Lo yoga
La parola yoga deriva dalla radice verbale yuj, “unire”, “collegare”, “disciplinare”, “asservire”,
“controllare”, proprio come i cavalli vengono “aggiogati” al carro per trainarlo. In questo senso,
la parola yoga ha lo stesso significato primario della parola “religione” (che deriva dal latino
“re-ligare”, cioè collegare l’essere umano al divino).
Il concetto di yoga però è decisamente più ampio, in quanto si applica ai diversi livelli di
identificazione relativi all’atma: corpo/volontà, sensi/mente, mente/intelligenza, intelligenza/sé
spirituale, sé inferiore/sé superiore, sé individuale/Sé supremo, dove l’uno deve essere
disciplinato, collegato, controllato e usato dall’altro in direzione ascendente. In generale, lo
yoga è la pratica disciplinata di questo controllo del superiore sull’inferiore per progredire
nell’evoluzione personale.
La Bhagavad Gita menziona vari metodi dello yoga, che non sono però incompatibili tra loro: il
buddhi-yoga (yoga dell’intelligenza, della consapevolezza), il karma-yoga (yoga dell’azione
disinteressata compiuta secondo il proprio dovere), il jnana-yoga (yoga della ricerca della
conoscenza filosofica e scientifica), il sankhya-yoga (yoga della ricerca logica e analitica della
verità), il bhakti-yoga (yoga dell’amore e della devozione al Supremo) e l’hatha-yoga, detto anche
astanga-yoga, “l’ottuplice” sentiero tradizionale della disciplina tantrica.
Una delle pratiche più importanti dell’hatha yoga è il pranayama, il “controllo della respirazione”
— unica funzione che nell’essere umano può essere allo stesso tempo consapevole e inconsapevole ed
è collegata strettamente con il flusso dei pensieri, delle emozioni e della coscienza.
Tutte le pratiche yoga hanno lo scopo di portare la consapevolezza al punto del samadhi (sama-dhi,
“intelligenza costante”) in cui non ci sono più momenti di incoscienza, ma la visione interiore è
sempre perfettamente chiara.
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