L’insostenibile bisogno di unicità della ragione.

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L’insostenibile bisogno di unicità della ragione.

di Elio Occhipinti

Il tema dell’incapacità della ragione dell’uomo di conciliare gli opposti e di ridurre la
molteplicità all’unità è di grande importanza e attualità. Siamo in un’epoca molto particolare nella
quale l’enfasi posta sulla razionalità, sulla libertà delle scelte individuali, sulla capacità di
autodeterminarsi e di raggiungere qualsiasi obiettivo si voglia, si misura con una realtà molto
diversa fatta di conformismo, di indifferenza al cambiamento e di un’acritica accettazione delle
opinioni offerte dai mass media.

Vorremmo anche essere in armonia con tutti e con tutto ma non ci riusciamo, spinte irrazionali ci
inducono ad indulgere al protagonismo e all’individualismo; ci impegniamo perché il mondo sia bello
e buono ma scopriamo quanto costi fatica e di come sia più facile pensare solo ai propri interessi;
ci sforziamo di essere felici e di stare sempre bene ma le paure e la malattia sono sempre accanto a
noi, insomma un mondo pieno di contraddizioni che oscilla da un opposto all’altro.

Non risulta quindi strano che in un’epoca di apparente benessere, di ricchezza di informazione e di
libertà di pensiero stia aumentando sempre più nella nostra vita il senso di irrealtà, di
scollamento e di separazione. Tutto va bene, tutto è possibile, non ci sono risposte sicure e non ci
sono verità onnicomprensive, non riusciamo in definitiva a sentirci coerentemente parte del tutto,
del cosmo e dei sui fini.

Abbiamo l’impressione di essere vittime di un inganno ma senza che la ragione ci aiuti a comprendere
qual è e dove è. Continuiamo a cercare una “via”, una “filosofia”, una “religione”, qualcosa che ci
dia una certezza ragionevole per dare un senso a questa vita così piena di contrasti.

C’è stato chi disperato si è rivolto alla magia, all’occultismo, alle droghe, chi al futurismo e
nelle sue tecnologie, o chi si è convertito all’Oriente e all’interiorità, all’ascesi spirituale e
all’abbandono del mondo in una totale trascendenza, disposti a tutto pur di trovare un mondo pieno
di senso e dove la ragione possa finalmente acquietarsi. Ma queste alternative sono semplicistiche;
trascurano la nostra storia e il modo in cui si è formato il nostro pensiero, inoltre, sollecitano
a rifuggire l’avversità invece che ad approfondirla comprendendo il retroterra culturale su cui
poggia in nostro inquieto modo di vivere per opposti.

Cominciamo questo breve viaggio alla scoperta delle radici di questa vita così contraddittoria
ponendo l’attenzione proprio sul nostro modo di ragionare, perché assurdamente siamo quasi del tutto
inconsapevoli di come il nostro pensiero, e la sua struttura logica, condizioni il modo con cui ci
poniamo di fronte alla conoscenza dei misteri della nostra interiorità e dei misteri del mondo.

LE RADICI STORICHE DEL NOSTRO PENSIERO

La tendenza a pensare per opposti non è una “malattia” recente, è talmente radicata al pensiero
occidentale, a partire dai presocratici, da Aristotele e dal neoplatonismo, attraverso la
scolastica, fino a Kant, a Hegel e alla teoria dell’informazione, che è quasi del tutto impossibile
sfuggire alla sua influenza. È l’ambito culturale nel quale siamo nati, che ci ha formati, il
terreno che ha nutrito la nostra mente e visto che non possiamo sfuggirvi l’unica soluzione è
imparare a conoscerlo.

Ricostruiamo quindi brevemente il modo in cui l’uomo-filosofo greco ha cercato circa tre millenni
fa di avvicinarsi ai misteri della mente e di come le sue ultime risposte hanno condizionano
profondamente il nostro attuale approccio a questo tema.

