Le Chiavi Mistiche dello Yoga
di Guido Da Todi
Capitolo 35:
– L’IPERCONSCIO: CHE COSA È? –
Di solito la ricerca psichiatrica non è così pertinente al termine
iperconscio. Ha rintracciato delle pulsioni liberatorie nell’uomo, una
specie di orizzonte soggettivo da cui proviene un magma di forze luminose,
che essa stessa stenta a codificare. Guarigioni impreviste, espressioni del
genio; o, piuttosto, qualcosa che sfugge alle semplici leggi coordinate
dell’energia umana.
L’iperconscio fa comunque parte della terminologia di un vertice di ricerca
medico-scientifica all’avanguardia, che viene guardato con un certo
sospetto dall’accademia media della classe psichiatrica e psicologica.
Si tratta di quelle ricerche che si occupano, ad esempio, delle migliaia
esperienze trascendentali (del tutto simili una all’altra) dei coma
post-mortem. O, piuttosto, dello stato che segue quelle esperienze,
durante il successivo periodo di vita, e propone a chi le ha provate una
specie di mutazione soggettiva, sempre spirituale e sovrannaturale.
L’iperconscio è anche studiato e seguito nelle analisi che si occupano di
provocare una terapia di trance, oppure ipnosi medica. In tali casi, si è
venuto, oggi, a creare un enorme archivio di qualità sensoriali,
espressive, immaginifiche che vengono estratte fuori dall’individuo
esaminato; qualità che rasentano – se non se ne identificano – l’arte pura.
Il discorso si fa diverso quando lo studioso penetra nel vasto
ambito delle religioni-filosofie storiche. Ove il termine iperconscio è
senza dubbio diretto alla zona pregiata che attornia la Coscienza Superiore
dell’uomo.
Difatti, è proprio tale viva placenta che stimola un profondo e radicale
mutamento dell’uomo, tale da far considerare l’esistenza del fenomeno non
solamente qualcosa di reale e di sottilmente pertinente alla sua natura, ma
addirittura di natura del tutto sublimale.
Si divide, quindi, il superconscio in due strutture ben identificabili. La
prima è forse più connessa alle migliori esperienze remote dell’uomo
(reincarnazione, ereditarietà?). Tutto ciò che risulta da esperienze
positive del passato si codifica nel suo DNA spirituale ed emerge come
contrappunto e perno di resistenza alla sua natura più ombrata.
Ma, ciò è qualcosa – tuttavia – che attiene alle sue possibilità, ai suoi
sforzi, alle sue esperienze individuali e volute.
L’iperconscio diviene un vero e reale mistero nel suo secondo aspetto:
quando l’uomo è considerato e studiato come un componente della più ampia
natura di cui fa parte.
Si è abituati a ripetere concetti sublimali che tendono a rappresentare
l’individuo come parte inestricabile di un tutto.
Se si insistesse sperimentalmente nello sviluppo di questi concetti ci si
troverebbe di fronte ad un baratro luminoso che sbalzerebbe l’iperconscio
di cui si sta trattando in una dimensione ancora oggi inconcepibile.
In tal caso il sovrano movimento delle cose tutte, che tende
per sua natura a tracimare e frammentare sempre ogni coagulo
formale per aromatizzarne all’infinito l’essenza intima
apparirebbe come fondamentale protagonista della qualità di cui si tratta.
Se – come risulta ad ogni ragionamento filosofico – il male, la non
conoscenza, il dolore esistono nello stridore della materia, nel coagulo
dell’essere tridimensionale, ecco che la brezza che solca ogni onda
individuale e ne allinea i ritmi verso l’oceano libero dell’esistenza
totale costituisce la leva che delinea e mette in evidenza un iperconscio
cosmico, sempre più privo di resistenze e di chiusure.
L’uomo di conseguenza – unito sperimentalmente ad ogni cosa – spezza i
confini del suo io ed acquisisce le facoltà interiori di quell’universo
privo di limiti, che diviene così il serbatoio innato e senza descrizioni
compiute della propria esperienza soggettiva.
Si è parlato di questa esperienza come di una mutazione; di qualche cosa
che trascende l’abituale stereotipo dell’uomo.
Uno stato di cose che, proprio per avere un impatto diretto con il
movimento innato dell’essere, e nulla più porta come risultato l’amore
infinito (che è amplesso incondizionato e verace).
Ma che porta anche la vasta esperienza sovrannaturale che appartiene agli
uomini liberati; quella che li rende onnipresenti (poiché oramai uniti per
sempre a ciò che era disunito da loro); che li rende onniscienti (oramai
fusi con ogni tipo di obiettivo precedente).
È ovvio che esiste – nell’iperconscio di cui si parla – una complessa e
graduale scala di sviluppi espressivi dello stesso, in tutti noi.
Tuttavia non lo si potrà portare alla luce – a detta di ogni religione
illuminata e di ogni antica e sovrana filosofia del metafisico – se non
quando si avrà compreso che esso è semplicemente la spinta cosmica innata,
riconosciuta quale componente di ogni uomo che ha realizzato l’unità delle
cose in sé stesso.
(Guido Da Todi)
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