di Roy Eugene Davis
LA SCIENZA DEL KRIYA YOGA
EDIZIONI VIDYANANDA
Prefazione Editoriale
Roy Eugene Davis nacque nel 1931 e trascorse i suoi primi anni in una comunità
rurale nel nord dell’Ohio. R. E. Davis incontrò Paramahansa Yogananda nel
dicembre del 1949, e divenne discepolo di questo grande maestro di Yoga. Dopo
quattro anni di disciplina e pratica Yoga in un ambiente monastico, passò due
anni nell’esercito degli Stati Uniti e quindi cominciò il suo ministero
spirituale.
R E. Davis ha scritto più di venti libri, è redattore-editore del Truth Journal
e presidente del Center for Spiritual Awareness. Tra i suoi libri più importanti
citiamo: ‘Light on the Spiritual Path’, ‘The Philosophy and Practice of Yoga’;
‘One Life, Being, Power and Substance’. È famoso nel mondo per i suoi scritti,
le sue conferenze e i suoi seminari. Ricercatori entusiasti partecipano ai suoi
programmi negli Stati Uniti, in Canada, in Giappone e in Europa. Come
rappresentante della sua linea di guru, R E. Davis condivide il messaggio del
Kriya Yoga con migliaia di ricercatori e discepoli.
Mahavatar Babaji,
Mortale-Immortale
Per secoli sono state raccontate in India storie di un santo immortale, uno dei
tanti che rimangono eternamente giovani e il cui ruolo è lavorare per la
graduale ascesa evolutiva della coscienza del pianeta. Molto poco è stato
pubblicato sul maestro illuminato conosciuto col nome di Babaji, che è
considerato un mahavatar (una grande incarnazione di Dio). Il titolo, Babaji,
significa riverito, o santo padre. Il vero motivo per cui si hanno pochissime
informazioni su Babaji ed altri siddha come lui è che il loro ruolo è tra quelli
che si svolgono meglio dietro le quinte.
Vi sono oggi tra noi parecchi maestri illuminati che lavorano per elevare la
coscienza delle masse. Molti di tali maestri e profeti sono assistiti
spiritualmente da Babaji, poiché il suo ruolo è quello d’ispirare i leader
spirituali che si trovano sulle linee del fronte dei movimenti d’illuminazione.
Pur essendo noto come il primo in questa linea di guru, Babaji non è limitato a
questa linea, o ad alcuna tradizione particolare. Babaji lavora con qualsiasi
persona e qualsiasi tradizione illuminante, per portare nel mondo il cambiamento
e la Nuova Era. Egli è un essere perfetto, un vero siddha che non ha legami
karmici con il mondo, ma che rimane in un corpo sul piano terreno per agire come
un canale attraverso il quale la luce e la potenza di Dio possa fluire nella
coscienza umana e del mondo.
Babaji è rimasto incarnato per secoli ed è stato conosciuto con vari nomi in
differenti luoghi e tempi. Lahiri Mahasaya confermò che Babaji recitò il ruolo
di Sri Krishna. Lahiri Mahasaya scrisse nel suo diario: “Il vecchio baba è
Krishna”. Babaji disse a Lahiri Mahasaya e a Swami Kebalananda che, secoli
prima, egli aveva iniziato Swami Shankara nella scienza del Kriya Yoga.
Tra gli altri maestri di Yoga iniziati da Babaji nei tempi passati vi sono stati
Kabir, e alcuni grandi maestri che hanno scritto dei testi sullo Yoga. Lahiri
Mahasaya disse ad alcuni discepoli di essere stato Kabir in un’incarnazione
precedente. Si potrebbe dire che ovunque vi sia una tradizione yogica che
sottolinea la pratica dei Kriya, l’influenza di Babaji è pronunciata.
Lo stesso Babaji ha usato i metodi del Kriya Yoga per mantenere la sua forma
fisica. Inoltre egli ha sperimentato varie volte un processo di ringiovanimento
poco conosciuto – kaya kalpa – che include il digiuno, un prolungato riposo
insieme alla meditazione, e l’uso di certe erbe medicinali. Egli disse a Swami
Pranabananda, un discepolo di Lahiri Mahasaya, di essersi sottoposto molte volte
al processo del kaya kalpa.
Il Mahavatar insegna a seconda del temperamento e della capacità del discepolo,
dando al ricercatore generico delle utili linee di condotta per condurre una
vita responsabile e iniziando nei processi più avanzati quelli che sono pronti a
dedicarsi a una trasformazione più radicale della coscienza. Gli avatar svolgono
i loro ruoli secondo le necessità della rappresentazione cosmica, il ruolo di
Babaji è quello di un avatar di Shiva. La sua missione è di lavorare con la
coscienza del pianeta durante questa transizione tra l’Era Oscura e l’Era
dell’Illuminazione, per contribuire ad accelerare il risveglio dell’umanità ai
valori spirituali, e per neutralizzare alquanto lo stress e la tensione degli
sforzi umani maldiretti.
Inoltre nel presente ciclo vi sono certe influenze celesti e planetarie con cui
bisogna operare. Queste influenze richiedono la presenza sulla terra di maestri
illuminati che hanno la missione di dirigere alcune energie in armonia con la
tendenza evolutiva. Il lavoro che essi svolgono sul pianeta come pure sui piani;
sottili, è la nostra assicurazione che il disegno divino si rivelerà in linea
con il piano perfetto di Dio.
Nel corso dell’ultimo secolo la residenza principale di Babaji è stata nel nord
dell’India, nella zona di montagna vicino a Badrinarayan, non lontano dal
confine con il Nepal. Fu in questa regione, sulla montagna Dronagiri, che Babaji
iniziò Lahiri Mahasaya nel Kriya Yoga e, quindi, chiese al suo discepolo appena
risvegliato di ritornare in seno alla società e insegnare agli altri la scienza
segreta Tutto ciò avvenne nell’autunno del 1861. Durante la sua permanenza con
Babaji, Lahiri Mahasaya assistette a molti miracoli e incontrò parecchi
discepoli intimi del Mahavatar.
Durante un Kumbha Mela (un grande raduno religioso in cui s’incontrano santi e
persone comuni) tenuto ad Allahabad, dove confluiscono i fiumi Gange, Jamuna e
Saraswati, Babaji si incontrò con Sri Yukteswar e gli chiese di scrivere un
libro che rivelasse l’unità che sta alla base di tutte le religioni. Sri
Yukteswar scrisse quel libro, ‘The Holy Science’. Anche parecchi discepoli
intimi di Lahiri Mahasaya ebbero nel corso degli anni un contatto personale con
Babaji, sia vivendo con lui nell’Himalaya, sia quando Babaji si manifestava loro
nella sua forma sottile.
La storia personale di Babaji è sconosciuta. Alcuni titoli di rispetto datigli
dai discepoli di Lahiri Mahasaya sono Mahamuni Babaji (Supremo Maestro
Estatico), Maha Yogi (il Grande Yogi), e Trambak Baba, o Shiva Baba (titoli che
designano gli avatar di Shiva). Vi è più di una piccola evidenza per collegarlo
con l’apparizione in epoca più recente di un grande santo conosciuto col nome di
Sri Hairakhan Baba, che fu pubblicamente attivo fino al 1922.
Il mio guru ha scritto più estesamente su Babaji nel suo libro, ‘Autobiografia
di uno Yogi’.
Spesso Babaji appare giovane, e altre volte più anziano. Alcune volte è
perfettamente rasato, mentre altre volte ha i baffi, o la barba. Quale che sia
la sua apparenza esterna, l’Avatar mortale-immortale è sempre lo stesso spirito
libero pienamente consapevole. Si sa che egli conduce cerimonie particolari
durante le quali si cantano dei mantra, che hanno lo scopo d’invitare le energie
sottili nell’atmosfera del pianeta.
Poiché la missione di Babaji è quella che è, egli non partecipa ad incontri
pubblici. E neppure è disponibile per il ricercatore curioso che potrebbe andare
a cercarlo per l’Himalaya. Quando il devoto è veramente in sintonia con la sua
coscienza, può essere contattato telepaticamente e attraverso la visione
dell’occhio spirituale.
Lahiri Mahasaya,
Incarnazione dello Yoga
In conformità con l’impulso della Nuova Era, il 30 settembre 1828 nacque in
India un uomo che doveva svolgere un ruolo fondamentale nell’introdurre la
scienza del Kriya Yoga nel mondo. Nel villaggio di Ghurni, nel distretto di
Nadia, nel Bengala Occidentale, già quand’era ragazzino Shyamacharan Lahiri
sedeva spesso a meditare e cercava posti tranquilli per la contemplazione.
La sua famiglia era devota a Dio nella forma di Shiva, e aveva costruito
parecchi templi allo scopo di adorare pubblicamente e privatamente questa
espressione di Dio.
A scuola, nella città santa di Varanasi, Lahiri studiò e apprese parecchie
lingue, incluso l’inglese, il sanscrito, l’urdu, l’hindi, il parsi e il
bengalese. Poiché possedeva una vitalità eccezionale, praticò molti sport e
spesso nuotava nel Gange. Quando aveva diciotto anni i suoi genitori lo
sposarono con Kashimoni Devi, che, in seguito, diventò sua discepola e raggiunse
un alto grado di realizzazione. Da questa unione nacquero due figli e tre
figlie. I figli, Tinkari e Dukari Lahiri, seguirono la tradizione del padre e si
dedicarono alla pratica del Kriya Yoga.
Lahiri Mahasaya, nome con il quale divenne famoso (mahasaya è un titolo
attribuitogli dai discepoli e significa ‘colui che ha una grande visione
mentale, o la coscienza cosmica’) – accettò lavoro come impiegato per un ufficio
del Ministero del Lavoro. Il suo ufficio aveva il compito di fornire materiale
per i progetti di costruzione di strade per conto dell’esercito. Lahiri
insegnava anche hindi, urdu e bengalese a diversi ingegneri e ufficiali del suo
dipartimento. Mentre praticava i metodi yogici nel segreto della sua casa, egli
adempiva i suoi doveri familiari e gli obblighi sociali con premurosa attenzione
fin nei minimi particolari. In tal modo egli divenne un esempio per gli altri,
dimostrando che è possibile vivere una più normale e conseguire nello stesso
tempo la meta suprema dell’Autorealizzazione.
Nel 1861 Lahiri Mahasaya fu trasferito a Ranikhet, una zona ricca di foreste
vicino a Nainital, nell’Himalaya. Un pomeriggio, mentre vagava nei pressi della
montagna Dronagiri, incontrò un sant’uomo che lo chiamò per nome: “Shyamacharan,
sei venuto!”. Il sant’uomo era Mahavatar Babaji, che aveva scelto quella
circostanza per rinnovare la relazione guru-discepolo che vi era stata tra loro
per numerose incarnazioni. Lahiri fu condotto in una grotta e gli furono
mostrati i semplici possessi di un asceta: un recipiente per l’acqua, un
sostegno per la meditazione, e altri oggetti che ricordò gli erano appartenuti
nell’incarnazione precedente.
Quando Babaji lo toccò, risvegliando le impressioni latenti nella sua memoria,
egli riuscì a ricordare il passato. Babaji informò il discepolo che il suo
sentiero era veramente quello del Kriya Yoga, perché uno degli antenati di
Lahiri era il grande saggio Shandilya. La Sandilya Upanishad è un trattato sulle
pratiche yogiche avanzate che precede nel tempo gli Yoga sutra di Patanjali.
Nel corso di alcuni giorni, Lahiri Mahasaya fu istruito in tutto il processo del
Kriya Yoga; e riuscì a padroneggiare rapidamente tutte le tecniche e le
procedure. Dopo avergli dato l’istruzione preliminare, Babaji fece bere a Lahiri
dell’olio, che purificò ulteriormente il suo corpo. Quindi gli fu data
l’iniziazione al Kriya Yoga, dopo la quale Lahiri passò alcuni giorni in un
samadhi ininterrotto. Al solo scopo dell’iniziazione, Babaji aveva
materializzato un bellissimo palazzo, usando la sua volontà per riunire gli
elementi sottili dall’etere. In seguito spiegò di averlo fatto per soddisfare e
realizzare il desiderio subconscio che Lahiri aveva di un palazzo; desiderio che
egli aveva avuto in una precedente incarnazione.
Lo slancio ricevuto dalle precedenti discipline spirituali e la grazia del suo
guru permisero a Lahiri di padroneggiare in pochissimo tempo quello che per il
ricercatore comune richiede molti anni. Poiché era stato supremamente illuminato
nella sua incarnazione precedente, Lahiri si ridestò rapidamente al suo alto
stato di coscienza. Mentre era con Babaji, Lahiri Mahasaya ebbe occasione di
osservare parecchi incidenti interessanti.
Per esempio, nella grotta in cui dimoravano Babaji e i suoi discepoli vi era una
ciotola che forniva cibo e acqua ai discepoli. Tutto ciò che il discepolo doveva
fare era pensare al cibo, o alla bevanda che desiderava, ed esso si
materializzava istantaneamente nella ciotola. Una volta Lahiri andò a visitare
un tempio, ad alcune miglia dalla grotta, e là di notte osservò un sant’uomo
venuto per compiere il rituale dell’adorazione. Un alone luminoso circondava il
santo; più tardi Babaji disse a Lahiri che si trattava del figlio di
Dronacharya. Una volta il grande Dronacharya, un precettore dei tempi del
Mahabharata, aveva vissuto in quel luogo con i principi Pandava, che erano la
parte virtuosa impegnata nell’epica battaglia in seguito resa popolare in poemi
e storie, inclusa la Bhagavad Gita. Il sant’uomo visto da Lahiri Mahasaya è
considerato un mortale-immortale, come Babaji.
Prima di lasciare Ranikhet, Lahiri Mahasaya iniziò alcuni discepoli nelle
pratiche del Kriya Yoga. Fu una sua caratteristica condividere il processo del
Kriya Yoga con quasi tutti quelli che andavano da lui con un sincero desiderio
di sviluppo spirituale. Nel corso degli anni egli iniziò persone appartenenti a
molte tradizioni religiose. Con Lahiri Mahasaya, le antiche restrizioni
riguardanti l’iniziazione yogica furono in qualche modo allentate. Babaji fu
d’accordo con Lahiri che era venuto il tempo per una maggiore divulgazione del
Kriya Yoga.
Lahiri Mahasaya insegnò ai suoi discepoli a vivere nel mondo e a dedicarsi
fedelmente alle loro pratiche spirituali. Il maestro iniziò anche degli yogi
altamente evoluti, ivi inclusi Swami Sri Yukteswar, Swami Pranabananda,
Keshavananda Avadhut, Sri Shastri Mahasaya, Srimat Bhupendranath, Dayal Maharaj
e Ram Gopal. Così grande era il rispetto di cui godeva Lahiri, che una volta il
famoso santo Swami Trailanga disse di lui: “Io ho dovuto rinunciare a tutto per
avere ciò che a Lahiri Mahasaya è stato dato da Dio”.
Ventidue libri – commentari su diverse scritture sacre – furono il risultato
degli sforzi di Lahiri per portare il messaggio della realizzazione di Dio alla
portata delle persone comuni. Egli non permise che si facesse alcun tentativo di
organizzazione formale, ma raccomandò che gli insegnamenti fossero trasmessi ai
sinceri ricercatori. Panchanon Bhattacharya, un suo discepolo, diede un
grandissimo contributo alla preparazione dei manoscritti e alla loro
pubblicazione.
Per venire incontro ai comuni ricercatori, Lahiri Mahasaya snellì e semplificò i
metodi del Kriya Yoga. Le tecniche essenziali che egli insegnò formano la base
per una pratica regolare che può destare le forze latenti nel devoto ed essere
lo strumento di liberazione della coscienza Alcuni dei suoi discepoli ai quali
permise di dare l’iniziazione al Kriya Yoga fondarono parecchi ashram; ma la
principale propaggine pubblica doveva trovare espressione attraverso Swami Sri
Yukteswar, che fondò due ashram dove si insegnava Yoga e inoltre preparò
Paramahansa Yogananda per la sua missione in Occidente. Quando Yoganandaji aveva
circa un anno, suo padre – che era un discepolo di Lahiri Mahasaya – lo portò
dal grande guru per farlo benedire. Benedicendo il bambino, Lahiri lo pose sul
suo grembo e disse: “Sarà un grande motore spirituale e porterà molte anime a
Dio”.
Una grande incarnazione dello Yoga (Yogavatar) viene in questo mondo per uno
scopo particolare e se ne va quando ha compiuto la sua missione. Fu così che
Babaji disse a Sri Yukteswar, nel loro incontro durante il Kumbha Meb del 1894,
di portare a Lahiri un messaggio che diceva che il tempo in cui Lahiri Mahasaya
sarebbe entrato in mahasamadhi non era molto lontano. Sei mesi prima del suo
trapasso, Lahiri Mahasaya manifestò a sua moglie l’idea di lasciare il corpo
durante il mese di settembre del 1895. Il giorno 26 di quel mese, che era il
Mahastami, il secondo giorno di adorazione della Madre Divina sotto l’aspetto di
Durga, nella casa di un vicino era in corso una cerimonia rituale. Il momento
più significativo di questo rituale è il periodo di transizione della fase
lunare, quando diventa più luminosa nel passaggio tra l’ottavo e il nono giorno.
In quell’attimo Lahiri Mahasaya aprì i suoi occhi per un istante, e poi li
richiuse per ritirarsi nella meditazione profonda; quindi fece uscire la sua
coscienza dal corpo. Più tardi, tre discepoli intimi che non erano presenti al
momento del trapasso ebbero visioni di Lahiri Mahasaya.
Il giorno seguente, dopo che il Suo corpo era stato cremato nel Manikarnika Ghat
sulle riva del Gange, un discepolo, Swami Keshavananda si trovava in camera sua
quando una grande luce riempì lo spazio. Lahiri Mahasaya apparve in carne ed
ossa, ma con un aspetto più giovane e più radioso. Egli disse al discepolo: “Il
mio lavoro di capofamiglia nel mondo è terminato ; ma non lascerò la terra
completamente. D’ora in poi passerò qualche tempo con Babaji sull’Himalaia, e
con Babaji nel cosmo”. Alcune anime illuminate continuano la loro opera di
redenzione per il mondo, anche dopo aver lasciato la loro forma fisica,
lavorando attraverso un corpo sottile. In tal modo esse infondono alla coscienza
del pianeta una notevole energia, lavorando nello stesso tempo sui piani
interiori con i discepoli ricettivi. La presenza di Lahiri Mahasaya è percepita
intensamente dai devoti che percorrono il sentiero del Kriya Yoga, quando questi
si sintonizzano con Dio attraverso la linea del guru.
Swami Sri Yukteswar,
Incarnazione di Saggezza
Poiché viene ricordato per la sua chiara comprensione della natura della
Coscienza, Sri Yukteswar può essere considerato uno Jnanavatar, un’incarnazione
di saggezza. Il suo nome monastico, Yukteswar, significa ‘unione con Ishwara’
(quell’aspetto di Dio che controlla la natura). Egli entrò nell’Ordine degli
Swami dopo la morte di sua moglie e d’allora in poi dedicò la sua vita
all’educazione dei discepoli e all’approfondimento delle sacre scritture. Il suo
tempo fu diviso tra i Suoi due ashram, uno a Puri e l’altro a Serampore, nei
pressi di Calcutta.
Nato nel 1855 da genitori benestanti, gli fu dato Priya Nath Karar. Da adulto,
Sri Yukteswar si sposò e investìla sua eredità in proprietà. Come il suo guru
Lahiri Mahasaya, Sri Yukteswar era un marito e un padre, ed era coinvolto in
maniera responsabile con i doveri e gli obblighi sociali. Quand’era in età
matura incontrò il suo guru e si dedicò alla pratica del kriya Yoga. La sua
iniziazione formale nell’ordine degli swami avvenne a Bodh Gaya.
Questo maestro di Yoga fu anche un famoso astrologo, inoltre egli studiò
l’Ayurveda, l’antica scienza vedica della salute e del ringiovanimento.
Conosceva molto bene la scienza che prescrive l’uso di certi metalli e gemme, da
portare per scopi terapeutici. Egli fece delle ricerche nella teoria dei cicli
cosmici (yuga) e scoprì un errore nell’almanacco indù, provando in tal modo la
sua teoria del ciclo equinoziale di 24.000 anni (che comprende sottocicli di
4.800, 3.600, 2.400 e 1.200 anni).
Conosciuto tra i suoi discepoli come un maestro nella guarigione spirituale, Sri
Yukteswar non manifesto mai apertamente i suoi siddhi. Egli era estremamente
pratico, e quando Yoganandaji da giovane pensò di rinunciare ai rapporti con la
sua famiglia, Sri Yukteswar gli diede il
consiglio: “Perché escludere la famiglia dal nostro amore per Dio?”. A volte Sri
Yukteswar visitava i discepoli anche nella sua forma sottile, apparendo loro in
sogni e visioni nei momenti di bisogno. Egli aveva soltanto pochi discepoli. Il
Maestro una volta disse: “Sri Yukteswar sarebbe potuto essere il guru più
ricercato dell’India, se non fosse stato per il modo rigoroso in cui educava i
discepoli”. In un’altra occasione, quando un visitatore guardò un ritratto di
Sri Yukteswar e osservò che sembrava un uomo di grande levatura, Paramahansaji
esclamò con tono reverenziale: “Non era un uomo, era un dio!”.
Per dieci anni Paramahansaji ricevette istruzioni sotto la guida personale di
Sri Yukteswar, prima di essere mandato in Occidente nel 1920. Quando giunse il
momento, Sri Yukteswar disse: “Vai adesso e tutte le porte ti saranno aperte”.
Manifestò sempre un grande interesse su come si sviluppava il lavoro in America.
Nel 1935 chiese a Paramahansaji di ritornare in India per rivederlo.
Il 9 marzo del 1936 il grande maestro abbandonò coscientemente il suo corpo e fu
seppellito nel giardino del suo ashram di Puri, dove ora è stato eretto un
tempio alla memoria Tre mesi dopo, in una stanza d’albergo a Bombay,
Paramahansaji vide Sri Yukteswar nella sua forma resuscitata e conversò con lui.
Sri Yukteswarji diede al suo discepolo informazioni personali sulle tendenze del
mondo, gli spiegò nei dettagli come si svolge la vita nei reami sottili, e gli
disse che attualmente fungeva da salvatore per le anime evolute di un certo
pianeta astrale, chiamato Hiranyaloka. Là, molti abitanti si ritirano dagli
attaccamenti astrali, e si preparano ad andare in reami ancora più sottili. Dopo
il servizio funebre, l’Amrita Bazar Patrika, un giornale di Calcutta, pubblicò
il seguente
articolo:
grande discepolo di Yogiraj Sri Shyamacharan Lahiri Mahasaya di Benares. Swamiji
Maharaj fu il fondatore di parecchi centri Yogoda Satsanga in India, e fu il
grande ispiratore del movimento Yoga portato in Occidente da Swami Yogananda, il
suo principale discepolo. Furono i poteri profetici e la realizzazione profonda
di Sri Yukteswar che ispirarono Swami Yogananda ad attraversare l’oceano per
diffondere in America il messaggio dei maestri dell’India. Le sue
interpretazioni della Bhagavad Gita e di altre scritture sacre dimostrano la
profonda padronanza che Sri Yukteswar aveva della conoscenza filosofica, sia
orientale che occidentale, e aprono gli occhi al mondo sull’essenziale unità tra
Oriente e Occidente. Convinto assertore dell’unità di tutte le fedi religiose,
Sri Yukteswar Maharaj fondò il Sadhu Sabha (Società dei Santi) con la
cooperazione dei capi di varie sette e fedi religiose, per la diffusione di uno
spirito scientifico nella religione. Prima della sua morte, egli nominò Swami
Yogananda suo successore alla presidenza del Sadhu Sabha. Oggi l’India è davvero
impoverita dal trapasso di questo grande uomo. Possano tutti coloro che ebbero
la fortuna di conoscerlo da vicino vedere manifesto in loro stessi il vero
spirito della cultura indiana e del sadhana che lui incarnava.>
Molti dei centri fondati da Sri Yukteswar sono stati incorporati nel movimento
della Self- Realization Fellowship e continuano a diffondere il messaggio del
Kriya Yoga a migliaia di persone in India, provvedendo nel contempo a servire
l’umanità mediante scuole, college e cliniche mediche. Altri discepoli di Sri
Yukteswar hanno fondato ashram che non hanno alcuna affiliazione a
un’organizzazione.
