L’incredibile potere di Sai Baba: il Cristo che vince la morte!

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L’incredibile potere di Sai Baba: il Cristo che vince la morte!

“L’Uomo del Mistero: Sai Baba”:

– Le resurrezioni –

(di Giancarlo Rosati)

Giancarlo Rosati e’ nato in Etiopia. Dopo avere conseguito il diploma di
maturita’, presso l’Universita’ di Oxford, si laurea in medicina e
Chirurgia, in Italia, dove consegue sei specializzazioni. E’ socio fondatore
del Centro Esperienze Psichiche di Parma e membro dell’Accademia Tiberina.
Ha partecipato a diversi congressi e incontri televisivi su Sai Baba e,
sulla scia della sua ricerca, ha pubblicato uno studio sulla vita e sulla
paranormalita’ di Gesu’, dal titolo “L’Uomo dei miracoli”. Vive a Parma ed
esercita la professione medica.

(da “Sai Baba, l’Uomo venuto dal Cielo” – di Giancarlo Rosati)

*La sconfitta di Yama*

La scienza di cui sono in possesso cerca di condurmi a ipotizzare
spiegazioni anche la’ dove spiegazioni non ce ne sono. Di fronte ad una
guarigione istantanea di un cancro cerebrale, tuttavia, devo confessare di
rimanere disorientato. La mia preparazione mi porta, l’ho ribadito, a
ritenere che la psiche del paziente si sia gia’ messa in moto nel momento
preciso in cui ha deciso di andare a Lourdes, o da Sai Baba e che il
contatto con l’ipotetica sorgente della guarigione sia soltanto l’ultimo
atto, la caduta della tela che ricopre un quadro gia’ terminato.

Tuttavia, il mio stupore e’ grande quando mi trovo di fronte ad un caso che
io stesso ho potuto seguire nella sua evoluzione drammatica e che nel giro
di pochi minuti si risolve completamente e definitivamente.

Mi e’ inconcepibile pensare che possa sparire una lesione cosi’ grave come
un cancro del cervello che aveva determinato cecita’ ad un occhio,
incapacita’ a sopperire pienamente alle funzioni quotidiane, che impediva la
libera uscita di casa per una profonda stanchezza che ormai attanagliava
quel povero corpo bombardato da tutte le parti da metastasi.

Cinque minuti prima il cancro esisteva e la sintomatologia drammatica
confermava la sua persistenza. Poi, improvvisamente, istantaneamente, il
quadro sintomatologico sparisce, la vista viene recuperata totalmente, la
stanchezza profonda scompare, l’equilibrio viene recuperato e tutto ritorna
come se quel cervello non avesse mai subito un danno devastante.

Rimango sconvolto anche se resto convinto che nella guarigione miracolosa il
ruolo della psiche sia determinante.

La signora C. V. ha un tumore cerebrale. Da anni combatte contro la malattia
che prima le aveva colpito le mammelle, poi si era disseminato ai polmoni e
alle ossa. Sai Baba l’aveva guarita da quelle disseminazioni che
l’intervento chirurgico dì mastectomia bilaterale non era riuscito a
prevenire. Quello che vi racconto e’ l’atto finale di qualcosa di
sconvolgente.

Capita spesso che Sai Baba guarisca un malato dì tumore, ma la malattia puo’
ripresentarsi a distanza di diversi anni, magari non piu’ come metastasi di
quel tumore, ma come forma primitiva. Se la malattia è karmica (ora che
abbiamo affrontato il concetto del karma e della reincarnazione siamo in
grado di capire I’ìmportanza della malattia, come momento di riscatto di un
debito contratto in una vita precedente) il tumore si ripresentera’ in una
nuova sede, diversa da quelle normalmente interessate dalla disseminazione.
Questo a dimostrare che il tumore insorto di recente e’ cosa completamente
diversa da quelli precedenti e ormai guariti. La scomparsa del primo tumore
consente al paziente di vivere qualche anno in piu’, in modo da riscattare i
debiti contratti con la Coscienza Cosmica.

Le metastasi della signora C. V. scompaiono, ma ecco che cinque anni dopo
compare un tumore cerebrale. E’ un cancro primitivo; oppure, si tratta di
metastasi del tumore precedente? Le indagini eseguite (Tac, scintigrafia)
fanno pensare che si tratti nuovamente di metastasi. La localizzazione
cerebrale e’ quella che offre i sintomi piu’ evidenti e drammatici per la
compressione esercitata su alcuni centri nervosi che conduce la paziente
alla completa cecita’ di un occhio.

