ll paradosso del riarmo: la vera sicurezza nella prospettiva della Bhagavad-gita e degli Yoga Sutra

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ll paradosso del riarmo: la vera sicurezza nella prospettiva della Bhagavad-gītā e degli Yoga Sūtra

di Andrea Boni (Anantadeva das)

Nella società contemporanea, assistiamo a una crescente retorica che giustifica il riarmo come strumento di pace. La tesi diffusa è che un esercito più forte e armamenti più avanzati possano dissuadere i conflitti e garantire la sicurezza. Tuttavia, questa visione è profondamente fallace: investire nel riarmo è come cercare di spegnere un incendio versandovi sopra benzina. La Bhagavad-gītā e gli Yoga Sūtra di Patañjali ci offrono una prospettiva completamente diversa, fondata sulla centralità del Principio Assoluto (Dio, Ishvara, Bhagavan, Krishna, o comunque vogliamo chiamare un Principio Causa di tutte le cause) e sulla pratica della non-violenza (ahiṃsā) come via per una pace autentica e duratura.

La Bhagavad-gītā e la pace Vera: Il principio Assoluto al Centro
Nel capitolo 5, verso 29 della Bhagavad-gītā, Śrī Kṛṣṇa afferma:

bhoktāraṁ yajña-tapasāṁ
sarva-loka-maheśvaram
suhṛdaṁ sarva-bhūtānāṁ
jñātvā māṁ śāntim ṛcchati

“Colui che Mi riconosce come il beneficiario ultimo di tutti i sacrifici e le austerità, il Signore supremo di tutti i pianeti, e l’amico più sincero di tutti gli esseri, ottiene la pace.” (Bhagavad-gītā 5.29)

In questo verso, Śrī Kṛṣṇa indica chiaramente la via per la vera pace (śānti): riconoscere il Principio Assoluto come centro della nostra esistenza. La pace non può essere costruita con la paura o con la minaccia, ma solo riconoscendo la relazione armonica tra l’essere umano e la realtà trascendentale.

Il riarmo, invece, parte da un presupposto opposto: la diffidenza reciproca, la paura e la competizione per il dominio materiale. Accumulare armi non risolve i conflitti, ma li intensifica, perché rinforza l’immagine del nemico, alimenta la sfiducia e rende il dialogo impossibile. Quando le nazioni si armano, la tensione cresce, e il rischio di guerra diventa un’inevitabile conseguenza del clima di sospetto e rivalità.

Si potrebbe obiettare: ma come mi citi la Bhagavad-Gita facendo riferimento ad un tema di riarmo e di guerra? Chi dovesse sostenere che la Bhagavad-gītā giustifichi la guerra spesso si basa su una lettura superficiale del testo. È vero che il dialogo tra Śrī Kṛṣṇa e Arjuna avviene sul campo di battaglia di Kurukṣetra, ma il messaggio della Gītā non è un invito alla violenza, tutt’altro! È un insegnamento sul Dharma, sullaCompassione, sulla Giustizia e il dovere interiore.

La “guerra” descritta nella Bhagavad-gītā, ritenuta storica secondo molti studi, oltre ad essere totalmente diversa dalle guerre di potere attuali, è altresì altamente simbolica e rappresenta il conflitto tra il dharma (rettitudine, giustizia) e l’adharma (ingiustizia). Arjuna non vuole combattere non perché sia pacifista, ma perché è sopraffatto da attaccamenti emotivi e dubbi morali. Śrī Kṛṣṇa non gli dice di combattere per brama di potere o per vendetta, ma perché è suo dovere resistere all’oppressione e proteggere il dharma.

Tuttavia, questo insegnamento non si applica in modo generico a qualsiasi guerra umana moderna. La Bhagavad-gītā non legittima il riarmo né la competizione per il dominio materiale (egemonia finanziaria, sfruttamento di territori e di risorse, distruzione di città e villaggi, sopraffazione della popolazione, ecc.). Anzi, il suo messaggio profondo è che la vera pace non si ottiene con la violenza, ma con la realizzazione spirituale. Il verso 5.29, che poniamo al centro di questa riflessione, ci insegna che solo riconoscendo il Principio Assoluto, Bhagavan Shri Krishna, come fondamento della nostra vita possiamo raggiungere la Pace – śānti – , la pace autentica.

