca ma senza nessun riferimento su come trovarlo.
Comunque buona parte di ciò che facciamo lo dobbiamo alla memoria implicita, ovvero quando guidiamo
un automobile, andiamo in bicicletta, digitiamo sulla tastiera del computer, i movimenti sono
inconsci. Così una volta che acquisiamo le abilità necessarie, non abbiamo più bisogno di pensare
“ora schiaccio la frizione e metto la prima marcia, poi rilascio l’acceleratore e metto la
freccia…”, ma diviene tutto automatico e mentre lo facciamo possiamo addirittura pensare ad altro.
Incoscienti sono anche le risposte emotive che molto spesso scavalcano il cervello razionale.
Ad esempio a causa di uno spavento facciamo un balzo, oppure dopo una affermazione falsa ci portiamo
una mano verso il viso.

Anche se ci sforziamo di controllare ogni azione, buona parte di queste saranno inconscie perché il
cervello elabora le risposte emotive in 12 millisecondi mentre quelle razionali in circa il doppio
del tempo.
Questi studi sono stati portati avanti dal neuroscienziato Joseph Le Doux di New York, il quale ha
scoperto che esiste una scorciatoia nel cervello per elaborare le emozioni.
Questo percorso è stato ereditato dai nostri antenati privi di corteccia cerebrale, ovvero la parte
del cervello dove avviene il pensiero razionale.
Avviene così (vedi figura ) un diretto passaggio di informazioni dal talamo all’amigdala senza
coinvolgere la corteccia.

Questa velocità nel processare le informazioni in modo irrazionale, può essere l’unica salvezza in
situazioni di pericolo e sono alla base degli studi sulla comunicazione non verbale (CNV).

Dove approfondire:

– THE ILLUSION OF CONSCIOUS WILL, Daniel Wegner.
– Simcock, G., & Hayne, H. (2002). Breaking the barrier? Children fail to translate their
preverbal memories into language. Psychological Science, 13(3), 225-231.
– Perrett, D.I., Penton-Voak, I. S., Little, A. C., Tiddeman, B. P, Burt, D. M., Schmidt N.,
Oxley, R., & Barrett, L. (2002). Facial attractiveness judgements reflect learning of parental
age characteristics. Proceedings of the Royal Society of London B, 269, 873-880.
– THE EMOTIONAL BRAIN, Joseph E. LeDoux.

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