L’influenza della mente sulla materia – Lynne McTaggart

pubblicato in: AltroBlog 0

L’influenza della mente sulla materia

di Lynne McTaggart

Lynne McTaggart, conosciuta in italia per il suo libro “Il campo del punto zero” – Macro Edizioni
2003 (vedi vetrina a fine articolo) sta facendo un lavoro immane e certosino di raccolta di
esperimenti e evidenze che provano il potere dell’intenzione. Il numero di guarigioni naturali,
dimostra per es. quanto l’autoriparazione e il rinnovamento siano naturali per il corpo umano e
questo accade più facilmente quando il paziente si assume piena responsabilità della malattia e
della cura o, per dirla in altro modo, della vita che conduce. Quel che c’è di nuovo è che la
McTaggart dimostra che non solo il nostro copione ha un effetto evidente sulla condizione in cui ci
troviamo, ma anche il copione che ci facciamo degli altri influenza egualmente la loro condizione.
Non rimane quindi che risolverci ad avere pensieri amorevoli e il più possibile gioiosi!

Per la maggior parte di noi quando si intraprende qualcosa di nuovo, così come quando si affronta un
nuovo anno, si tirano le somme e si considera il nostro viaggio in tutta la sua complessità, ovvero
dove siamo stati e dove stiamo andando. Questo processo dovrebbe cominciare dai nostri pensieri.

Quando la gente sostiene che i pensieri non sono così importanti, mi vengono in mente quei pazienti
cosiddetti terminali i quali, nonostante i manuali di Medicina e le prognosi dei loro dottori,
sconfiggono la malattia praticamente nottetempo, senza l’aiuto della Medicina contemporanea.

L’Institute of Noetic Sciences ha raccolto tutti i casi scientificamente documentati di guarigioni
cosiddette miracolose. Benché l’opinione comune sia che tali casi siano rari, dare una scorsa alla
letteratura medica in proposito è istruttivo.

Un caso su otto di tumore alla pelle guarisce spontaneamente, così come un caso su cinque di tumore
genitourinario. Virtualmente tutti i tipi di malattia – inclusi il diabete, il morbo di Addison e
l’arteriosclerosi, nei quali si suppone che restino irrimediabilmente danneggiati organi o parti
vitali del corpo – sono guariti in modo spontaneo. Una piccola branca della ricerca riguarda i
malati terminali di cancro, che con pochissimo o nessun intervento medico hanno sconfitto la
malattia contro ogni previsione.

Benché tali casi siano etichettati come “remissioni spontanee” – come se improvvisamente la malattia
avesse deciso di nascondersi, ma conservando la possibilità di presentarsi a ogni momento – in molti
casi essi rappresentano un altro esempio della capacità del corpo di auto-correggersi, grazie al
potere dell’intenzione.

Tutti proviamo meraviglia di fronte ai casi di remissioni spontanee (SR), perché anche i più
illuminati tra noi sottoscrivono il paradigma del corpo-come-macchina. Secondo questo modello, ciò
che è rotto resta tale fin quando un bravo meccanico non arrivi con la giusta chiave inglese o il
pezzo di ricambio.

Il numero di SR, da solo, dimostra quanto l’autoriparazione e il rinnovamento siano naturali per il
corpo umano. Casi su casi di remissioni spontanee riguardano persone che si sono trovate dinanzi a
un blocco nella loro vita: stress continuo, traumi irrisolti, conflittualità prolungata, isolamento
marcato, profonda insoddisfazione o muta disperazione (Am J Psychother, 1058; 12: 723). Spesso si
tratta di persone che non sono più protagoniste della propria vita.

Molti casi di remissione spontanea sembrano verificarsi dopo un radicale mutamento psicologico che
ripristina una vita piacevole e dotata di significato. Nella maggior parte dei casi, il paziente si
libera della fonte di angoscia psicologica e si assume piena responsabilità della malattia e della
cura. Ciò lascia pensare che alcune persone si ammalino perché perdono ogni speranza nella vita,
ovvero perché hanno pensieri che non promuovono la salute.

Esse scoprono il significato perduto della vita. Suonano il pianoforte o fanno trekking in Tibet.
Trovano un cammino che li riporta alla loro joie de vivre. Il fatto che la malattia sia curabile
tramite un semplice cambiamento nel modello di pensiero ha implicazioni ancora più profonde: i
pensieri casuali che tutti i giorni attraversano la nostra mente diventano, nell’insieme,
l’intenzione della nostra vita. Se cambiare il nostro “nastro” interiore ci rende capaci di tenere
sotto controllo malattie mortali, è probabile che il copione della nostra vita su noi stessi diventi
la nostra realtà in molti altri modi, meno significativi.

Ma che dire del copione che scriviamo per i nostri cari? Quando pensiamo che nostro marito sia poco
affettuoso o i bambini poco bravi in matematica, stiamo inconsciamente scrivendo il copione per
loro? I nostri pensieri hanno lo stesso effetto sugli altri e su noi?