Nel mese di maggio di quest’anno la signora si reca in India e Sai Baba le
promette che la guarira’; ma, i sintomi vanno in realta’ peggiorando.

Per pura coincidenza, due mesi dopo, nel mese di luglio, si trova coinvolta
in un viaggio e Sai Baba interviene ancora.

Le materializza una gaiatry (un collier fitto di medagliette con incisioni
in sanscrito).

“Tu reciti la Gaiatry tutti i giorni molto bene e io voglio farti un dono
prezioso”

Sai Baba la gratifica ampiamente. In effetti la signora recita
quotidianamente il mantra, mentre spilla l’acqua del lingam che il Maestro
le ha materializzato in un’altra occasione. Il Maestro e’ li’ quando reciti
la Gaiatry, quando pensi a Lui. Sempre.

“Non ti preoccupare per il tuo cancro. Ti guariro’. Pensero’ io a
rimuoverlo”

Sai Baba e’ rassicurante, ma la signora continua a star male. Sai Baba le ha
fatto una promessa, e’ vero, ma e’ proiettata nel futuro. Quando avverra’
effettivamente la guarigione? Avverra’ veramente o dovra’ invece morire?
Questi sono i pensieri che si accavallano nella mente della devota. I malati
hanno fretta di guarire. Chi sta male vorrebbe vedere dei miglioramenti
immediati.

E’ naturale che sia cosi’, e’ un diritto. Anche la signora C. V., nonostante
la profonda fede in Baba, vacilla nel buio corridoio della malattia.

Sai Baba pone la sua mano sull’occhio ormai cieco, lo strofina e le conferma
che la guarira’.

La signora C. V. esce a stento dalla sua camera per andare al darshan. I
giorni passano e arriva il momento di partire. Due ore prima di lasciare
l’ashram Sai Baba chiama la signora. All’interno del salottino c’e’ la
signora con la figlia, l’avvocato Marena e la figlia Ninetta.

“Come stai?”, domanda Baba.

Rispondono tutti in coro, spinti dalla disperazione di vedere la loro amica
drammaticamente sconvolta dal male:

“Swami, sta male!”

Sai Baba la tocca.

“Ebbene, la tua malattia e’ finita”

C. V. scoppia a piangere.

“Che cosa vuol dire finita?”, ribatte la donna.

Quando Baba afferma qualcosa e’ necessario valutare attentamente la
situazione.

Le Sue parole potrebbero voler dire: ora ti faro’ lasciare questo corpo per
dartene un altro piu’ sano. E C. V. pensa effettivamente che ormai dovra’
morire. E’ successo a tanti altri… Sai Baba appoggia la mano sull’occhio
quasi cieco.

“II tuo cancro sparira’ perche’ questa è la mia volonta’. Ora! E ti
concedero’ una vita lunga e un corpo perfettamente sano. Ora vai a casa. Ti
aspetto per il mio compleanno completamente guarita”

La dichiarazione di Baba e’ categorica, non ammette riserve o dubbi.

C. V. esce dal Mandir e l’occhio, improvvisamente, vede di nuovo, come prima
di ammalarsi. I sintomi spariscono. II cervello e’ pulito come se non fosse
mai stato devastato dal male.

Il fatto e’ così straordinario che Luciana ed io, che abbiamo seguito C. V.
in questi ultimi anni e abbiamo penato, sofferto e pregato per lei, restiamo
sconvolti. Quando le cose ci toccano in prima persona cadono i veli della
scienza per dare spazio all’emozione.

Di fronte a questa guarigione abbiamo pianto. Abbiamo pianto di commozione e
di felicita’. Una nostra deliziosa amica era stata strappata a Yama, il dio
della morte. Abbiamo pianto per l’amore infinito e la misericordia
sconfinata che Sai Baba ha per tutti noi, giusti o peccatori.

*Il Padrone della morte *

” lo”, dice Baba, “vi insegno a vivere con rettitudine e a morire con
profitto”. Il Maestro del Mondo e’ padrone della morte. Puo’ farvi morire
nel giro di qualche giorno, cosi’ come e’ in grado di prolungare la vostra
vita per diversi anni, al di la’ del codice del vostro destino.

