Lo Yoga originario

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Lo Yoga originario

come lo insegna Yogananda Paramahansa

Tratto da: “L’eterna ricerca dell’uomo”
di Yogananda Paramahansa

Lo yoga è un sistema di metodi scientifici volti a riunire l’anima allo Spirito. Noi siamo discesi
da Dio, e dobbiamo risalire a Lui. Ci siamo, in apparenza, separati dal Padre nostro e dobbiamo
consciamente riunirci a Lui. Lo yoga ci insegna ad elevarci oltre l’illusione della separazione e a
realizzare la nostra unità con Dio. Milton , il poeta, scrisse dell’anima umana e di come potrebbe
riguadagnare il paradiso. Questo è lo scopo e il traguardo dello Yoga: riguadagnare il paradiso
perduto della coscienza dell’anima che fa conoscere all’uomo che egli è, ed è sempre stato, tutt’uno
con lo Spirito.

Le varie religioni del mondo si basano più o meno sulle credenze dell’uomo. Ma la vera base della
religione dovrebbe essere una scienza che tutti i devoti possano applicare per raggiungere il nostro
Unico Padre: Dio. Questa scienza è lo Yoga. La pratica di una scienza della religione si impone. I
differenti “ismi” religiosi hanno tenuto l’umanità divisa, benché Gesù abbia fatto notare: “Se una
casa è divisa in sè stessa, la casa non può stare in piedi” (nota 1: Marco,3,25). L’unità tra le
varie religioni può essere raggiunta solo quando gli individui che praticano quelle religioni
diventano effettivamente coscienti del Dio interiore. Allora avremo una vera fratellanza dell’uomo
sotto la paternità di Dio.

Tutte le grandi religioni del mondo predicano la necessità di trovare Dio e della fratellanza tra
gli uomini; e tutte hanno un codice morale, come i Dieci Comandamenti. Che cos’è, allora, che crea
le incomprensioni tra loro? E’ il bigottismo delle menti umane. Non troveremo Dio concentrandoci sui
dogmi, ma mediante la vera conoscenza dell’anima. Quando gli uomini percepiranno le verità
universali che formano la base delle varie religioni, non ci saranno più ostacoli creati dai dogmi.
Per me non esiste ebreo nè cristiano, nè indù; tutti sono miei fratelli. Io adoro Dio in tutti i
templi, perchè ciascuno è stato eretto in onore del Padre mio.
Dobbiamo cominciare a costruire un’unità mondiale con l’idea iniziata dalla Self Realisation
Fellowship: una “Chiesa di tutte le religioni”; non eclettismo, ma rispetto per tutte le religioni,
che costituiscono i vari sentieri verso Dio. Tali templi, dedicati all’unico Dio che tutte le
religioni adorano, dovrebbero essere costruiti ovunque. Io predico che ciò avverrà. Oriente e
Occidente dovranno distruggere per sempre le divisioni meschine nelle case di Dio. Raggiungendo la
realizzazione del Sè con lo Yoga, gli uomini sapranno di essere tutti figli dell’unico Padre.
 
– I ciechi non possono guidare  ciechi –
 
Questa unità di spirito è dimostrata dai grandi uomini, quelli che hanno realizzato Dio. I ciechi
non possono guidare i ciechi; solo un Maestro (nota 2: Uno che è padrone di sè stesso: della mente,
delle emozioni, dei sensi, delle passioni. Le sue azioni, non offuscate da motivi egoistici, sono in
armonia con la volontà di Dio, ed egli conosce sè stesso come una cosa sola con Dio, non nella
immaginazione, ma nell’esperienza reale della Divina Onnipresenza), cioè uno che conosca Dio, può
legittimamente istruire altre persone su di Lui. Per riguadagnare la divinità si deve avere un tale
Maestro o un Guru (nota 3: Maestro spirituale. La Guru Gita descrive descrive appropriatamente il
Guru come colui che dissipa le tenebre; il termine deriva da gu, tenebre e ru, ciò che dissipa. Per
diritto divino il titolo di Guru è conferito soltanto a quelle anime altissime che sono qualificate,
per la loro stessa realizzazione del Sè e unità con Dio, a condurre altre anime dal buio
dell’ignoranza alla luce della Verità). Colui che fedelmente segue un vero Guru diviene simile a
lui, perchè il Guru contribuisce ad elevare il discepolo al proprio livello di realizzazione. Quando
trovai il mio Guru, lo Swami Sri Yukteswar (nota 4: Nell’Autobiografia di uno Yoghi, Paramahansa
Yogananda descrive il proprio rapporto col suo divino Guru, che definì uno Jnanavatar, “incarnazione
della saggezza”), presi la risoluzione di seguire il suo esempio: di porre, cioè, Dio solo
sull’altare del mio cuore e di condividerLo con altri.

