Lo stress da lavoro colpisce 9 milioni di italiani

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Lo stress da lavoro colpisce 9 milioni di italiani

14 ottobre 2011

Nove milioni di italiani soffrono di stress da lavoro, le donne il doppio degli uomini. Di queste,
nove su dieci soffrono di disagi psichici e disturbi dell’umore, primi fra tutti di ansia (45%) e di
sindrome pre-mestruale (43%), ma anche di irritabilità/eccessiva tendenza al pianto (41%) e di
insonnia (39%). Anche le sindromi depressive sono in agguato con il 20% circa.

Fra i fattori determinanti le forti pressioni lavorative, le barriere culturali che rendono la
carriera manageriale della donna più difficoltosa e impegnativa, le remunerazioni non in linea con
le medesime posizioni ricoperte dai colleghi, la competitività, i rapporti interpersonali ed il
difficile clima aziendale a cui si sommano le responsabilità, gli incarichi legati alla vita
quotidiana e il ruolo di ‘care giver’ all’interno della famiglia.

Ma questo si aggiunge il periodo di grave crisi economica, l’incertezza per il futuro per se e per i
propri figli. Non a caso le donne giovani – complici le alterazioni ormonali nelle diverse fasi
riproduttive (gravidanza, puerperio) – e quelle che lavorano a contatto con il pubblico, sono più
vulnerabili agli stati di ansia. In percentuale minore a sindromi depressive, più tipiche, invece,
dell’uomo adulto con mansioni esecutive. Ancora poche, o incuranti delle ‘variabili di genere’, le
azioni di tutela contro i fattori di stress all’interno delle aziende, nonostante il monito del
Governo Italiano a prendersi cura della salute psichica delle proprie dipendenti. Non solo un
fenomeno italiano, lo stress correlato al lavoro coinvolge ed affligge tutta la popolazione europea,
con punte del 60% e importanti ripercussioni sullo stato di salute.

Le recentissime stime pubblicate sulla rivista European Neuropsychopharmacology attestano infatti
che i disturbi psichici dal 2005, quando la prevalenza di malattia si aggirava al 27,4%, hanno
registrato una progressione di più del 10% assestandosi nel 2010 su valori oltre il 38%, con una
suddivisione tenuto conto del numero di persone e dei gruppi di età, in disturbi d’ansia (69.1
milioni), depressione unipolare (30.3 milioni), insonnia (29.1 milioni) e consumo di alcool (14.6
milioni). Condizioni, tutte, che hanno importanti ripercussioni non solo sullo stato dell’umore ed
emotivo, ma anche sul piano professionale con il maggior numero di giorni lavorativi persi, specie
per la donna.

I costi di questa problematica sono stati stimati in Europa nell’ordine dell’1% del Pil e quindi
risultano fondamentali le azioni di prevenzione collettiva, counselling, problem solving e le
attività di promozione della salute all’interno delle imprese. Questi sono solo alcuni degli aspetti
che verranno presentati oggi dai maggiori esperti in tema di salute mentale e gestione aziendale.

“Questi numeri – dichiara Francesca Merzagora, Presidente dell’Osservatorio Nazionale sulla salute
della Donna (ONDA) – invitano ad approfondire un tema importante e delicato come quello della salute
dei lavoratori, specie della donna. Nel nostro Paese sono ancora poche le aziende che si occupano
della tutela della condizione femminile, non soltanto da un punto di vista della salute, ma anche
con la creazione di iniziative volte a favorire una gestione meno faticosa del carico di impegni e
una più serena gestione del proprio tempo. Fattori, questi ultimi, che nell’opinione femminile vanno
ad incidere maggiormente sul benessere e la salute psico-fisica. Questo è il motivo per cui O.N.Da
si propone alle aziende sensibili a questo tema mettendo a disposizione, grazie a un accordo con il
Fatebenefratelli di Milano, un team di psicologhe in grado di rispondere alle richieste anche
personalizzate delle aziende per la gestione dello stress lavoro correlato. Prevenzione collettiva,
contenimento individuale e monitoraggio dello stato di stress sono le attività proposte alle
aziende”.