DIONISO, DIO DEGLI ESTREMI E DEGLI OPPOSTI

La vita appare come continua ricerca di conoscenza, e in questo la vita è un fremito che oscilla
continuamente, nella percezione dell’uomo, tra estremi opposti, contraddittori, oscuri.

La mitologia greca attribuisce questo slancio insondabile a Dionisio, dio della contraddizione,
dell’impossibile, dell’assurdo che si dimostra vero con la sua presenza. Dionisio è vita e morte,
gioia e dolore, estasi e spasimo, benevolenza e crudeltà, cacciatore e preda, maschio e femmina,
desiderio e distacco, giuoco e violenza: la vita nel suo manifestarsi contraddittoriamente e
simultaneamente, fuori e al contempo dentro l’uomo.

Il culto orgiastico di Dionisio è stato per molto tempo indicato esclusivamente come una forma di
liberazione degli impulsi bestiali, sappiamo invece che nell’orgiasmo dionisiaco possono essere
individuati caratteri che si giustificano nella prospettiva di una ricerca di conoscenza: accanto
alla liberazione incontrollata dell’impulso vitale troviamo infatti la rottura contemplativa,
artistica, visionaria, di un distacco conoscitivo.

L’uscir fuori da sé, ossia l’estasi nel significato letterale della parola, libera un sovrappiù di
conoscenza, in altre parole solo rompendo l’individualità è possibile “vedere” quello che i non
iniziati non possono vedere. Questa liberazione dai vincoli dell’individuo sociale, dalle condizioni
della sua esistenza quotidiana portano l’uomo ad un nuovo stato, la mania, la follia. Ovviamente la
follia del saggio e non quella del malato di mente, in altre parole di colui che volontariamente
rompe la sua “normale” e quotidiana coscienza del mondo.

L’esperienza dell’anima e del suo misterioso mondo è incomunicabile, in quanto non può esprimersi
direttamente, e trova nella poesia e nell’arte un’espressione sostitutiva, compensativa. La parola
che non può comunicare le visioni estatiche, può però prepararle, alludervi e forse suscitarle.

L’UOMO VUOLE SPIEGARE

Nello stesso periodo emerge il bisogno di “spiegare” ciò che colgono i nostri sensi e quale sia il
rapporto tra uomo, il mondo fisico, l’anima e il divino. Nasce la Filosofia (VII sec. a.C.), il
tentativo cioè di cogliere e spiegare l’intero, ossia la totalità delle cose, o almeno come
problematica della totalità, attraverso l’intelletto e una delle sue funzioni: la ragione.

Per contrastare il dilagare delle concezioni dei fisici e soprattutto dei sofisti Socrate elabora
una nuova “via” di conoscenza, creando una filosofia che si distingue dalla scienza naturale e dalla
ricerca di dio degli orfici e dei pitagorici. Egli, secondo un conosciuto detto di Cicerone, “portò
la filosofia dal cielo giù sulla terra”.

Socrate non scrisse nulla, perché la filosofia come lui la intendeva non si poteva limitare a
qualcosa di scritto, visto che nessuno scritto può stimolare alla ricerca ma può solo comunicare una
dottrina. In altri termini, la filosofia era vista da Socrate come un dialogo continuo, un esame
incessante di sé e degli altri e non un insieme di teorie preconfezionate. E lo scopo della
filosofia è quello di aiutare l’uomo a venire in chiaro a se stesso, portarlo al riconoscimento dei
suoi limiti e renderlo giusto.

Perciò Socrate prese come suo motto ciò che era scritto sul frontone del tempio di Apollo a Delfi, e
cioè “conosci te stesso”. E “conosci te stesso” e “aver cura di se stessi” non vuol dire conoscere
il proprio nome né il proprio corpo, ma esaminarsi interiormente e conoscere la propria anima, così
come curare se stessi vuol dire non già curare il proprio corpo bensì la propria anima.

“… e invece della intelligenza e della verità e della tua anima, perché ella diventi quanto è
possibile ottima, non ti dai affatto né pensiero né cura? … voi giovani e vecchi, non del corpo
dovete aver cura né delle ricchezze né di alcun’altra cosa prima e più che dell’anima, sì che ella
diventi ottima e virtuosissima.”
Platone, Apologia di Socrate, 29d – 30b.