I maestri indù hanno insegnato che, per conquistare la più profonda conoscenza, bisogna focalizzare
lo sguardo attraverso l’onnisciente occhio spirituale. Quando ci si concentra fortemente, anche chi
non sia uno yoghi aggrotta la fronte nel punto fra le due sopracciglia: il centro della
concentrazione e dello sferico occhio spirituale, sede dell’intuizione dell’anima. Questa è la vera
sfera di cristallo in cui guarda lo yoghi per apprendere i segreti dell’universo. Coloro che
andranno abbastanza profondo nella loro concentrazione penetreranno quel terzo occhio e vedranno
Dio. I ricercatori della verità dovrebbero perciò sviluppare la facoltà di proiettare la loro
percezione attraverso l’occhio spirituale. La pratica dello yoga aiuta l’aspirante ad aprire
l’occhio singolo della coscienza intuitiva (nota 5: Durante la meditazione profonda, l’occhio
singolo o spirituale diviene visibile come una splendente stella circondata da una sfera di luce
azzurra che, a sua volta, è circondata da un alone brillante di luce dorata. Quest’occhio
onnisciente è variamente nominato nelle Scritture come terzo occhio, stella d’Oriente, occhio
interiore, colomba che discende dal cielo, occhio di Shiva, occhio dell’intuito. “Se perciò il tuo
occhio è singolo, tutto il tuo corpo sarà illuminato” (Matteo, 6,22). “Singolo” è la parola
riportata dai testi originali; l’incomprensione di questo termine ha fatto sì che esso venisse
modificato nelle Bibbie cattoliche).

L’intuizione, o conoscenza diretta, non dipende da alcun dato fornito dai sensi. Per questo la
facoltà intuitiva è spesso chiamata il sesto senso. Tutti hanno questo sesto senso, ma la maggior
parte delle persone non lo sviluppa. Tuttavia, quasi tutti hanno avuto qualche esperienza intuitiva,
forse l’intuizione che una determinata cosa sarebbe dovuta accadere, sebbene non ci fosse alcun
segno percepibile dai sensi ad indicarlo.
E’ importante sviluppare l’intuizione, la conoscenza diretta dell’anima, perchè colui che è conscio
di Dio è sicuro di sè. Egli sa, e sa di sapere. Dobbiamo essere certi della presenza di Dio come
siamo certi di conoscere il gusto dell’arancia. Fu solo dopo che il mio Guru mi ebbe insegnato a
comunicare con Dio e dopo che ebbi cominciato a sentire ogni giorno la sua presenza, che mi assunsi
l’incarico spirituale di parlare agli altri di Lui.

l’occidente ha costruito vasti templi di adorazione, ma ce ne sono pochi in cui si insegni ai fedeli
come si può trovare Dio. In Oriente si è invece posto l’accento sulla formazione di uomini dalla
divina realizzazione; ma questi, in molti casi, sono inaccessibili ai ricercatori spirituali, poichè
rimangono isolati in dimore remote e solitarie. Centri spirituali in cui la gente possa comunicare
con Dio, e insegnanti che possano mostrare alla gente come farlo, sono entrambi necessari. Come
potrebbe una persona acquistare la conoscenza di Dio da un istruttore che non conosca Dio egli
stesso? Il mio Guru impresse in me la necessità di conoscere il Padre Celeste prima di fare il
tentativo di parlare con agli altri di Lui. Quanto gli sono grato per avermi dato il suo
insegnamento! Egli stesso, invero, comunicava con Dio.

Il Signore deve essere percepito innanzitutto nel proprio tempio corporeo. Ogni ricercatore dovrebbe
disciplinare quotidianamente i propri pensieri e deporre sull’altare della propria anima i fiori,
sbocciati spontaneamente, della propria devozione. Colui che trova Dio dentro di sè sarà capace di
sentire la Sua Presenza in ogni chiesa o tempio in cui entrerà. 