II lettore si meravigliera’ di queste mie affermazioni, ma dopo avere
sperimentato i poteri di Sai Baba non ci si deve piu’ meravigliare di
niente. Non e’ difficile sperimentare la capacita’ di Baba di fare morire
prima del tempo, per ovviare a mesi di indicibili sofferenze.

Puntualmente le richieste vengono esaudite, a tal punto che ne siamo un po’
spaventati.

Non si tratta di coincidenze. Le richieste vengono effettivamente esaudite
al di la’ di tutte le previsioni mediche e soltanto quando la morte puo’
effettivamente portare beneficio al sofferente.

II racconto che traggo dal libro “Swami” e’ molto significativo e deve fare
riflettere molto attentamente. Quando si chiede qualcosa a Baba bisogna
sapere cio’ che si chiede, perche’ il Maestro esaudisce le nostre richieste
se esse vengono fatte con animo puro e con devozione.

Una bimba avanzo’ una richiesta molto precisa a Baba:

“Maestro fammi vivere ai Tuoi piedi per sempre!”. Era una richiesta di
morte, una morte precoce per vivere nella luce del Padrone del Tempo e della
Vita.

Sai Baba tento’ dì convincere la bambina che aveva tanti anni davanti per
sposarsi e avere figli, ma la bimba non volle sentire ragioni “Swami, il mio
più grande desiderio e’ di essere con Te per l’eternità”

Baba cerco’ ancora di dissuaderla dal progetto e fece appello al suo amore
filiale. La bambina non cedette e la sua richiesta divento’ sempre piu’
pressante. Alla fine Baba accordo’ alla bimba “di vivere in eterno iì Suoi
piedi di loto”.

Cinque giorni dopo, in pieno benessere, la bambina si corico’ sul suo letto
e non si sveglio’ piu’.

Ad un’altra devota, al contrario, Baba concesse di vivere sette anni di piu’
di quanto aveva stabilito il suo destino.

« Le tue preghiere di vedere sposato tuo figlio sono state ascoltate. Vivrai
fino a quel giorno, anche se devo concederti sette anni piu’ di quello che
era stato stabilito dalle leggi cosmiche».

Piu’ o meno il discorso di Baba deve essere stato questo. La donna visse,
infatti, fino al giorno in cui il figlio convolo’ a nozze. Qualche giorno
dopo si spense ringraziando Baba di averle concesso di vedere realizzati i
suoi sogni.

Gli episodi relativi ai tre bambini gravemente handicappati, che morirono
dopo alcuni giorni dal messaggio di Baba, confermano ulteriormente il potere
che il Maestro ha sulla vita e sulla morte.

“Chiedete e vi sara’ dato”, diceva Shirdi Baba “ogni vostro desiderio verra’
esaudito, purche’ la vostra devozione sia pari alla richiesta”.

II discorso sul meccanismo che viene innescato nel momento in cui si avanza
una richiesta a Sai Baba e ci si trova sulla Sua stessa lunghezza d’onda ci
porterebbe molto lontano e devo ancora raccogliere materiale sufficiente per
elaborare un’ipotesi abbastanza ragionevole.

A volte basta pronunciare un «Sai Ram» per vedere scomparire il fantasma
funereo della morte, giunto per carpire i nostri sogni e i nostri progetti.
Baba e’ li’, sempre presente, sempre pronto a rispondere al nostro richiamo.
Se e’ conveniente per noi un’ulteriore concessione di vita, Baba non esitera
‘ a soddisfare le nostre richieste. La devozione e’ il telefono rosso dal
quale si diparte il nostro messaggio. Sul filo di quel telefono corre
l’energia vitale che prolunghera’ la vostra vita o decidera’ per la morte,
se questa portera’ con se’ la liberazione finale dalla ruota delle rinascite
o comunque un beneficio karmico.

Sai Baba e’ indifferente alla morte di chiunque. E’ rimasto indifferente
alla morte del padre e della madre, e’ rimasto indifferente alla morte dei
suoi amici e dei suoi collaboratori piu’ cari. E il motivo e’ molto
semplice. La morte e’ un ritorno a casa. E’ la gioia del ritorno. E perche’
allora dispiacersi se qualcuno finalmente torna a casa?