Il riarmo di oggi non ha nulla a che vedere con la battaglia di Kurukṣetra, perché non nasce da un dovere sacro, ma da paura, diffidenza e desiderio di supremazia e di potere economico-finanziario. Se davvero volessimo applicare gli insegnamenti della Bhagavad-gītā al nostro tempo, dovremmo invece impegnarci a costruire una società basata sulla compassione, sulla giustizia, sulla cooperazione e sulla non-violenza consapevole.

La non-violenza (Ahiṃsā) negli Yoga Sūtra

Patañjali, negli Yoga Sūtra, elenca ahiṃsā (la non-violenza) come il primo e più importante tra i cinque yama (principi etici fondamentali dello yoga). Nel Sūtra II.35 egli afferma:

ahiṃsā-pratiṣṭhāyāṁ tat-sannidhau vaira-tyāgaḥ

“Quando un individuo è fermamente stabilito nella non-violenza, in sua presenza cessano tutte le ostilità.” (Yoga Sūtra II.35)

Questa è una verità profonda e rivoluzionaria: la pace non si raggiunge con le armi, ma con l’abbandono della violenza in ogni sua forma. La non-violenza non è solo l’assenza di guerra, ma un atteggiamento interiore di rispetto, ascolto e compassione verso tutti gli esseri.

Nel contesto della politica e della sicurezza internazionale, ahiṃsā non significa passività o sottomissione, ma la costruzione di un ordine basato sulla giustizia, sulla comprensione reciproca e sulla soddisfazione dei bisogni di tutti. Il vero deterrente alla guerra non è il possesso di armi, ma la capacità di creare relazioni fondate su fiducia e valori condivisi.

L’Illusione della sicurezza basata sulle armi

Uno degli argomenti più diffusi a favore del riarmo è il concetto di deterrenza: se un paese è ben armato, i suoi nemici non oseranno attaccarlo. Tuttavia, la storia dimostra che questa teoria è fallace. L’accumulo di armi ha sempre portato a un’escalation delle tensioni, non alla loro riduzione. Durante la Guerra Fredda, ad esempio, l’aumento delle armi nucleari da parte di Stati Uniti e Unione Sovietica non ha garantito la pace, ma ha portato il mondo più volte sull’orlo della distruzione, oltre a creare tensioni e insicurezze economiche.

Il riarmo si basa sulla paura, mentre la pace autentica nasce dalla consapevolezza. La paura genera divisione e aggressività, mentre la consapevolezza porta al dialogo e alla comprensione reciproca. Questo è il punto centrale del messaggio della Bhagavad-gītā e degli Yoga Sūtra: la vera sicurezza si trova solo in una coscienza orientata verso il bene comune e il rispetto dell’altro.

Dal conflitto al dialogo: La Via del Dharma

L’approccio della Bhagavad-gītā e dello yoga non è utopico, ma estremamente pratico. La storia mostra che i conflitti si risolvono solo attraverso il dialogo, la negoziazione e il riconoscimento dei bisogni reciproci.

Se si vuole costruire una vera pace, occorre un cambiamento di paradigma:

Dal riarmo alla fiducia reciproca
Dalla competizione alla cooperazione
Dalla paura alla consapevolezza
Dal dominio al rispetto dell’altro
Dal materialismo al riconoscimento di un principio spirituale universale

Investire nel riarmo è una strategia miope e distruttiva, che alimenta il ciclo della violenza invece di spegnerlo. La Bhagavad-gītā ci insegna che la pace non si ottiene con le armi, ma con la centralità del Principio Assoluto nella nostra esistenza, che porta naturalmente all’equilibrio, alla giustizia e alla soddisfazione dei bisogni di tutti. Gli Yoga Sūtra ci ricordano che la vera sicurezza nasce dall’ahiṃsā, dalla rinuncia alla violenza in ogni sua forma.

Per costruire un mondo pacifico, dobbiamo smettere di credere che le armi ci proteggano e iniziare a investire nell’educazione, nella comunicazione empatica e nella creazione di relazioni basate sulla fiducia e sui valori spirituali. Solo allora potremo veramente dire di aver costruito la pace.

da FB

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