– Lo yoga trasforma la teologia in esperienza pratica –

Lo yoga pone l’uomo in grado di percepire la verità in tutte le religioni. I Dieci Comandamenti
vengono predicati, con parole differenti, in ogni religione. Ma i due comandamenti massimi sono
quelli sottolineati da Gesù: “Ama il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua mente e
con tutta la tua anima”, e “Ama il prossimo tuo come te stesso” (nota 6: Matteo, 22, 37, 39. Anche
gli insegnamenti di Krishna nella Bhagavad Gita pongono l’accento su questi due comandamenti: “Su Me
fissa la tua mente, sii tu il Mio devoto, con adorazione incessante inchinati con riverenza dinanzi
a Me. Essendoti così unito a Me come il tuo più alto Traguardo, tu sarai Mio” IX, 34; e “il tipo
migliore di yoghi è colui che sente per gli altri, sia nel dolore che nel piacere, come sente per sè
stesso” VI, 32).
Amare Dio “con tutta la mente” significa ritirare l’attenzione dai sensi e darla a Dio, dare a Lui
tutta la propria concentrazione nella meditazione. Ogni ricercatore di Dio deve imparare a
concentrarsi. Una preghiera pronunciata mentre, sullo sfondo della mente, si pensa ad altre cose,
non è vera preghiera e non attira l’attenzione di Dio. Lo yoga insegna che, per trovare il Padre, è
necessario cercarLo prima con tutta la nostra mente, con concentrazione esclusiva.

Alcuni dicono che gli indù sono più adatti alla pratica dello Yoga, che lo Yoga non è fatto per gli
occidentali. Questo non è vero. Molti occidentali, attualmente, sono avvantaggiati rispetto agli
indù nella pratica dello Yoga, perchè i progressi scientifici hanno concesso agli occidentali molto
tempo libero. L’India dovrebbe utilizzare in misura sempre maggiore i metodi avanzati sulla via del
progresso materiale d’Occidente per rendere la propria vita più facile e più libera; e l’Occidente
dovrebbe prendere dall’India i pratici metodi metafisici dello Yoga, per mezzo dei quali ogni uomo
può trovare la propria strada verso Dio. Lo Yoga non è una setta, ma una scinza universalmente
applicabile, per il cui mezzo possiamo trovare il nostro Padre.

Lo Yoga è per tutti, per la gente dell’Occidente e per quella dell’Oriente. Non diremmo che il
telefono non è fatto per l’Oriente perchè è stato inventato in Occidente. Così anche i metodi Yoga,
benchè siano stati sviluppati in Oriente, non sono riservati esclusivamente all’Oriente, ma sono
utili a tutta l’umanità.
Che un uomo sia nato in India o in America, un giorno dovrà morire. Perchè dunque non imparare a
morire ogni giorno in Dio, come San Paolo? (nota 7: I Corinti, 15,31) Lo Yoga ne insegna il metodo.
L’uomo vive nel corpo come un prigioniero: quando ha finito di scontare la sua condanna, deve
sopportarne l’umiliazione di esserne buttato fuori a calci. L’amore del corpo, dunque, non è che
amore per una prigione. Abituati da lungo tempo a vivere nel corpo, abbiamo dimenticato cosa
significa essere veramente liberi. L’essere nato in Occidente non è una scusa per non cercare la
libertà. E’ essenziale per ogni uomo scoprire la propria anima e conoscere la sua natura immortale.
Lo Yoga indica la strada.

 – L’anima deve risalire a Dio –

 Prima che la creazione esistesse, c’era la Coscienza Cosmica: lo Spirito, o Dio, l’Assoluto.
Beatitudine sempre esistente, sempre cosciente, sempre nuova al di là di ogni forma o
manifestazione. Quando la creazione entrò in esistenza, la Coscienza Cosmica discese nell’universo
fisico, dove si manifesta come Coscienza Cristica (nota 8: Le Scritture indù nominano la Coscienza
Cristica come Kutasha Chaitanya, la coscienza universale dell’intelligenza onnipresente):
l’onnipresente, puro riflesso dell’intelligenza di Dio e della Sua coscienza inerente e latente in
tutta la creazione. Quando la Coscienza Cristica discende nel corpo fisico dell’uomo, diviene anima,
o supercoscienza: la sempre esistente, sempre cosciente, sempre nuova beatitudine di Dio,
individualizzata per il fattod’essere rinchiusa nel corpo. Quando l’anima si identifica col corpo,
si manifesta come ego, la coscienza mortale. Lo Yoga insegna che l’anima deve risalire la scala
della coscienza per ritornare allo Spirito (nota 9: Lo Yoga insegna che la dimora dell’anima  della
vita e della divina coscienza dell’uomo  è nei sottili centri spirituali del cervello: il Sahasrara,
loto dai mille petali situati al vertice del cervello e sede della Coscienza Cosmica; il Kutastha
nel punto fra le sopracciglia, sede della Coscienza Critica; e il centro midollare o bulbare, sede
della Supercoscienza. Discendendo nel corpo da questi centri di altissima percezione spirituale, la
vita e la coscienza procedono lungo la spina dorsale passando lungo cinque centri spinali astrali,
da cui si diramano verso l’esterno negli organi fisici della vita, percezione sensoria ed azione.
Per riconquistare la beata realizzazione della propria unità con Dio, l’anima umana deve invertire
la direzione della propria discesa verso il basso, risalendo la sacra via spinale verso la propria
dimora nei più alti centri di divina consapevolezza. Questo si compie mediante la pratica delle
tecniche Yoga di meditazione date dal Guru, come quelle che si possono apprendere dalle Lezioni
della Self Realisation Fellowship).

 – Il segreto della felicità è la consapevolezza della presenza di Dio –

 Apprezzare la vita va benissimo; il segreto della felicità ta nel non attaccarsi ad alcuna cosa.
Godete del profumo del fiore, ma vedete Dio in esso. Io ho conservato la coscienza dei sensi solo
perché, usandoli, potessi sempre percepire Dio e pensare a Lui: “I miei occhi sono fatti per vedere
la Tua bellezza ovunque. Le mie orecchie sono fatte per udire la Tua onnipresente voce”. Questo è
Yoga, unione con Dio. Non è necessario andare nella foresta per trovarLo. Le abitudini terrene ci
terranno incatenati dovunque siamo, finché non ci saremo liberati di esse. Lo yoghi impara a trovare
Dio nel recesso del proprio cuore. Dovunque vada, porterà con sè la beata coscienza della presenza
di Dio.
L’uomo non è soltanto disceso nella coscienza mortale dei sensi, ma si è legato ad anormalità di
questa coscienza sensoria, quali l’ingordigia, l’ira, la gelosia. L’uomo deve bandire tutte queste
anormalità per poter trovare Dio. Tanto gli orientali quanto gli occidentali dovrebbero liberarsi
dall’asservimento ai sensi. Un uomo comune può arrabbiarsi perchè non gli è stato portato il suo
caffè della prima colazione, ed è sicuro che questa privazione gli procurerà un mal di testa. Egli è
schiavo delle proprie abitudini. Lo yoghi evoluto è libero.

Ognuno può essere uno yoghi proprio là dove si trova adesso. Ma noi siamo inclini, invece, a
considerare strana e difficile qualsiasi cosa trascenda l’orizzonte delle nostre abitudini di vita.
E non pensiamo a come le nostre abitudini possano apparire agli altri!

La pratica dello Yoga porta alla liberazione. Alcuni yoghi portano all’estremo questo concetto del
distacco. Essi insegnano che si dovrebbe essere in grado di giacere su un letto di chiodi senza
disagio, e di applicare altre forme di tapasya, o di disciplina fisica. E’ vero che chi sia in grado
di sedere su un letto di chiodi pensando a Dio dimostra una grande forza mentale, ma tali imprese
non sono necessarie. Si può sedere su una comoda sedia e meditare su Dio altrettanto bene.

Patanjali (nota 10: principale esponente dello Yoga. L’epoca in cui visse è sconosciuta, ma molti
studiosi la pongono nel II secolo a. C.) insegna che qualunque posizione, purchè mantenga la spina
dorsale eretta, è buona per la meditazione: la concentrazione yoghica su Dio. Non è necessario
sottoporsi a contorsioni fisiche e praticare esercizi che richiedano straordinaria sopportazione ed
elasticità fisiche, come quelli raccomandati dallo Hata Yoga. La meta è Dio, e la coscienza della
Sua presenza è ciò che dobbiamo sforzarci di raggiungere. La Bhagavad Gita dice: “Colui che si
assorbe in Me, con l’anima immersa in Me, Io lo considero fra tutte le categorie di yoghi come il
più equilibrato” (nota 11: VI,47).

E’ noto che alcuni yoghi indù hanno dimostrato indifferenza verso il caldo e il freddo estremi,
verso le zanzare e altri fastidiosi insetti. Tale dimostrazione non è un requisito fondamentale per
essere uno yoghi, ma essa costituisce un naturale raggiungimento dell’adepto. Cercate di eliminare
gli elementi disturbatori, o di sopportarli, se necessario, senza venirne toccati interiormente. Se
è possibile rimanere puliti , è inutile essere sporchi. Ci si può attaccare alla vita in una capanna
come a quella vissuta in un palazzo.
Il fattore più importante nel raggiungere il successo spirituale è la buona volontà. Gesù disse: “La
messe è davvero abbondante, ma gli operai sono pochi” (nota 12: Matteo, 9,37). La gente del mondo
cerca i doni di Dio, ma chi è saggio cerca il Donatore stesso.