* La rabbia del devoto *

A qualcuno capita di andare a Puttaparthi e di non essere ricevuti da Sai
Baba. I pellegrini che affollano l’ashram ormai sono sempre alcune migliaia
e per quanto Baba riceva tutti i giorni circa trenta persone, e’
matematicamente impossibile che tutte quelle migliaia di persone che si
danno il cambio ogni quindici giorni possano ottenere un’intervista.

Eppure tutti coloro che vanno da Sai Baba sono stati chiamati. Lui lo ha
affermato:

“Molti saranno i chiamati. Ad alcuni daro’ un incarico particolare. Quando
venite qui non pensate di essere venuti per caso. E’ il Maestro che vi ha
chiamati perche’ alle spalle avete una ricerca particolare che risale alle
vostre vite precedenti”

E se anche si torna a casa indifferenti o delusi o amareggiati, l’incontro
col Maestro avra’ determinato in ciascuno un cambiamento karmico che si
ripercuotera’ sulla nostra ascesa spirituale.

Un indigeno di una sperduta tribu’ dei bassopiani etiopici aveva assaggiato
per la prima volta il cioccolato. Lo aveva gustato, ma senza molto
entusiasmo. Poteva benissimo farne a meno e gratificarsi con i frutti
locali. Ma a distanza di vent’anni quell’uomo ricordava ancora il sapore di
quella tavoletta svizzera. Ne era rimasto apparentemente indifferente, ma
non aveva potuto scordare la sua esperienza e nel momento in cui veniva di
nuovo in contatto con il cioccolato lo riconosceva e ne apprezzava le
caratteristiche.

Immaginiamo quello che puo’ scatenare nel nostro inconscio l’incontro con
una potenza irradiante energia come quella di un Avatar. Forse in quel
momento la nostra coscienza non e’ pronta per recepire alcuni messaggi e il
nostro livello di conoscenza o di levatura spirituale puo’ non essere
adeguato al riconoscimento della Potenza Divina che ci sta davanti, ma
arrivera’ il momento in cui l’esperienza dell’incontro riaffiorera’ dagli
abissi della nostra stessa coscienza.

Quando ci si avvicina ad una fonte di calore non si puo’ non avvertirne la
temperatura. E’ inevitabile, e’ al di sopra del nostro controllo. Chi ha
freddo avvertira’ subito il beneficio di quel calore. Chi e’ riparato da una
grossa cotenna di grasso non potra’ ancora avvertire la differenza di
temperatura. E’ questione di recettivita’. Ne’ si puo’ forzare un individuo
a recepire quello che non e’ ancora in grado di recepire. E’ tempo sprecato.
Non potrete mai insegnare ad un ragazzo ad estrarre la radice quadrata di un
numero se prima non avra’ assimilato il meccanismo delle operazioni
matematiche piu’ elementari.

E non lasciamoci ingannare dalla crosta con la quale veniamo in contatto.
Non e’ tutto oro quello che luccica. Dietro la scorza scintillante di un
individuo si puo’ nascondere un pesante karma o una personalità dissestata o
una psicologia frantumata o un ego grande come una casa.

Nessuno di noi e’ in grado di vedere al di la’ di quella crosta e di
valutare l’intima struttura di un individuo. Noi no, ma il Maestro puo’
farlo. Nulla avviene, tuttavia, a caso. Alle spalle di ogni avvenimento c’e’
una ragione ben precisa e chi vive una certa esperienza scoprira’ qual’e’ il
motivo per cui e’ avvenuto cio’ che e’ avvenuto.

Una coppia di sposi provenienti dall’Italia meridionale ando’ da Baba per
ottenere la guarigione dell’uomo al quale i medici avevano dato soltanto sei
mesi di vita. Il cancro stava devastando quel povero corpo.

Ma Baba non ricevette l’uomo. Forse non lo guardo’ nemmeno negli occhi. E la
moglie, con un’esuberanza tipicamente meridionale, un giorno scoppio’ in una
memorabile sceneggiata. Cerco’ di raggiungere Baba durante il darshan, ma le
“Seva” (volontari di servizio) la fermarono. La donna urlo’, strepito’ e
scalcio’ e ne disse di tutti i colori contro quell’uomo scalzo vestito di
arancione, che diceva di essere Dio, ma non si degnava di guardare suo
marito che stava morendo.

