Lo stato vegetativo, la matematica e la mente nascosta

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Lo stato vegetativo, la matematica e la mente nascosta

17 ottobre 2014

Una complessa analisi matematica dei tracciati EEG suggerisce che alcuni pazienti in stato vegetativo potrebbero essere in grado di rispondere a livello mentale alla richiesta di immaginare qualcosa, nonostante la completa impossibilità di reazioni comportamentali. La scoperta potrebbe migliorare le valutazioni cliniche e aiutare a identificare i pazienti potenzialmente in possesso di coscienza (red)

lescienze.it

E’ possibile individuare le tracce di una qualche forma di coscienza “nascosta” nell’elettroencefalogramma (EEG) di pazienti in stato vegetativo permanente?

Forse sì, almeno in qualche caso, secondo quanto riferisce su “PLoS Computational Biology” un gruppo di ricercatori dell’Università di Cambridge che hanno sottoposto a una sofisticata analisi matematica i tracciati elettroencefalografici ad alta densità (hgEEG) di 32 pazienti caduti in uno stato vegetativo o di minima coscienza, per confrontarli con quelli di un gruppo di soggetti in buona salute.

La ricerca potrebbe migliorare la valutazione clinica e aiutare a identificare i pazienti potenzialmente in possesso di coscienza o tracce di coscienza “nascosta”. Tuttavia, per cogliere correttamente il significato dello studio bisogna anzitutto ricordare che lo stato vegetativo e lo stato di minima coscienza non vanno confusi con il coma, da cui si distinguono per una serie di caratteristiche (per una specificazione delle differenze fra queste condizioni si veda qui www.salute.gov.it/portale/temi/p2_6.jsp?lingua=italiano&id=1831&area=statiVegetativi&menu=vuoto ).

I recenti progressi nella comprensione, sia pure molto parziale, dei correlati neurali della coscienza suggeriscono che essa richieda l’esistenza di un equilibrio dinamico nello scambio di informazioni fra reti di neuroni integrate fra loro e altre reti non integrate appartenenti a differenti regioni del cervello.

Nel nuovo studio Srivas Chennu, Tristan A. Bekinschtein e colleghi hanno analizzato i tracciati EEG ad alta densità (che prevedono 128 canali di registrazione dell’attività elettrica del cervello) per identificare la presenza di correlazioni nell’attività e nel tipo di ritmo delle onde cerebrali prodotto dai circuiti delle diverse aree del cervello. Per riuscire a estrarre questi schemi di attività, i ricercatori sono ricorsi alla tecniche della teoria matematica dei grafi.

L’analisi della connettività fra reti ha mostrato che nei pazienti con alterazione dello stato di coscienza – sia vegetativo sia di minima coscienza – la rete delle connessioni relativa alle onde alfa (tipiche di uno stato di veglia a riposo) era ridotta, spazialmente limitata e a corto raggio rispetto ai soggetti sani.

Gli schemi di correlazione per le onde delta (tipiche dell’addormentamento) e theta (sonno profondo) sono risultate invece altrettanto articolate – se non più – di quelle dei soggetti sani, anche se differenti, suggerendo che in questi pazienti “ci potrebbe essere un certo grado di riorganizzazione, piuttosto che di mera disorganizzazione, delle reti del cervello”.

La sorpresa è venuta però dall’analisi dei tracciati registrati quando è stato chiesto ai soggetti dello studio – sia sani sia in stato alterato di coscienza – di immaginare una partita di tennis. Per definizione, una persona in stato vegetativo permanente non dovrebbe rispondere ad alcun tipo di comando, mentre un paziente in stato di minima coscienza può anche rispondere, sia pure in modo minimale, a semplici richieste come quella di chiudere gli occhi. (La conferma che la risposta non sia casuale richiede prove ripetute).

I ricercatori hanno visto che in alcuni dei pazienti in stato vegetativo, subito dopo la richiesta di immaginare la partita gli schemi di connettività rilevati dall’analisi matematica sono risultati alterati in modo analogo a quello riscontrato nei soggetti sani. Ciò indica – scrivono gli autori – “che potrebbero esistere dei meccanismi di connessione fra reti in grado sostenere una funzione cognitiva di alto livello malgrado la compromissione comportamentale”.

I pazienti in stato di minima coscienza – che dovrebbero essere più reattivi – non hanno invece mostrato un’analoga risposta. Questo – osservano Chennu e colleghi – potrebbe essere spiegato dallo stato confusionale post-traumatico, caratteristico dei pazienti che stanno migliorando e uscendo dallo stato di minima coscienza.

www.ploscompbiol.org/article/info:doi/10.1371/journal.pcbi.1003887

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