L’ININTERROTTA IMMANENZA DEL VERO
di Antonio Bruno – Edicolaweb
Quando il pensiero dell’uomo si propose di affrontare i temi ultimi dell’esistenza (o “primi”, a
seconda dei punti di vista), il primo, inevitabile passo fu “guardarsi intorno” e, così facendo, far
subentrare al “mito” una riflessione razionale. La filosofia è nata più o meno così.
Il mondo “esterno”, con i suoi molteplici aspetti e fenomeni, suggerì subito, a chi si interrogava
sull’essenza delle cose, che doveva esserci una chiave interpretativa per concepire e definire le
continue variazioni delle stesse. A partire dai fenomeni meteorologici (il ciclo dell’acqua, ad
esempio, che evapora, si trasforma in nubi, pioggia, fiumi, mari…), per proseguire con le
mutazioni cui è soggetto lo stesso mondo vivente (nascita, gioventù, maturità, vecchiaia), è ben
presto stato evidente che, ciò che cambia, è un unico organismo e che tutto, dunque, è sottoposto al
ciclo del “divenire”. L’uomo, a questo punto, si è chiesto: ma che cos’è che cambia? In altre
parole: se esiste, nel mondo, un evidente stato di continua mutazione, esiste, allo stesso modo, una
sorta di “materia primordiale” che possa codificare per il pensiero razionale il concetto di
“Unità”?
Insomma, un primario bisogno del pensiero speculativo umano è stato quello di rintracciare qualcosa
di costante a cui far convergere i numerosi aspetti della pur meravigliosa molteplicità.
È a questo punto che è nata la ricerca di una “sostanza originaria”, concetto elaborato poi da
diverse scuole di pensiero e fatto particolarmente proprio dalle filosofie misteriche che nasceranno
anche sull’onda di questa primaria istanza razionale. La religione dei “misteri”, infatti, con un
riferimento particolare a quella dei misteri “orfici”, nacque per colmare i vuoti che le grandi
religioni pubbliche creavano in merito a ben specifiche esigenze spirtuali, come i concetti di
“purificazione”, “espiazione”, “bene” e “male”. Ma il punto d’unione fra la religione misterica, o
“orfismo”, ed il nascente pensiero filosofico va ricercato proprio nella necessità di strutturare un
complesso epistemologico e cosmologico atto a fornire all’uomo una forma di rapporto “superiore” con
l’universo.
Come ho detto, esigenze primarie di questo percorso del pensiero filosofico furono la ricerca di una
soddisfacente definizione di “sostanza originaria” e la conseguente determinazione di individuare
speculativamente il “movimento generatore delle cose”. È in seno a questo percorso, maturato nei
cosiddetti “tempi classici” , che va rintracciata la genesi della “filosofia occulta”, diretta
filiazione di quei misteri orfici di cui ho parlato poco fa. Già dai primissimi filosofi, la materia
viene concepita come un qualcosa di “vivente” ed “animato” e dobbiamo porre attenzione che tale
concetto si concretizzò in un movimento tipico di questa prima fase di riflessione sul divenire,
ovvero l’ “Ilozoismo”.
La “Scuola Ionica”, poi, partendo dall’osservazione dei fenomeni meteorologici ed astronomici,
svilupperà, per tutto il secolo VI a.C. un tipo di cosmogonia che parte proprio dal concetto
fondamentale della ricerca della “materia primordiale”. Furono Talete, Anassimandro ed Anassimene,
che potremmo definire “scienziati-filosofi” (ma cos’è la scienza senza la filosofia?) ad affrontare
questo percorso di pensiero diversificando così le loro conclusioni: secondo Talete, la materia
primordiale va cercata nell’acqua o comunque nella materia allo stato liquido in quanto è evidente
come la vita intera, sul nostro pianeta, sia strettamente dipendente proprio dall’acqua. Secondo
Anassimene, invece, la materia primordiale è costituita dallo stato gassoso e, in specifico,
dall’aria. Anassimandro, però, si pone fra i due e dice che non è possibile definire una o l’altra
sostanza primordiale in quanto essa si sottrae ad ogni tentativo di limitazione spazio-temporale.
Ecco nascere il concetto di “Infinito”. Da notare come questi concetti siano sorprendentemente
simili ai più recenti sviluppi delle scoperte scientifiche.
È interessante rilevare, a questo punto, come oggi la scienza, man mano che sonda la natura ultima
delle cose, con i suoi metodi e le sue procedure, giunga a conclusioni sorprendentemente simili a
questi antichissimi postulati filosofici.
