Lo Yoga nella Tradizione Bhaktivedantica di Marco Ferrini

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Lo Yoga nella Tradizione Bhaktivedantica

Nei testi dello Yoga, nelle Upanishad, nella Bhagavadgita, nel Bhagavata Purana viene descritta una scienza antica di millenni, frutto della ricerca di intere generazioni di studiosi e saggi che hanno penetrato in maniera profonda gli stati mentali, anche i più sottili, permettendoci di avere strumenti pratici e indicazioni luminose per riequilibrare ed elevare la qualità dei contenuti psichici, per raggiungere gioia ed armonia interiori.

La psicologia dello Yoga ha millenni di storia ed ha sviluppato un linguaggio così specifico e differenziato da poter attribuire un nome ed una spiegazione ad ogni minimo fenomeno del campo mentale, illuminando l’evento psichico alla luce della conoscenza del sé spirituale.

Non sono il cervello o la mente che pensano. Il cervello è lo strumento fisiologico attraverso cui la mente si manifesta, ma la fonte del pensiero è il purusha, il sé spirituale. Non è l’occhio che vede, ma siamo noi che vediamo; l’occhio è solo uno strumento, come ad esempio lo sono gli occhiali. Quando infatti l’atman (anima) diparte dal corpo, al momento della morte, l’occhio non vede più. Occhi, corde vocali, cervello, sistema nervoso centrale, sono tessuti fatti di atomi che non possiedono coscienza, la riflettono soltanto, come il rame del filo elettrico non è l’elettricità, ma il canale attraverso il quale essa scorre.

I sensi, i nervi, l’intera e magnifica macchina del corpo umano, sono strumenti dell’atman.

Lo Yoga permette di imparare a ben utilizzarli, ma il suo scopo supremo è giungere alla conoscenza del sé e di Dio, il Principio Universale Supremo dal quale tutto deriva e nel quale tutto è incluso.

Marco Ferrini (Matsyavatara das)

www.marcoferrini.net/
www.centrostudibhaktivedanta.org/it

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