I coniugi partirono senza essere ricevuti, ma un anno dopo erano ancora li’
al darshan del piccolo uomo scalzo, vestito di arancione. Nemmeno allora
vennero ricevuti, ma sei mesi piu’ tardi quelle persone erano ancora una
volta ai piedi dell’uomo che non li aveva nemmeno degnati di uno sguardo. E
finalmente ottennero l’intervista.

“Maestro, io sono venuto per chiederti aiuto. Sono gravemente ammalato, ma
Tu non ti sei nemmeno degnato di guardarmi. Non mi hai ricevuto, non mi hai
parlato, non mi hai nemmeno mai ascoltato. Perche’?”

L’uomo parlava con il cuore aperto, sinceramente, onestamente, umilmente.

” Perché, tu che sei Dio, non mi hai nemmeno degnato di uno sguardo? Tu che
sproni i tuoi discepoli a soccorrere i bisognosi e a svolgere servizi
sociali per amore e soltanto per amore non ti sei nemmeno preso la briga di
fermarti per allungarmi un po’ di vibhuti”.

Questo diceva l’uomo che era di fronte a Baba. E’ questo cio’ che pensano
migliaia di persone che vanno a Puttaparthi, sperando di ottenere quello che
vogliono ottenere al di la’ del proprio karma e delle leggi cosmiche che
governano questa nostra realta’. Tutti noi abbiamo l’impressione di essere
gli unici individui per i quali Dio faccia delle eccezioni, per darci quello
che forse non meritiamo nemmeno. Chi vuole il talismano, chi la guarigione,
chi una vita felice, chi un matrimonio eccezionale, chi i soldi per campare,
chi una vita lunga.

E’ giusto chiedere. E’ un nostro diritto. Siamo al mondo per ottenere la
felicita’ e la conoscenza. Possiamo chiedere, ma non pretendere, perche’ cio
‘ che abbiamo di buono o di cattivo nella nostra vita e’ il risultato delle
nostre vite precedenti, del nostro comportamento passato o presente e non
possiamo incolpare nessuno dei nostri attuali drammi. Scagliarci contro Dio
per incolparlo di cio’ che noi stessi abbiamo costruito e’ sciocco,
meschino, ma soprattutto poco intelligente. Ciascuno di noi ha delle
responsabilita’ precise e ha cio’ che merita di avere.

L’uomo si era sfogato e Sai Baba, molto amabilmente, nonostante la
precedente sfuriata della moglie, rispose:

“Quanta vita ti avevano concesso i medici? Sei mesi! E tu stai sopravvivendo
da un anno e mezzo. Chi credi che ti tenga in vita?”.

Noi, nella nostra limitatezza umana, abbiamo bisogno di segni concreti: uno
sguardo, un tocco, una parola, una rassicurazione e non possiamo immaginare
che il Maestro entra dentro di noi per darci tutto cio’ di cui abbiamo
bisogno, quello che meritiamo e spesso anche quello che non meritiamo.

* La resurrezione *

Parlare di resurrezione del corpo con uno scienziato e’ fiato sprecato. La
nostra mentalita’ si ribella di accettare un fenomeno cosi’ straordinario da
non essere nemmeno contemplato dallo studio della parapsicologia, in quanto
nessun sensitivo al mondo e’ mai riuscito in questa impresa. D’altra parte,
le nozioni scientifiche di cui siamo in possesso non ci autorizzano nemmeno
ad ipotizzare la possibilità di rianimare cellule morte da qualche ora.
Quando poi nei tessuti organici sono gia’ iniziati i processi della
putrefazione la possibilità si allontana ancora di piu’. L’unica certezza
che abbiamo che una cellula sia definitivamente e irrimediabilmente perduta
e’ proprio la sua putrefazione.

L’evangelista che descrive la rianimazione di Lazzaro, indipendentemente
dalla realta’ del fatto, punta sulla putrefazione del cadavere perche’ sa
che quello e’ l’unico segno di morte certa.

Alcuni maestri yoghi affermano che la rianimazione del cadavere comporta un
tale spreco di energie da essere praticamente irrealizzabile, anche se
teoricamente esiste la possibilita’ di ridare vita la’ dove vita non c’e’
piu’.