Lo psicologo William Braud è uno dei pochi scienziati ad aver affrontato questa domanda. Egli ha
raccolto un gruppo di volontari e ha chiesto loro di fare biofeedback su se stessi. Dopo aver diviso
per coppie il gruppo, ha collegato un membro di ciascuna coppia alla macchina per il biofeedback, ma
ha chiesto all’altro partner di rispondere alle letture ed eseguire l’invio di istruzioni mentali.

Secondo i dati di Braud, i risultati erano equivalenti a quelli ottenuti quando il paziente
collegato alla macchina faceva il biofeedback su se stesso. In altre parole, l’effetto
“mente-sopra-materia” dei pensieri dava gli stessi risultati fisici, che si trattasse del corpo del
pensatore o di quello di qualcun altro.

Ciò suggerisce che le intenzioni di un’altra persona su di te, e anche i suoi pensieri quotidiani su
di te, le tue abitudini e le tue capacità, possono tradursi in una profezia auto-realizzantesi,
rivelandosi tanto potenti quanto il tuo “copione” su te stesso. Anche il nostro pensiero casuale
sugli altri, così come il “copione” che abbiamo scritto su di loro, può diventare un’intenzione, e
quindi va gestito con cautela.

La prova più interessante del “pensiero-come-malattia” viene dal lavoro di un team composto da
moglie e marito, la psichiatra Jan Kiecolt-Glaser e il professore di virologia all’Ohio State
University Ronald Glaser. Recentemente, essi hanno condotto un esperimento su 42 coppie sposate, di
età compresa tra i 22 e i 77 anni. Tramite un dispositivo di suzione, hanno creato otto piccole
vesciche sulle braccia dei vari coniugi, monitorando poi la guarigione di tali ferite nelle
successive 24 ore.

All’inizio, alle coppie veniva chiesto di parlare di ciò che avrebbero voluto cambiare nella propria
relazione matrimoniale, sotto l’assistenza di uno psicologo che faceva sì che l’incontro fosse
positivo e costruttivo. Alla seconda visita in studio, alle coppie veniva chiesto di rivivere, in un
certo senso, un litigio che aveva provocato forti emozioni, ma senza l’assistenza di un
professionista.

Studiando i risultati, i Glaser scoprirono che le ferite nella seconda visita impiegavano un giorno
intero per guarire. Nelle coppie litigiose e conflittuali, la guarigione impiegava il 40 percento di
tempo in più.

La produzione di citochina – l’elemento chiave nel sistema immunitario per provocare la guarigione –
intorno alla ferita era molto inferiore quando i partecipanti litigavano con il coniuge che quando
erano sostenuti da un professionista. Inoltre, l’ostilità cronica metteva in circolazione molte più
citochine proinfiammatorie, che potevano condurre a patologie degenerative come malattie del cuore,
diabete, artrite e cancro (Arch Gen Psychiatry, 2005; 62: 1337-84).

I Glaser offrono solide prove biologiche – se ancora ne abbiamo bisogno – del fatto che una persona
circondata da un conflitto psicologico non è sana come una persona circondata da relazioni amorevoli
e di sostegno.

Ciò che i casi di SR suggeriscono, è che i pensieri nostri e di coloro che ci circondano la maggior
parte del tempo ci guariscono o ci uccidono.

Recentemente, ho letto di studi che dimostrano quanto profondamente e rapidamente il cervello altera
le sue funzioni e persino la sua struttura fisica in seguito a certe forme di pensiero: mi riferisco
nello specifico, alla meditazione (Psychosom Med, 2003; 65: 564-70; NeuroReport, 2000; 11:1581-5).
In poche settimane, le persone che pensano determinati pensieri alterano aree precise del cervello.

Ciò che questa ricerca lascia supporre è che il nostro organismo sia una sorta di Play-Doh [pasta da
modellare, NdT] che viene plasmata dai nostri pensieri consci. La consapevolezza forma il nostro io
fisico, e non il contrario. Se nel corso di tutta la vita il cervello può essere fisicamente
trasformato semplicemente grazie a pensieri migliori, altrettanto vale per il resto del corpo.

La remissione spontanea può originare solo dalla plasticità dinamica ed energetica del corpo in
quanto servitore della consapevolezza. Il migliore proposito salutare da ora in poi è
incredibilmente semplice: risolversi ad avere pensieri felici.

Molto è stato scritto riguardo la cosiddetta “personalità del cancro”: in realtà, forse il punto
sarebbe arrivare al cuore del cancro nella tua anima.

Lynne McTaggart è giornalista e autrice del libro bestseller The Field. Il suo ultimo libro è The
Intention Experiment. Inoltre, pubblica varie newsletter sulla medicina alternativa e la
spiritualità. Per ulteriori informazioni: www.livingthefield.com, www.theintentionexperiment.com

L’articolo è stato tradotto per gentile concessione di Lynne McTaggart e Living the field –
Traduzione di Gagan Daniele Pietrini

Condividi:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *