L’occhio vede, il cervello sa già

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L’occhio vede, il cervello sa già

di: Massimo Piattelli Palmarini

Data articolo: maggio 2008

I neuroni «capiscono» prima ciò che si imprimerà nella retina Da uno studio del San Raffaele nuovi
risultati sui meccanismi cerebrali della percezione visiva

Gli studi di due neuroscienziati del San Raffaele di Milano confermano la distinzione tra stimolo
visivo e percezione consapevole. Il ruolo delle saccadi, rapidi movimenti oculari: dai loro «tempi»
dipende la presa di coscienza di ciò che ci circonda In questi ultimi anni, la registrazione fine
dei processi cerebrali in tempo reale ci ha rivelato qualcosa che forse non ci fa del tutto piacere.
Cioè che il nostro cervello, o meglio qualche porzione di esso, «sa» cosa faremo un attimo prima che
noi stessi lo si sappia. Metto questo «sa» tra virgolette, in quanto ci è arduo credere che un
ammasso di cellule, per quanto solerti e ben interconnesse, possa davvero sapere qualcosa. Resta il
fatto, comunque, che qualcuno al di fuori di noi può tendenzialmente prevedere quanto noi, dopo
qualche attimo, sentiremo e faremo.

Solo qualche attimo, certo, ma esiste davvero il libero arbitrio, se percepire, sentire e decidere
discendono da binari cerebrali così obbligati? Un nuovo risultato viene ora rivelato, sull’ultimo
numero della rivista internazionale specialistica The Journal of Neuroscience, da due
neuroscienziati e psicologi sperimentali dell’Università San Raffaele di Milano: Claudio de’ Sperati
e Gabriel Baud-Bovy. I loro astuti esperimenti mostrano come il dramma che potremmo intitolare
«neurone sa, ma tu (ancora) no!» investa anche il guardare e il vedere, ovvero quanto di più
basilare, onnipresente e rapido esiste nella nostra vita mentale e cerebrale.

Premettiamo che, senza requie, due o tre volte al secondo, i nostri occhi fanno qualcosa di cui non
abbiamo alcuna consapevolezza, cioè rapidissimi movimenti in varie direzioni, chiamate in gergo
saccadi. Se, per assurdo, un movimento saccadico potesse durare un intero secondo, il nostro occhio
girerebbe su se stesso circa tre volte. Ebbene, de’ Sperati mi dice testualmente: «I movimenti
oculari saccadici sono a un tempo padroni e schiavi della visione. Padroni, perché sono loro a
dettare quale stimolo visivo cadrà sulla retina; schiavi, perché sono guidati dalle domande che il
nostro cervello pone come conseguenza di ogni successiva fissazione oculare».

SI GUARDA PRIMA DI VEDERE – I loro esperimenti rivelano qualcosa che già si supponeva, cioè che
l’occhio si indirizza verso un oggetto prima che questo sia stato visto in maniera pienamente
consapevole. Si guarda prima di vedere, insomma. Baud-Bovy mi spiega, in breve sintesi,
l’esperimento stesso: «Si fa lampeggiare per un istante un puntino luminoso in prossimità di un
secondo stimolo in movimento. Il primo stimolo non viene percepito nella sua posizione fisica, bensì
stabilmente spostato di una piccola quantità in direzione del movimento, come se il movimento del
secondo stimolo avesse trascinato con sé il primo stimolo». Quale lezione trarne ? «Ci si potrebbe
aspettare che, se si chiede a un osservatore di muovere gli occhi verso il primo stimolo, questi
guardi verso la posizione percepita (e illusoria), e non verso la posizione fisica dello stimolo,
che non viene registrata nella percezione.

E così è infatti, ma solo se la saccade parte un po’ meno di mezzo secondo dopo la presentazione
dello stimolo, cioè abbastanza tardi (si consideri che una saccade può essere diretta a un bersaglio
in soli uno o due decimi di secondo). Se la saccade parte prima, il movimento oculare è invece
accurato, ed è diretto verso la posizione fisica, invisibile, del primo stimolo. Quanto più la
saccade ritarda a partire, tanto più è “contaminata” dalla percezione illusoria. In altre parole,
nel “primo mezzo secondo”, guardare (la saccade) e vedere (l’immagine cosciente dello stimolo) sono
dissociati, e le saccadi, pur essendo accurate, partono “alla cieca”. Solo nel volgere di mezzo
secondo dalla presentazione dello stimolo i meccanismi di generazione delle saccadi accedono
pienamente al segnale visivo che corrisponde alla visione cosciente».

UN CANALE PER IL «COSA» E UNO PER IL «DOVE» – La scommessa degli autori è che il graduale
cambiamento della codifica della direzione saccadica nel tempo riveli la dinamica temporale della
formazione della percezione visiva consapevole nella corteccia cerebrale, cosa che si è sempre
rivelata assai ardua da studiare. Da circa quindici anni si sapeva che esistono due canali cerebrali
distinti: uno che presiede alle risposte motorie a uno stimolo visivo (movimenti dell’occhio
compresi), e un altro che presiede in qualche modo misterioso ciò che noi percepiamo consapevolmente
a seguito di quello stesso stimolo. Un canale per il «cosa» e uno per il «dove», che poi vanno a
ricomporsi.

Questa nuova scoperta di de’ Sperati e Baud-Bovy conferma che le due vie sono anatomicamente
separate, non solo, ma che lo sono anche i loro tempi di elaborazione dei segnali rispettivi. Mi
spiegano: «Il segnale visivo in arrivo dalla retina è utilizzabile dopo pochissimo tempo dai
circuiti della corteccia che generano i movimenti oculari saccadici, ma solo in un secondo momento
dà luogo alla percezione consapevole». Che si possa guardare senza vedere, insomma, non è solo il
risultato di distrazione, dell’avere la testa tra le nuvole, bensì di meccanismi microscopici
connaturati a come funziona il nostro cervello.

Fonte: www.corriere.it

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