Leggiamo questo passo del dott. Paolo Lamanna:
«Tanto Anassimandro quanto Anassimene attribuiscono alla materia un eterno movimento, generatore di
tutte le trasformazioni della natura. Anzi, poiché la materia è infinita e il suo movimento è
eterno, essi affermano anche l’esistenza di mondi infiniti, diversi da questo nostro attuale,
sorgenti gli uni sulle rovine degli altri, se non tra loro coesistenti. Quanto poi al modo in cui il
mondo si forma dalla materia primordiale, Anassimandro afferma che il movimento eterno imprime alla
materia “indefinita” delle scosse, che determinano una separazione o differenziazione della qualità
in essa contenute…»
E si era parecchi secoli prima di Cristo, in area Ionica… Ora, estrapoliamo chiaramente, da questo
passaggio, parole come “movimento”, “mondi infiniti”, “coesistenti”, “scosse”, ecc… e vediamo, con
rinnovata sorpresa, come, più di 2.500 anni dopo, la scienza ufficiale e le sue diramazioni più
recenti (dai più ritenute tuttora teoriche) come la Fisica e la Meccanica Quantistiche stiano
giungendo ad elaborare modelli cosmologici profondamente similari alle suddette antichissime
elaborazioni del pensiero filosofico.
Poi, nella seconda metà del VI secolo a.C., iniziò a fiorire la “Scuola Pitagorica”, che fu fondata
dal ben noto Pitagora di Samo, nato a Crotone, in Calabria. Il filosofo diventa sempre più
“filosofo-scienziato”, nella proposizione di definire l’ordine dei fenomeni ed i fenomeni stessi con
una esattezza rigorosa quale solo la “geometria delle cose” pare essere in grado di elaborare
attraverso il “numero”. Il “numero” viene individuato come sostanza primordiale e causa generatrice
dei fenomeni osservabili in rapporto al loro intrinseco, armonico coordinamento.
Pitagora “crea”, pertanto, la “matematica” come scienza del numero, filosofia cosmologica complessa
e semplice al tempo stesso, ma non dobbiamo dimenticare anche un altro aspetto, meno noto, del
Pitagorismo: la musica.
Fu proprio Pitagora che, oltre a fare della musica un prezioso strumento di elevazione spirituale e
morale, ne individua la natura “scientifica”, poiché scopre come gli accordi possono trasformarsi in
numeri e come, attraverso le variabili derivanti dall’altezza delle note nell’ottava, si possa
desumere una precisa legge numerica per cui, in sostanza, il numero è la forza generatrice, la
“sostanza” dell’armonia musicale.
La realtà delle cose, dunque, è essenzialmente “numero”, ed a questo concetto pitagorico si
rifaranno le stesse scienze e filosofie di scuola esoterica, anche se sono del parere che Pitagora
abbia “solamente” riscoperto delle verità ben note, per quanto perdute, da civiltà antichissime
preesistenti e remote già ai suoi tempi.
Ora, il passo successivo del pensiero filosofico – che si riappropriò, attraverso un percorso di
pensiero innato, di consapevolezze appartenenti ad un sapere remoto e del tutto dimenticato – è
prendere consapevolezza e definire i concetti di “realtà” e “apparenza”; in altre parole, rispondere
al quesito fondamentale: ESSERE o DIVENIRE?
Nel divenire l’essere è congiunto con il non-essere, diranno i successivi pensatori; “Tutto scorre,
nulla permane” ed il mondo è in continua trasformazione in un processo nel quale anche noi siamo da
sempre coinvolti.
Ed ecco, per concludere, un altro sorprendente enunciato di questi antichi pensatori che si può
accostare meravigliosamente alle ultime teorizzazioni scientifiche dei nostri tempi:
«Tanto l’universo nella sua totalità quanto ognuno dei singoli oggetti – anche i più piccoli e in
apparenza compatti e stabili – contiene in sé una molteplicità di elementi lottanti fra loro. Nella
lotta è la vita dell’essere. È questa forza che, attraverso il contrasto, unifica il molteplice, il
principio di questa universale e perenne mobilità, è la Sapienza Unica immanente al mondo, che la
fantasia degli antichi raffigurò in Zeus; è il Pensiero (Logos) che tutto governa e tutto penetra.»
Non c’erano telefonini, né computer né satelliti o laser disc. Prendendo consapevolezza dei percorsi
del pensiero umano, così antichi eppure attuali, non possiamo non interrogarci sulla reale immanenza
del “vero”, da sempre, con la nostra vita.
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