Lo Yoga secondo Patanjali
1 Atha Yoga anusasanam
Adesso viene fatta l’esposizione dello Yoga
2 Yoga chittam vritti nirothaha
Lo Yoga consiste nella pulizia delle modificazioni che emergono dalla mente
Subconscia
3 Tada drashtuh svarupe avasthanam
Allora il saggio si siede nella sua vera forma (o natura)
4 Vritti Sarupyam itaratra
In altri momenti (il Se appare) assume(re) le forme delle modificazioni che
emergono dalla mente subconscia.
5 Vi sono 5 tipi di modificazioni della mente subconscia che possono essere dolorose
o senza dolore
6 Pramana viparaya vikalpa nidra smrtayah
Esse sono giusta conoscenza, miscomprensione, delusione verbale, sonno e memoria
7 Pratyaksanumanaganmah pramanani
Le sorgenti della giusta conoscenza sono la percezione diretta, l’induzione e le
testimonianze scritte
8 Viparayayo mithya jnanam atadrupa pratistham
La miscomprensione avviene quando la conoscenza di qualcosa non si basa sulla sua vera forma
9 Sabda jnananupati vasto sunyo vikalpaa
Una immagine che sorge nell’udire delle mere parole senza alcuna realtà (di fondo) è
la delusione verbale
10 Abhava pratyaya alambana vrittir nidra
Quella modificazione mentale supportata dalla cognizione del niente è il sonno
11 Anubhuta visayasampramosah smrtih
Quando una modificazione mentale di un soggetto precedentemente sperimentato e non dimenticato
ritorna dal subconscio al conscio, quella è ” memoria “
12 Abhyasa Vairagyabhyam Tannirodhah
Queste modificazioni dalla mente subconscia sono ripulite dalla pratica costante e dal
non attaccamento.
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L’opera di Patanjali consiste in 196 sutra (in prima approssimazione potremmo tradurre questa parola
con aforismi o versi) che descrivono con magistrale chiarezza e incredibile capacità di sintesi la
filosofia Yoga. In realtà la parola sutra significa legame, sequenza o catena e indica come tutta
l’opera sia un susseguirsi ininterrotto di idee che si incastrano perfettamente come i grani di una
mala fino a formare un unico concetto che percorre in filigrana tutto il testo. Questa scrittura è
anche chiamata Yoga Darshana che è spesso tradotto con “Filosofia Yoga” anche se in realtà la parola
darshana ha un significato molto più profondo: letteralmente significa “vedere”, quindi Yoga
Darshana significa “il processo di vedere attraverso lo Yoga”, ma si tratta di una vista preclusa
agli occhi o ad ogni altro senso; è un vedere l’invisibile che si cela dietro la comune percezione.
Il testo è diviso in quattro sezioni:
1. Samadhi Pada (51 sutra): viene analizzata la natura generale dello yoga e poiché la tecnica
essenziale è il samadhi, quest’ultimo viene trattato approfonditamente tanto da attribuire il nome
alla prima sezione.
2. Sadhana Pada (55 sutra): contiene la teoria dei klesa ed un’analisi magistrale della sofferenza
che la vita umana comporta ed affronta le prime cinque tecniche yoga cui si fa riferimento come
bahiranga, ovverosia esteriori. Scopo di questa sezione è quindi preparare fisicamente e mentalmente
il sadhaka alla pratica dello yoga superiore.
3. Vibhuti Pada (56 sutra): tratta le tre rimanenti tecniche (antaranga, cioè esteriori) e le siddhi
cui queste naturalmente portano.
4. Kaivalya Pada (34 sutra): vengono esposti i problemi filosofici essenziali che lo studio e la
pratica dello yoga comportano.
I versi si susseguono secondo una logica irrefutabile e sono meticolosamente disposti seguendo un
ben preciso ordine, riuscendo a toccare ogni aspetto della filosofia yoga con sorprendente
chiarezza. Ogni sutra è una piccola perla che racchiude un insospettato rigore scientifico in un
guscio di pura poesia. Lo yoga di Patanjali è spesso chiamato ashtanga yoga, ovvero lo yoga degli
otto stadi; infatti anche se l’autore offre un’ampia varietà di tecniche per armonizzare la mente e
il corpo, il percorso principale si articola in otto stadi fondamentali.
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La struttura del testo
L’opera di Patanjali consiste in 196 sutra (in prima approssimazione potremmo tradurre questa parola
con aforismi o versi) che descrivono con magistrale chiarezza e incredibile capacità di sintesi la
filosofia Yoga.
In realtà la parola sutra significa legame, sequenza o catena e indica come tutta l’opera sia un
susseguirsi ininterrotto di idee che si incastrano perfettamente come i grani di una mala fino a
formare un unico concetto che percorre in filigrana tutto il testo.
Questa scrittura è anche chiamata Yoga Darshana che è spesso tradotto con “filosofia Yoga” anche se
in realtà la parola darshana ha un significato molto più profondo: letteralmente significa “vedere”,
quindi Yoga Darshana significa “il processo di vedere attraverso lo Yoga”, ma si tratta di una vista
preclusa agli occhi o ad ogni altro senso; è un vedere l’invisibile che si cela dietro la comune
percezione.
Il testo è diviso in quattro sezioni:
Samadhi Pada (51 sutra): viene analizzata la natura generale dello yoga e poiché la tecnica
essenziale è il samadhi, quest’ultimo viene trattato approfonditamente tanto da attribuire il nome
alla prima sezione.
Sadhana Pada (55 sutra): contiene la teoria dei klesa ed un’analisi magistrale della sofferenza che
la vita umana comporta ed affronta le prime cinque tecniche yoga cui si fa riferimento come
bahiranga, ovverosia esteriori. Scopo di questa sezione è quindi preparare fisicamente e mentalmente
il sadhaka alla pratica dello yoga superiore.
Vibhuti Pada (56 sutra): tratta le tre rimanenti tecniche (antaranga, cioè esteriori) e le siddhi
cui queste naturalmente portano.
Kaivalya Pada (34 sutra): vengono esposti i problemi filosofici essenziali che lo studio e la
pratica dello yoga comportano.
I versi si susseguono secondo una logica irrefutabile e sono meticolosamente disposti seguendo un
ben preciso ordine, riuscendo a toccare ogni aspetto della filosofia Yoga con sorprendente
chiarezza. Ogni sutra è una piccola perla che racchiude un insospettato rigore scientifico in un
guscio di pura poesia.
Lo yoga di Patanjali è spesso chiamato ashtanga Yoga, ovvero lo Yoga degli otto stadi; infatti anche
se l’autore offre un’ampia varietà di tecniche per armonizzare la mente e il corpo, il percorso
principale si articola in otto stadi fondamentali. I primi cinque sono:
Yama (armonizzazione delle relazioni interpersonali);
Niyama (armonizzazione delle sensazioni interiori);
Asana (bilanciamento degli impulsi nervosi opposti);
Pranayama (concentrazione di tutta l’energia pranica);
Pratyahara (raccoglimento ed eliminazione di tutte le distrazioni esterne alla persona);
Questi sono le cosiddette pratiche esterne, o bahiranga, che gradualmente preparano il corpo e la
mente per gli ultimi tre stadi:
Dharana (concentrazione della mente in un unico punto e soppressione della confusione mentale
utilizzando un simbolo psichico come centro focale);
Dhyana (meditazione; la consapevolezza scorre senza sforzo intorno al simbolo psichico);
Samadhi (uno stato in cui vi è completa assenza di qualsiasi modificazione mentale; tutto ciò che
rimane è consapevolezza).
Come affrontare il testo?
Swami Satyananda Saraswati nell’introduzione al suo commento agli Yogasutra di Patanjali narra un
aneddoto molto significativo che tende a chiarire come ci si dovrebbe porre dinanzi ad una tale
opera.
Un giorno due pandit entrarono in un ashram per partecipare ad un satsang e, essendo stati i primi a
giungere, presero posto direttamente dinanzi al guru. Inizialmente il satsang riguardò le asana, il
pranayama e altre pratiche di yoga, ma dopo un certo tempo i due pandit si rivolsero al guru
affermando di essere venuti da molto lontano per discutere di argomenti più importanti, in
particolare delle implicazioni filosofiche del samadhi secondo Patanjali. Uno dei due pandit
sosteneva la totale uguaglianza tra il nirbija samadhi e il asamprajnata samadhi, mentre l’altro ne
proclamava con convinzione la diversità. In breve tempo il dibattito si fece molto acceso e il tono
dei due si alzò pericolosamente, mentre il guru, non avendo la possibilità di intervenire, sedeva in
silenzio.
Mentre la discussione si protraeva una grossa mucca, caracollando attraverso il prato, si portò
proprio dietro ai due uomini e si accovacciò placidamente, come se volesse prendere parte anch’essa
al diverbio, e mentre tutti gli altri si mostrarono molto sorpresi dinanzi a questo spettacolo, i
pandit, presi com’erano dalle proprie argomentazioni, non se ne avvidero nemmeno. La mucca dal canto
suo sembrava vivamente interessata alle parole degli uomini, che pareva ascoltare con grande
attenzione, finché improvvisamente si decise e muggì con veemenza la sua approvazione. I due
litiganti balzarono in piedi spaventatissimi, a corto di parole per la prima volta dall’inizio del
giorno e, tra il divertimento generale, videro la mucca che lentamente si alzava e si allontanava,
probabilmente in cerca di un altro satsang da qualche altra parte.
Quella saggia mucca mostrò a tutti che gli Yogasutra di Patanjali non furono concepiti e scritti per
essere dibattuti intellettualmente, bensì per spiegare il processo e mostrare alcune tecniche per
elevare la propria consapevolezza, esplorare le potenzialità della propria mente fino ad arrivare a
trascenderla. E’ un testo pratico e sicuramente lo stesso Patanjali avrebbe trovato appropriato il
commento della mucca.
Yogasutra di Patanjali
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