Rianimare un cadavere già in putrefazione significa ripristinare processi
vitali, rimettere in moto un nucleo messo in tilt da un evento sconvolgente
con tutto il suo patrimonio genetico; ripristinare i collegamenti, le
reazioni biochimiche…

Il discorso e’ lungo e complesso. D’altra parte potremmo prendere in
considerazione la possibilita’ di una ricostruzione cellulare soltanto se
alla morte del corpo sopravvivessero delle cellule primordiali, cellule
pluripotenti come le cellule staminali del midollo, dalle quali si generano
tutti gli elementi che vanno a costituire l’intero sangue, o le cellule
indifferenziate dalle quali ottenere, poi, tutti i tessuti che compongono un
corpo…

Siamo a livello della piu’ delirante fantascienza.

Dopo pochi minuti (e figuriamoci dopo qualche ora, o qualche giorno) anche
le cellule piu’ giovani e forti vanno incontro a danni irreparabili. E per
quanto la scienza usi la massima elasticita’ mentale per ipotizzare la
sopravvivenza cellulare dopo 60 ore di silenzio cerebrale, la rianimazione
del cadavere rimane l’evento piu’ irragionevole che si possa prendere in
considerazione. Eppure…

Due coniugi americani, Elsie e Walter Cowan, si trovano a Madras, invitati
telegraficamente da Baba che aveva provveduto a far loro pervenire il
telegramma in California. La coppia non sapeva, ne’ poteva conoscere, il
vero motivo per cui Baba li invitava a Madras. Lo avrebbero certamente
capito la’, ad eventi accaduti. E’ il 23 dicembre 1971.

Cowan e’ stanco, attribuisce la stanchezza al viaggio, ma in effetti e’ un
diabetico, sofferente di cuore. Non e’ nemmeno in grado di passare la
vigilia di Natale insieme allo Swami per il quale e’ venuto. Durante la
notte accade l’inevitabile.

Cowan cade uscendo dal bagno. Viene chiamato il medico dell’hotel, il quale
non può far altro che constatarne il decesso.

Alle otto del mattino la signora Cowan, accompagnata da una devota indiana,
si reca da Baba per dargli la notizia che durante la notte Walter e’ morto.

“Walter e’ vivo. Torna in ospedale. Verro’ alla 10». Baba era stato
categorico come sempre. Cowan era stato trasportato in un ospedale privato,
dove il medico di turno confermava il decesso gia’ constatato dal collega
dell’hotel.

Alle dieci in punto Baba arriva, entra nella camera mortuaria, strofina il
torace di Cowan e Walter resuscita. Tuttavia le condizioni dell’uomo restano
molto gravi e per altre tre volte muore. Le prime due volte, il 26 dicembre;
la terza volta, una settimana dopo. La moglie che lo assiste giorno e notte
invoca Sai Baba che, istantaneamente, compare per resuscitare l’uomo.

Ventidue giorni dopo il signor Cowan e’ in grado di raggiungere Bangalore.
Lo Swami lo festeggia proponendo una cerimonia nuziale per i due coniugi.
Per l’occasione Sai Baba materializza un grosso medaglione per Walter e i
due anelli nuziali. Le immagini filmate sono state riprese dal dottor Hislop
e fanno parte delle cassette che circolano all’interno dei centri Sai Baba.
E’ infatti il dr Hislop che indaga sulla situazione, ottenendo la
testimonianza dei medici. Riferira’ che, rientrato negli Stati Uniti, Cowan
riprendera’ peso, notera’ la scomparsa definitiva del diabete e di altri
sintomi cardiaci.

Cowan raccontera’ di strane visioni avute durante le ore in cui e’ rimasto
morto.

Raccontera’ di avere visto Baba che lo accompagnava davanti ai Reggenti del
Destino, i quali cominciavano a scartabellare nell’archivio del Tempo,
riportando a galla le sue vite precedenti, per stabilire se l’uomo meritava
di ritornare in vita per qualche tempo ancora.

Questo racconto fatto da Cowan mi stupi’ non poco, perche’ sembrava legato
alla nostra cultura e non a quella indiana, o agli insegnamenti di Baba. In
effetti il dottor Mucunda dichiara di avere indagato personalmente presso
Baba e la risposta non poteva che essere una sola: “In quel momento di
transizione ciascuno di voi vivra’ cio’ che gli e’ stato inculcato
all’interno della propria cultura. Il cristiano avra’ l’impressione che
qualcuno dovra’ controllare il grande libro del destino, i mussulmani si
ritroveranno le Uri’ ad attenderlo, e cosi’ via”

Evidentemente, il corpo rimane ancora legato alla sua anima vitale per tre
giorni, secondo i concetti filosofici antichi. In quei tre giorni e’ ancora
possibile intervenire per riportare vitalita’ alle cellule. Forse, dopo il
terzo giorno questo non e’ più possibile. Ma questa e’ soltanto una nostra
ipotesi.