“I risultati preliminari di una ricerca sugli effetti psicosociali dello stress lavoro-correlato
condotta fra il 2008 e il 2010 su 100 candidati – precisa Claudio Mencacci, Direttore del
dipartimento di Neuroscienze dell’Azienda Ospedaliera Fatebenefratelli e Oftalmico di Milano –
evidenziano nell’88% dei casi la perdita di funzionalità di coping, vale a dire delle capacità
cognitive e comportamentali che consentono ad un individuo di mettere in atto strategie di
adattamento per far fronte a situazioni stressanti. Capacità che, seppure la ricerca sia ancora in
fase di elaborazione, sembrano perdersi sia nel contesto professionale sia nella situazioni di
quotidianità.

Ma l’indagine ha anche messo in luce che nell’81% dei casi, le persone esaminate hanno riacquistato
competenze e capacità di coping con un buon sostegno psicologico, mentre nel 52% hanno tratto
beneficio sia da un supporto psicologico, sia da un intervento diretto in azienda. Questi risultati,
confortanti, invitano dunque ad una maggiore attenzione e collaborazione tra istituzioni, realtà
aziendale e clinica non soltanto nella tutela ma anche della prevenzione della salute psico-fisica
dei dipendenti e all’interno degli ambienti di lavoro”.

“Questi dati – aggiunge Cristina Tajani, Assessore alle Politiche per il lavoro, sviluppo economico,
università e ricerca del Comune di Milano – mostrano che a fianco di ottime performance, le donne al
lavoro sono più vulnerabili rispetto ai rischi legati allo stress. Le mutazione dei processi
produttivi, però, consentono oggi sperimentazioni organizzative che provino a coniugare qualità del
lavoro e qualità della vita. Come assessorato stiamo lavorando ad un sistema di certificazione
premiante per le imprese milanesi che sapranno attuare programmi di conciliazione nella direzione
del benessere psico fisico di lavoratrici e lavoratori. Ma anche il Comune, datore di lavoro e socio
di numerose aziende pubbliche, deve offrirsi da esempio. Per questa ragione stiamo proponendo alle
aziende da noi partecipate un momento di presentazione delle migliori best practices sul tema.
Speriamo che O,N,Da possa essere al nostro fianco in questo percorso”.

“Nove milioni di italiani soffrono di stress da lavoro – spiega Emanuela Palazzani, rappresentante
di AIDDA (Associazione Imprenditrici e Donne Dirigenti di Azienda) – e a soffrirne maggiormente sono
le donne con percentuali pari al doppio dei colleghi maschi. La ragione va ricercata anche nelle
carenze di servizi alla famiglia e di sostanziali supporti sociali (asili nido, strutture attrezzate
per gli anziani), aggravate dalla crisi economica. Carenze che limitano la donna nell’ascesa
professionale, che provocano sentimenti di grande incertezza nel futuro, e costituiscono una
indiscussa fonte di stress da lavoro con importanti ripercussioni sul piano psicologico, fisico e
sul numero di giornate lavorative perse. I principali disturbi sono mal di testa, insonnia,
ipertensione, calo della concentrazione, disturbi cardiocircolatori e gastrointestinali,
depressione, attacchi di panico, ansia, calo del desiderio sessuale.

I dati europei, allarmanti, confermano che il 60% della popolazione vive la realtà lavorativa come
un determinante fattore di stress; in relazione a questo dato, troppo elevato, appare dunque
necessario rivolgere una maggiore attenzione al “welfare” aziendale e al “work life balance”, vale a
dire alla ricerca di iniziative ed azioni a favore di un sano equilibrio tra impegni familiari e
lavorativi, con l’introduzione di servizi per alleviare le incombenze quotidiane (come la
lavanderia, servizi per l’auto e per la casa, consulenza fiscale), e di supporto per i figli, come
baby sitting, doposcuola, campus estivi e l’asilo nido aziendale”.

Fonte: salutedomani.com

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