LO SPECCHIO DI CAGLIOSTRO

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LO SPECCHIO DI CAGLIOSTRO

di Antonio Bruno
per Edicolaweb.net

Alcuni ermetisti che vissero a cavallo fra il XIX ed il XX Secolo, riprendendo una tradizione più
antica, descrissero un metodo di “veggenza” noto fin dai tempi classici e, molto probabilmente,
ancora più remoto. Tale metodo consiste nello stimolare le doti di “visione interiore” di un
soggetto attraverso le superfici riflettenti, dall’acqua agli oggetti luci, agli specchi.

Tornando ai secoli suddetti, Giuliano Kremmerz, in particolare, noto ermetista-occultista che in
realtà si chiamava Ciro Formisano (sue opere più famose: “Opera Omnia”, “La Porta Ermetica”, “I
Tarocchi”) mise a punto un sistema di veggenza che chiamò “Lo specchio di Cagliostro”. Bella
definizione, di quelle che stimolano la fantasia di autori di romanzi gotici… Però, al di là delle
definizioni, è interessante soffermarsi a considerare come Kremmerz suggeriva di utilizzare lo
“specchio di Cagliostro”.
Secondo lui, era opportuno appoggiarsi ad un sensitivo/a che fosse giovane, in virtù della maggior
predisposizione verso la “percezione” di coloro che si trovano in una determinata fascia d’età,
grossomodo individuabile fra i 12 ed i 17 anni.
Tale scelta trova precise motivazioni negli assunti del sapere esoterico, in quanto corrisponde ad
una fascia della vita in cui, come si dice in gergo, si stanno “affinando i corpi sottili”.
Tra l’altro, questa consapevolezza presta purtroppo il fianco alle insinuazioni più spiacevoli e
pesanti, soprattutto al giorno d’oggi, epoca di terribili manifestazioni di sopraffazione verso
giovani e giovanissime vittime di una sessualità maschile che pare aver perso la cognizione della
propria identità. Ma noi vogliamo essere più lungimiranti e non abbiamo alcuna intenzione di cadere
nel primo inciampo che ci si presenta davanti. Se esso potrà far comodo ai soliti detrattori
maliziosi, per noi è importante andare più a fondo, e studiare la vera essenza di un fenomeno.

Il Kremmerz, dunque, che fondò tra l’altro la “Scuola Terapeutica di Miriam” rifacendosi ad antiche
tradizioni esoteriche del mondo egizio, definiva un soggetto adatto alla visualizzazione tramite lo
“specchio di Cagliostro” con il nome indicativo di “lucido”. Questo termine descrive abbastanza bene
il concetto che vuole esprimere: l’individuo che si appresta a percepire altri livelli di
manifestazione in dimensioni del profondo sepolte in noi o, comunque, collaterali al piano
materiale, è “lucido”, ovvero “pulito”, riflettente proprio come uno specchio.
Le interferenze con bagagli dell’inconscio o del subconscio sono ridotte al minimo proprio per la
giovane età del soggetto ed inoltre esso è ancora vicino a quell’epoca della vita in cui la
percezione del “reale” è più sfumata.
In altre parole, L’Alice che viaggiava nel Paese delle Meraviglie, è un’ottima metafora del “lucido”
di Kremmerz. Un apparato esteriore (luce di candela, brocca di cristallo posta su panno bianco,
ecc…) poneva il soggetto nelle condizioni migliori per tentare il “viaggio”.
Oggi sarebbe facile parlare di autoipnosi.

Ma, a prescindere dal fatto che ritengo non ancora del tutto esplorato, definito e compreso
l’insieme di peculiarità che costituiscono l’ipnosi stessa, quanto pare accadere, in seguito ad un
forte stato concentrativo durante l’utilizzo dello “specchio di Cagliostro” o di procedure similari,
sembra avere tutte le caratteristiche di un “salto dimensionale” in cui ci si affaccia,
probabilmente, ai primi livelli extramateriali della struttura stratificata della realtà.
Gli esoteristi, prima, i Teosofi, poi, nonché tutta una gamma di scuole più o meno esoteriche, hanno
cercato di definire con termini specifici questi vari “piani” della coscienza, o meglio, livelli
attraverso cui può scivolare la nostra consapevolezza. Ecco, allora, che troviamo termini un po’
fantasiosi ma molto efficaci, come “piano eterico”, “piano astrale”, “piano mentale”, ecc…, con
tanto di sottolivelli e gradualità varie.

Io, però, non mi fermerei al secondo inciampo, quello, appunto, di farsi fuorviare troppo dalla
terminologia, e cercherei, invece, di cogliere la sostanza del fenomeno ed il filo conduttore di
concetti che mi paiono tuttora molto interessanti. Quello fondamentale è che, inseriti come siamo in
una realtà “plastica” fatta di vari piani di coscienza, riflessi a loro volta, di altri stati
dell’essere, sia possibile, attraverso percorsi specifici, “attraversarli” ed operare, in
definitiva, un rendéz-vous più o meno profondo con quanto in essi si “trova”.
E non è facile tracciare i limiti oggettivi di queste esperienze. Siamo assediati da costrutti in
varia misura procedurali o, se si preferisce, “ortodossi”.
La psicologia, la psicanalisi, lo studio neurologico del cervello ci propongono tutti i loro codici
interpretativi ma la verità è che, a mio parere, non sappiamo ancora nulla di definitivo del campo
complesso e variegato degli stati di coscienza.
C’è chi ha cercato di comprendere qualcosa di più preciso attraverso l’uso di sostanze stupefacenti;
ma anche questa è “una strada”, pericolosa e non l’unica, per “aprire le porte”.