Quando Cowan morira’, diciotto mesi dopo, quello stesso giorno la moglie
ricevera’ un telegramma da Baba: “Walter e’ arrivato da me. E’ in ottima
forma». E nessuno aveva ancora potuto avvisare lo Swami di quanto era
avvenuto.

L’obiezione che viene spesso sollevata e’ che l’americano non era morto da
tante ore e quindi si poteva ipotizzare una morte apparente. Le sue cavita’
non erano state infiltrate di formalina, come normalmente succede per il
trasporto delle salme fuori territorio, ne’ era stata praticata un’autopsia.
L’intervento di Baba poteva essere stata soltanto una coincidenza che si e’
realizzata nel momento in cui l’uomo riprendeva conoscenza. Oppure Sai Baba,
i cui poteri cognitivi paranormali sono inoppugnabili, aveva previsto la
morte apparente dell’americano e ne aveva approfittato per far credere ad
una resurrezione. A questo punto ogni ricercatore potrebbe avanzare una
qualsiasi ipotesi se non ci fosse la testimonianza del primario medico
dell’ospedale. Erano stati eseguiti dei tracciati elettroencefalografici per
stabilire la morte reale dell’uomo? Si sa, infatti, che, secondo le leggi
internazionali, si puo’ considerare morto un individuo che mostri almeno tre
tracciati elettroencefalografici silenti.

Se la morte dell’americano e la sua rianimazione possono lasciar adito a
ragionevoli sospetti, la storia del signor Radakrishna va a dirimere
qualsiasi dubbio.

Radakrishna si reca a Puttaparthi con la moglie. Desidera vedere lo Swami al
quale deve chiedere una grazia. Da anni soffre di ulcere duodenali
sanguinanti. Soffre terribilmente e in quegli anni non era ancora stato
scoperto il farmaco capace di cicatrizzare le ulcere peptiche.

Una notte Radakrishna comincia a vomitare sangue. Le feci si fanno nere come
la pece. Non c’e’ dubbio, si tratta di emorragia delle alte vie digerenti.
La donna aspetta l’alba e poi corre da Baba.

“Swami, mio marito sta molto male. Ha forti dolori di stomaco e sono
cominciate delle emorragie. Perde sangue come non ho mai visto in questi
anni”

“Non temere, verro’!”. La risposta di Sai Baba ridona speranza alla donna,
che corre trafelata dal marito per rassicurarlo.

“Lo Swami ha detto che verra’. Non ti preoccupare. Porta pazienza!”

Ma Sai Baba non si fa vedere. Il giorno passa così nell’attesa. Radakrishna
peggiora e muore. Gli amici si fanno intorno alla povera donna disperata.

Un infermiere non puo’ che constatare il decesso. Alla fine del primo giorno
gli amici vogliono portare la salma alla cremazione, ma la donna si oppone.

“Baba ha detto che verra’ e io aspetto!”

Passano due giorni e ancora lo Swami non si fa vedere. La donna, tuttavia,
non dispera. La sua fiducia nel divino Maestro e’ così grande, che spera
evidentemente in una rianimazione. Al terzo giorno il cadavere di
Radakrishna comincia ad andare in putrefazione. Il processo e’ abbastanza
rapido. Si e’ in piena stagione estiva e la temperatura supera i 45 gradi
centigradi. La moglie resiste. Gli inquilini del caseggiato sono costretti
ad allontanarsi dall’abitazione per il fetore che emana il cadavere. Alla
fine del terzo giorno compare Sai Baba. Entra nella camera dove e’ custodito
il cadavere ed esce con il signor Radakrishna, vivo e vegeto.

Dopo la rianimazione l’americano dichiarera’ di trascorrere il periodo piu’
bello della sua vita, tanto da desiderare di morire al piu’ presto per
godere della beatitudine che aveva appena assaporato. Radakrishna, invece,
vivra’ ancora sette anni e morira’ di tutt’altra malattia.

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