La cura dell’anima si attua così attraverso il dia-logo, ossia con la ragione che, procedendo per
domanda e risposta, coinvolge fattivamente maestro e discepolo in un’esperienza spirituale unica di
ricerca in comune della verità. Il motto delfico vorrà allora dire, per Socrate, “conosci la tua
anima”, “conosci la tua psyché”, giacché l’uomo, nella sua essenza più profonda, non è altro che la
sua anima.

Socrate non elaborò una logica a livello teoretico, ma fu un formidabile ingegno e nella sua
dialettica si trovano i germi che porteranno a future importanti scoperte logiche.

UN TENTATIVO DI MEDIAZIONE

Platone, da buon discepolo di Socrate, nutrì una marcata sfiducia nel libro scritto, perché questo,
una volta composto, diventa cosa morta, incapace di comunicare il suo messaggio in modo autentico, e
capace di produrre piuttosto l’illusione del sapere che non il vero sapere. Per questo nei suoi
scritti cerca di riprodurre il dialogo socratico, imitandone la peculiarità, e facendo di Socrate il
personaggio protagonista per bocca del quale parla la stessa filosofia.

Platone ha il grande merito di aver ripensato l’intera filosofia greca e ne unificò in superiore
sintesi tutte le istanze. Egli rivoluziona le categorie del pensiero filosofico, con lui
l’opposizione tra sensibile e soprasensibile acquistò una luce tutta diversa e cambiò il problema
della conoscenza; in altre parole creò la categoria dell’immateriale nel quale, secondo in filosofi
successivi, poteva infine essere pensato correttamente il concetto di divino.

Per quel che ci riguarda, abbiamo visto come lentamente la ragione tende ad affrancarsi dal mondo
dell’anima e dal mito, e addirittura lo stesso Socrate condanna le discussioni sui miti perché essi
mancano di coerenza con la ragione.

TUTTO PUÒ ESSERE PENSATO

Arriviamo così ad Aristotele, plaudito maestro di filosofia per le future generazioni dei
razionalisti. Fu certamente allievo di Platone e nei suoi scritti giovanili se ne vede l’influsso,
successivamente però nel tentativo di superare le contraddizioni del maestro configurò una sua unità
di carattere filosofico e dottrinario.

Preoccupazione principale di Aristotele fu quella di trovare degli strumenti mentali necessari per
affrontare qualsiasi tipo di indagine. Con lui prende forma la logica, cioè la forma che deve avere
qualsiasi tipo di discorso che pretenda di dimostrare qualcosa e, in genere, che voglia essere
probante. La logica mostra, quindi, come proceda il pensiero quando pensa, quale sia la struttura
del ragionamento, quali gli elementi di esso, come sia possibile fornirne dimostrazione, quali tipi
e modi di dimostrazioni esistano, di che cosa siano possibili e quando.

LE CONSEGUENZE

Cosa succede quindi con Aristotele? Con il pensiero, educato dalla logica, ci si può occupare delle
realtà sia fisiche (il mondo in cui viviamo) sia di quelle che stanno al di sopra di quelle fisiche
(metafisiche).

Quali però le conseguenze di questo sistema. La logica aristotelica diverrà, nei paesi
“occidentali”, il fondamento delle nuove logiche dell’età moderna e con essa si stabiliranno anche
le basi dei sistemi di insegnamento della scuola, vedi la scolastica di S. Tommaso. Non ce ne
rendiamo facilmente conto, proprio perché siamo nati, cresciuti ed educati all’interno di questo
sistema di pensiero, ma proprio grazie a questa scelta educativa oggi è possibile vivere e
comunicare con le persone che ci circondano.

Ad esempio, quello che è stato scritto in questo articolo, risulta a voi comprensibile proprio
perché condividiamo la stessa struttura logica del pensiero; un cinese, educato ad un altro sistema
di pensiero, incontrerebbe delle difficoltà enormi a comprendere il significato di certi concetti e
dell’uso che ne facciamo.

