L’UOMO OSTRICA 1
(PARTE PRIMA)
di Marco Ferrini (Matsyavatara Dasa)
da http://psicologiaespiritualita.blogspot.com/
Luomo ostrica è un essere umano inibito, bloccato. Anche se magari bolle dentro, trasuda, ha tic e
ogni sorta di ansietà, non si muove, perché si è creato un guscio troppo duro, che inizialmente
poteva funzionare come difesa – dinamica intrinseca alla sopravvivenza – ma poi ha finito per
immobilizzarlo. Dove si sviluppa sullepidermide una parte callosa? In una zona particolarmente
sottoposta a sollecitazione. Bene, esistono anche i calli mentali; un callo mentale permette di
difendere parti caratteriali emotive fragili, più esposte a sollecitazione, o a violenza. Dal
momento che questo è un processo naturale, che sul piano emotivo si manifesta in particolare fra gli
umani, va compreso come un meccanismo della Natura grazie alla quale si protegge la sopravvivenza
della specie. Tuttavia, se questa callosità viene esageratamente alimentata, diventa un problema,
perché ottunde la sensibilità. Da qui lincapacità di comunicare emotivamente con gli altri, che
allestremo genera la personalità ostrica, chiusa in sé stessa perché inibita, non più capace di
stabilire unazione creativa, progettuale nellambiente in cui vive. Rompere il guscio è qualcosa da
fare con cautela, pena uno shock, una paralisi ancora più grande. Oggi va di moda il self-made man,
ma dietro alla maschera di uomo forte che si è fatto da solo si nascondono aree di tremenda
debolezza, di dolore, di solitudine e di senso di fallimento personale. Luomo ostrica è un uomo fallito.
Le ostriche comunque si possono anche aprire e trasformare in qualcosaltro. La vita è uno strumento
meraviglioso; noi possiamo creare la nostra realtà interiore e la realtà dellambiente in cui
viviamo. Un evento di per sé ha la sua oggettività; non possiamo negare levento, altrimenti sarebbe
unaltra forma di alienazione. Dobbiamo piuttosto governarlo. Ma luomo ostrica non lo governa, si
chiude di fronte ad esso; non interagisce e dopo un po pensa che tutto, allesterno di lui, sia
ostile. Ecco che cosa genera la solitudine. Poiché latteggiamento che un individuo ha verso gli
altri produce lo stesso atteggiamento degli altri verso di lui, chi vede ostilità riceve ostilità,
chi vede amicizia riceve amicizia, chi vede apertura e benevolenza riceve altrettanto. Il primo 50%
di unimpresa viene deciso dallatteggiamento che si ha nel momento in cui ci si pone di fronte ad
una scelta. Una persona eccessivamente critica, che anche quando dice la cosa giusta la dice male,
perché negative sono le sue motivazioni (collera, invidia, bassezze di carattere), inquina gli altri e lambiente, ma ancor di più sé stessa.
Questo genere di attitudine isola, rende possibile quel fenomeno tuttaltro che piacevole e positivo
per lo sviluppo dellessere umano noto come solitudine. Anche una risposta eccessivamente negativa
può produrre inibizione nel nostro interlocutore; se reagiamo in maniera eccessiva ad unoffesa, ad
unostilità, ad unantipatia, ad un’apparente o reale minaccia, ciò crea inibizione. Non sono le
azioni degli altri a ferire, a procurare ferite emotive, ad offendere, sono piuttosto le nostre
reazioni che producono tutto ciò. Una reazione eccessiva indica una instabile e scadente fiducia in
sé stessi; poiché la reazione è sopra le righe e quel che produce è un rafforzamento del pericolo,
magari erroneamente percepito. Perfino il codice penale condanna la difesa eccessiva rispetto ad
unoffesa o ad una minaccia. Il primo problema è quello della conoscenza, il secondo è quello della
condotta, il terzo quello del governo o gestione delle risorse. Per prima cosa dobbiamo chiederci a cosa serve vivere e subito dopo: chi sono?
Se conosciamo il senso della vita, se conosciamo profondamente noi stessi e capiamo il contesto
socio-cosmico in cui siamo inseriti, allora qualsiasi cosa avvenga, piacevole o spiacevole, non avrà
su di noi un effetto travolgente, ma sarà uno stimolo per la nostra evoluzione. Finché le funzioni
estrovertite e quelle introvertite non si armonizzano, avremo sempre un uomo scisso. Come
trasformare una situazione di disgrazia in una benedizione? Attraverso la scienza della coscienza.
Quella callosità, quel guscio di cui parlavamo poco fa, in sanscrito avarana, rende luomo rigido,
chiuso, insensibile, impedendogli lo sviluppo di qualità ontologicamente sue, che deve semplicemente
risvegliare. Questo non è possibile finché i condizionamenti schiacciano il soggetto nella sua
natura inferiore. In questo mondo, infatti, lessere è sottoposto, suo malgrado, a vari
condizionamenti, barriere che la ancorano ad esperienze di sofferenza e dolore, a frustrazioni e limitazioni, allincapacità di raggiungere quello cui interiormente aspira.
Tratto da ‘Libertà dalla Solitudine e dalla Sofferenza’.
Solitudine e disagio esistenziale sono una delle peggiori afflizioni della nostra epoca, sebbene ciò
appaia un paradosso, visto che ci troviamo in un periodo in cui siamo letteralmente sommersi da comunicazioni di tutti i tipi, spesso inutili o dannose.
Luomo moderno è spesso disorientato, ha smarrito il contatto con sé stesso, chiudendosi sempre più
ad autentiche esperienze di gioia e di evoluzione interiore. Non possiamo comprendere la causa della
solitudine, senza prima conoscere le dinamiche che formano la personalità, realtà tanto presente quanto invisibile, magnetica e affascinante.
Attraverso unanalisi psicologica e spirituale delluomo nella realtà della sua interezza
bio-psico-spirituale, la penetrante saggezza dellIndia consente di comprendere lorigine della
sofferenza e suggerisce come ritrovare la via illuminata dellarmonia e del benessere.
Libertà dalla Solitudine e dalla Sofferenza – LIBRO
Autore: Marco Ferrini
Editore: Centro Studi Bhaktivedanta
Data pubblicazione: Aprile 2005
Tipo: Libro
Pagine: 121
Formato: 14,5×21
http://www.macrolibrarsi.it/libri/__liberta_dalla_solitudine-dalla_sofferenza.php?pn=1567
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