Essere uno yoghi significa meditare. Lo yoghi, quando si sveglia al mattino, non pensa, come prima
cosa, al cibo per il suo corpo; egli nutre la sua anima con l’ambrosia della comunione con Dio.
Colmo dell’ispirazione raccolta dalla mente che si è tuffata profondamente nella meditazione, egli è
in grado di svolgere con gioia tutti i compiti della sua giornata.
Con intenzione, Dio fece la terra qual’è; nel Suo piano è compito dell’uomo rendere il mondo
migliore. Gli Occidenali tendono ad andare agli estremi nell’essere continuamente intenti a creare
per se stessi sempre nuove e perfezionate comodità materiali. L’Oriente tende agli estremi
nell’accontentarsi di ciò che ha. C’è qualcosa di attraente in entrambi, nello spirito di
avanguardia dell’Occidente e in quello semplice e calmo dell’Oriente. Noi dobbiamo prendere
l’equilibrata via di mezzo.

–  La meditazione fa lo yoghi –

 Per trovare Dio, si deve meditare ogni mattina e ogni sera, e ogni qualvolta si trovi un pò di
tempo durante il giorno. In più, è importante meditare per sei ore un giorno alla settimana. Questo
non è irragionevole; alcuni si esercitano al pianoforte per dieci ore, ogni giorno della settimana,
e ciò non sembra loro una cosa straordinaria. Per diventare un Maestro spirituale, è necessario dare
più tempo a Dio. Dobbiamo farGli sentire di amarLo più di qualsiasi altra cosa. Quando sarete
esperti nella meditazione, capaci di inoltrarvi profondamente nella supercoscienza, cinque ore di
sonno vi basteranno. Il resto della notte dovrebbe essere usato per la meditazione. Si possono
impiegare le notti, le ore mattutine e le feste per meditare su Dio. In questo modo chiunque, anche
l’indaffarato Occidentale, può essere uno yoghi. Perciò diventate uno yoghi occidentale. Non avete
bisogno di portare un turbante o capelli lunghi come me!

Noi abbiamo bisogno di chiese che siano alveari spirituali, ma abbiamo anche bisogno di riempire
queste chiese col “miele” della nostra propria realizzazione del Sè (nota 13: realizzazione del Sè o
autorealizzazione, è conoscere il Sè come l’anima, e conoscere che l’anima è tutt’uno con Dio). Dio
è presente anche nelle chiese, naturalmente; ma solo il fatto di andarvi non Lo persuaderà a
rivelarsi. Andare in chiesa è bene, ma la meditazione quotidiana è meglio ancora. Fate entrambe le
cose, perchè senza dubbio trarrete ispirazione andando in chiesa, e dalla quotidiana meditazione
riceverete un’elevazione anche maggiore. E’ quando un devoto ha il cuore ardente e lancia un
proiettile di preghiera dopo l’altro che Dio gli si arrende. Questa devozione incessante è
essenziale per poterlo trovare. Per essere uno yoghi e, nello stesso tempo, tenere il passo con il
mondo moderno, è necessario meditare a casa propria, disciplinarsi e svolgere tutti i doveri con
l’atteggiamento interiore di chi svolge un servigio a Dio.

Il mio più grande desiderio è di erigere templi di Dio nelle anime degli uomini; di vedere il
sorriso di Dio sui volti degli uomini. Il raggiungimento più importante di tutti, nella vita, è
quello di erigere un tempio di Dio nella propria anima. E ciò si può fare facilmente. La Self
Realisation Fellowship è stata mandata all’Occidente per questo.
Chiunque abbia reso Dio sovrano nel tempio della propria anima è uno yoghi. Egli sarà d’accordo con
me nel dire che lo Yoga è fatto per l’Oriente, per il Nord, per il Sud e l’Ovest, per tutte le
genti, così che passate per le viuzze della teologia, esse possano imboccare la superstrada dello
Yoga. La vera via porta al palazzo della beatitudine di Dio. Colui che vi arriverà, “non andrà mai
più fuori” (nota 14: Apocalisse, 3,12).

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