Lo Yoga nella vita di ogni giorno
Tratto da:
Sri Auribindo e Mère
-CHE COS’E’ LO YOGA-
Parole dagli ‘Scritti’
Pubblicato da “Domani”
Trimestale di yoga filosofia e cultura
Titolo originale: What is Yoga
Compilazione originale di Vijay
Revisione e Traduzione di Adriano Baldo
e Lucio Bergamaschi
Sri Aurobindo Ashram Trust, Pondicherry
– Lo Yoga nella vita di ogni giorno –
Non è assolutamente necessario abbandonare la vita ordinaria per ricercare
la Luce, o praticare lo yoga. In genere,lo fanno quelli che vogliono dare un
taglo netto e vivere una vita puramente religiosa, o esclusivamente
interiore e spirituale, rinunciando interamente al mondo e abbandonando
l’esistenza cosmica mediante la cessazione della nascita umana e il
passaggio in qualche stato superiore o nella Realtà trascendente.
Altrimenti, ciò è necessario soltanto quando la pressione della spinta
interiore si fa così forte che il proseguimento della vita ordinaria non è
più compatibile con il perseguimento dell’obiettivo spirituale dominante.
Fino allora, ciò che è indispensabile è il potere di isolarsi interiormente,
la capacità di ritirarsi dentro di sè e concentrarsi in ogni momento sullo
scopo spirituale centrale. Deve esserci anche il potere di affrontare la
vita ordinaria esteriore con un nuovo atteggiamento interiore; gli stessi
avvenimenti della vita possono diventare un mezzo per la trasformazione
interiore della natura e la crescita nell’esperienza spirituale.
Tutte le cose della Lila ( Il gioco cosmico. Il mondo creato è il gioco di
Dio. ) possono trasformarsi in finestre che si aprono sulla Realtà nascosta.
Tuttavia, finchè ci si accontenta di guardare attraverso le finestre, il
vantaggio non è che iniziale; un giorno si dovrà raccogliere il bastone del
viandante e mettersi in cammino verso la Realtà che è eternamente manifesta
e presente.
Ancor meno spiritualmente soddisfacente sarà l’indugiare su riflessi
incerti: s’imporrà comunque la ricerca di quella Luce che ora ci si sforza
di raffigurare. Ma poichè questa Realtà e questa Luce sono in noi non meno
che in qualche elevata ragione al di sopra del piano mortale, possiamo, nel
ricercarle, usare molte delle forme, immagini e attività della vita; come si
offre un fiore, una preghiera, un atto al Divino, si può anche offrire la
creazione di una forma di bellezza, una canzone, una poesia, un’immagine, un
brano di musica, e ottenere attraverso ciò un contatto, una risposta o
un’esperienza.
E quando quella coscienza divina è stata penetrata ,o quando essa cresce
interiormente, anche allora lo yoga non esclude che venga espressa nella
vita attraverso questi mezzi; queste attività creative possono avere il loro
posto, anche se intrinsecamente questo posto non può essere più importante
di quello di qualsiasi altra attività che sia messa al servizio del Divino.
L’arte, la poesia, la musica, nel loro funzionamento ordinario, creano
valori mentali e vitali, non spirituali; ma possono essere volte a un fine
superiore, e allora come tutte le cose capaci di unire la nostra coscienza
al Divino, si trasmutano e diventano spirituali e possono essere accettate
come parte della vita yoghica. Ognuna trae nuovi valori non da se stessa,
bensì dalla coscienza che la usa; perchè c’è una sola cosa essenziale,
necessaria, indispensabile: divenire coscienti della Realtà divina, vivere
in essa e viverla sempre.
Nello yoga integrale, tutta la vita, fino al suo minuto più particolare,
deve essere trasformata, divinizzata. In questa impresa nulla vi deve essere
di insignificante, di indifferente.
Non potete dire: ” Quando medito, quando leggo un libro di filosofia, o
quando ascolto queste conversazioni, mi mantengo in uno stato di aspirazione
e di ricettività alla Luce; ma, quando invece esco per andare a fare una
passeggiata o a trovare gli amici, posso concedermi di dimenticare queste
cose “.
Se persisterete in questo atteggiamento, non verrete mai trasformati, nè
raggiungerete mai la vera unione: rimarrete sempre divisi; avrete tutt’al
più solo qualche percezione di una vita superiore. Riuscirete forse ad avere
alcune esperienze, alcune realizzazioni nella vostra coscienza interiore
durante la meditazione, ma il vostro corpo e la vostra vita esteriore
rimarranno immutati. Un’illuminazione interiore che non tenga conto del
corpo, nè della vita esteriore non è di grande utilità, poichè lascia il
mondo così com’è.
E’ quanto è sempre accaduto fino ad oggi. Persino coloro che avevano una
grandissima e possente realizzazione si ritiravano dal mondo per vivere,
senza essere disturbati, nella quiete e nella pace interiori; il mondo era
lasciato a se stesso, mentre la miseria, la stoltezza, la Morte e
l’Ingnoranza mantenevano la loro sovranità incontestata su questo piano
materiale dell’esistenza.
Per coloro che si ritirano in questo modo, è forse piacevole sfuggire alla
tormenta, voltare le spalle alle difficoltà e trovare altrove, per se
stessi, uno stato di beatitudine. Ma lasciano la vita e il mondo immutati,
come pure la loro coscienza, senza parlare del loro corpo, meno rigenerato
che mai. Quando tornano nel mondo fisico, si comportano di solito peggio
della gente comune, perchè hanno perso il controllo sulle cose materiali e
il loro modo di comportarsi nella vita può rivelarsi incoerente e impotente,
alla mercè di ogni forza che passa.
Un ideale di questo tipo può andar bene per coloro che lo voglono; ma non
per il nostro yoga.
Noi vogliamo la conquista divina di questo mondo e di tutte le sue
espressioni e la realizzazione del Divino qui, sulla terra. Ma se vogliamo
che il Divino regni qui, dobbiamo darGli tutto ciò abbiamo, tutto ciò che
siamo, tutto ciò che facciamo.
Non dobbiamo certo pensare che vi sono le cose senza importanza, che la vita
esteriore, con tutte le sue necessità, non fa parte del Vita Divina. Se
pensassimo in questo modo, rimarremmo sempre allo stesso punto, immobili; il
mondo materiale non verrebbe conquistato; niente di durevole potrebbe essere
fatto.
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