Nel bene e nel male, quindi, siamo figli di Aristotele e dobbiamo accettare il fatto che il suo modo
di concepire il mistero della vita e dell’uomo ci ha indotto a pensare che questo sia conoscibile
grazie alla ragione.

LA NECESSITÀ DELLA RAGIONE

Ma perché l’umanità, e in particolare l’uomo greco, sentono il bisogno di delegare esclusivamente
alla ragione il nostro modo di percepire il mondo? Leggiamo cosa dice Nietzsche a questo proposito
nel Crepuscolo degli idoli:

“Se si sente la necessità di fare della ragione un tiranno … non deve essere piccolo il pericolo che
qualche altra cosa si metta a tiranneggiare. A quel tempo si indovinò nella razionalità la
salvatrice… Il fanatismo con cui tutto il pensiero greco si getta sulla razionalità tradisce una
condizione penosa; si era in pericolo, non c’era una scelta; o andare in rovina o … essere
assurdamente razionali. … Ragione = virtù = felicità significa solamente: si deve imitare Socrate e
stabilire in permanenza contro gli oscuri appetiti una luce diurna, la luce diurna della ragione. Si
deve essere saggi, perspicui, chiari a ogni costo; ogni cedimento agli istinti, all’inconscio, porta
a fondo…”

Quindi il pericolo viene dalle passioni, dagli istinti, dall’assenza di riferimento, dal mistero
insondabile della vita, dal caos. Non è più importante cercare la verità ma attestare il dominio del
sapere sulle passioni e della ragione sugli istinti, ragionare equivale a proteggersi, conquistare
un territorio, un orizzonte, un confine un luogo dove sentirsi sicuri e tenere lontano da noi tutto
il resto. Ecco dove nasce l’opposizione, la duplicità, la contrapposizione.

Cosa possiamo concludere a questo punto? Certamente si sbaglia a condannare la ragione, ad
identificarla come la nemica che ci impedisce di raggiungere la serenità e l’armonia. Da ciò che
abbiamo detto, dovremmo comprendere come la sua funzione sia quella di proteggerci dal caos che vive
dentro e fuori di noi, da quella follia che ben conoscono gli artisti ispirati e gli illuminati.

C’è veramente il rischio di perdersi e in molte vie spirituali è proprio questa la prima
iniziazione: trasmettere la consapevolezza che l’individualità non è essenzialmente unità ma
duplicità, persino doppiezza. Pertanto conoscere come funziona la nostra mente ci può aiutare a
smuovere un po’ le opposizioni e le contraddizioni che ci appartengono, in modo da essere meno
prigionieri e più capaci di usarle ai nostri fini di ricerca e di comprensione della vita e dei suoi
misteri.

ELIO OCCHIPINTI

Psicologo e psicoterapeuta, fondatore nel 1985 dell’Istituto Kuan, è stato fra i primi a introdurre
in Italia le metodiche di medicina e salute orientali.

Autore di opere di argomento psicologico e relative alla cultura e alla medicina cinese, svolge
altresì l’attività di docente di Medicina Psicosomatica e Psicologia della Comunicazione in corsi
ECM.

E’ presidente dell’IFE – Istituto di Formazione Europeo a cui fanno capo La scuola di Naturopatia e
La Scuola di Consulenza Filosofica.

LETTURE CONSIGLIATE

– Umberto Galimberti, Gli equivoci dell’anima, ed. Feltrinelli

– Pierre Hadot, Esercizi spirituali e filosofia antica, ed. Einaudi

– James Hillman, Il sogno è il mondo infero, ed. Adelphi

– Salvatore Natoli, Parole della filosofia, ed. Feltrinelli.

PER INFORMAZIONI

IFE – Istituto di Formazione Europeo
Via Vallazze, 82 – Milano
tel. 02 – 26.66.166
segreteria@ifeformazione.it
www.ifeformazione.it

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