La scienza più tradizionalista, quella di stampo prettamente antropomorfico sia pure in questioni
relative alla psiche, è fermamente convinta che tutto si riduca a funzioni del cervello e che sia
questo organo, composto per la maggior parte di “collegamenti elettrici”, o neuronali, a determinare
ogni più piccolo ambito esperienziale della nostra mente.
Come si diceva altrove, per questo tipo di concezione, la “mente” è solo un prodotto del cervello e
si adduce come prova evidente di questo il fatto che un cervello lesionato o non in grado di
“funzionare” regolarmente inibisce qualsiasi tipo di corretto rapporto con la “realtà”. Io, invece,
cosa volete, sono convinto che il nostro cervello sia, in un certo senso, come una sorta di
decodificatore, o apparecchio radio, se preferite: basterà perdere la giusta sintonia, per captare
altre “stazioni”, magari confusamente, fra il gracchiare delle interferenze…

Per tornare allo “specchio di Cagliostro”, Kremmerz ne parlava come di un’esperienza alla portata di
tutti anche se, saggiamente, non assicurava la perfetta riuscita in ogni caso…
Necessario una camera tutta per sé, un tavolino, una candela, un panno bianco su cui porre una
brocca di cristallo riempita di acqua limpida (il cristallo e l’acqua pura hanno una certa
importanza nella procedura) ed una certa capacità di concentrazione.
La candela era posta dietro la brocca ed il soggetto doveva concentrare tutta la sua attenzione
sulla fiammella che traspariva attraverso l’acqua. Ad un certo punto, variabile fra i cinque minuti
e la mezzora, dapprima lateralmente e poi sempre più diffusamente, potevano apparire delle
“immagini”.
Ora, risparmiatemi le spiegazioni a base di “cristallino oculare”, “nervi ottici stanchi”,
“rifrazione”, ecc… saranno senz’altro fattori importanti, ma noi non siamo scienziati e stiamo
cercando di fare una nostra personale ricerca…

Le scuole esoteriche credono in diversi “piani di esistenza”, i quali sono “abitati” da vari
“esseri”, coscienti e non. Vi si possono trovare i residui dei nostri pensieri, le nostre pulsioni
vitalizzate dall’intensità stessa con cui sono state emesse. Possiamo incontrare le creazioni
soggettivizzate delle nostre fantasie e possiamo, anche, entrare nei mondi costruiti da miriadi di
forze-pensiero umano. Ma, oltre a questo, è anche possibile fare un “salto di qualità”, ed
incontrare, magari, forme di intelligenza peculiarmente diverse dalla nostra, o, ancora, entità
fittizie che vivono una vita effimera sorrette da un'”energia-pensiero” che durerà fino a che non si
esaurirà. Anche noi, in effetti, siamo dei “creatori” e le nostre creazioni, lungi dal disperdersi
nel nulla (nulla si crea e nulla si distrugge) vanno a popolare i piani “plastici” che ci
circondano, anche se quest’ultima espressione è puramente indicativa.
Del resto, come ogni cosa, noi viviamo in “universi” in continua creazione: siamo creati e creatori
al tempo stesso ed il problema fondamentale, più che altro, qualora ci si trovi a confrontarci con
le più profonde domande esistenziali, è chiedersi non tanto “chi” è Dio, ma di “quale” Dio noi siamo
il “pensiero”. Ecco qui un ambito speculativo in cui potremmo trovare interessanti spunti di
confronto con il Buddismo il quale ha da sempre postulato il nostro mondo come una “produzione” del
pensiero di Dio.

Dio ci sogna? Dio ci pensa? E noi, di quanti altri universi siamo gli Dei…?
Quest’ordine di considerazioni ci potrebbe condurre lontano, lo so…
Ma questo concetto di più “piani plastici”, interagenti con gli psichismi che li strutturano, mi
sembra la chiave più plausibile (al di là dei vari slalom fra religioni, filosofie, epistemologie,
ecc…) per interpretare i tanti perché che da sempre assillano lo spirito umano.
Inoltre, come ho detto altrove, i cosiddetti “mondi di leggenda” creati proprio dalla nostra
fantasia (ma cos’è, poi, veramente, la fantasia…?), potrebbero ormai essere “autonomi”, avere un
proprio piano di esistenza e seguire, in una sorta di automatica consequenzialità, un proprio
percorso evolutivo.
È anche probabile che fra tali “mondi” ed il nostro vi possano essere delle interazioni, il più
delle volte esplicantesi sul piano psichico e se di tutto questo l’ufficialità scientifica potrà
farsene grasse risate, a me piace immaginare un piano di esistenza popolato da esseri boriosi e
tronfi… Potremmo chiamarlo “Il piano degli pseudosaggi”…
L’intelligenza, per noi, viene filtrata da quell’organo eccezionale che è il cervello ma nessun
cervello artificiale, che la tecnologia umana sarà in grado di creare in un futuro non so quanto
lontano, potrà sviluppare la capacità di “creare” come fa la nostra mente. Almeno credo.
Se così non fosse, preferisco non immaginare gli scenari che ne potrebbero nascere.

assgraal@katamail.com

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