Paramahansa Yogananda,
Maestro del Mondo
Agli inizi di questo secolo la scienza dello Yoga era nota solo a pochissime
persone in America. Fu Paramahansa Yogananda che portò il messaggio dei maestri
dello Yoga in Occidente, facendolo conoscere in maniera pratica a un grande
pubblico.
Egli nacque col nome di Mukunda Lal Ghosh, il 5 gennaio del 1893, a Gorakhpur,
nel nord dell’India vicino alle montagne himalayane, in una famiglia di otto
figli. I suoi genitori erano discepoli di Lahiri Mahasaya ed educarono i loro
figli con amore e senso di disciplina.
Da ragazzo Paramahansaji crebbe in un relativo benessere; suo padre faceva parte
dell’esecutivo di una compagnia ferroviaria indiana e guadagnava un ottimo
stipendio.
Battezzato da Lahiri Mahasaya quando aveva circa un anno, crescendo il giovane
Mukunda andò spesso a visitare santi e maestri, imparando da loro la scienza
segreta dello Yoga e traendo grande ispirazione per continuare sul sentiero
spirituale. Una volta egli disse che era stato cosciente mentre si trovava nel
grembo di sua madre, e in seguito ricordò le sue incarnazioni precedenti come
uno yogi.
Quando aveva dodici anni, una volta entrò nella sua cameretta di meditazione,
nell’attico della sua casa di famiglia a Calcutta, e rimase assorto in samadhi
per quarantotto ore, durante le quali fece l’esperienza della manifestazione e
dissoluzione dell’universo e vagò per i cieli più alti. Paramahansaji disse ai
discepoli che egli era venuto al mondo allo scopo preciso d’insegnare lo Yoga in
Occidente e che era volontà di Babaji che lui lo facesse. Come Babaji aveva
richiamato sul piano terreno Lahiri Mahasaya perché fosse d’esempio alla gente
nella società, allo stesso modo aveva chiamato Paramahansaji perché fosse un
missionario dello Yoga nel mondo, che ne era in attesa.
Paramahansaji incontrò il suo guru, Swami Sri Yukteswar, mentre era ancora
studente in un college, e passò i dieci anni che seguirono sottoponendosi
volontariamente a un meticoloso addestramento sotto di lui. Pochissimi avrebbero
potuto sopportare quella rigorosa disciplina, ma Paramahansaji non era un comune
ricercatore sul sentiero. Egli era venuto per adempiere una missione specifica e
il suo periodo d’addestramento sotto Sri Yukteswar, che aveva un grandissimo
interesse per l’illuminazione del mondo, gli fornì il vigore necessario e le
direttive per il suo lavoro. Dopo avere ottenuto la laurea dal college, nel 1914
Mukunda Lal Ghosh fu iniziato nell’antico ordine monastico degli Swami e il suo
nome fu cambiato in Swami Yogananda. Come Sri Yukteswar, egli divenne un membro
del ramo di montagna
(Girt) dell’antico
Ordine. Ananda significa ‘beatitudine’, e quindi Yogananda significa
‘beatitudine attraverso lo Yoga’. Il nome Yogananda è abbastanza comune tra gli
swami.
Prima di partire per l’America, Paramahansaji prese parte attiva
nell’organizzazione istituita dal suo guru e fondò una scuola a Ranchi per
l’educazione dei bambini. Una delle caratteristiche di questa scuola era la
pratica dello Yoga e della meditazione. Un giorno, mentre meditava,
Paramahansaji ebbe una visione, durante la quale gli apparvero i volti di un
grande numero di persone; capì che erano discepoli che doveva incontrare in
America. Poco dopo fu invitato a parlare in una conferenza religiosa che si
teneva a Boston e, grazie alla generosa assistenza finanziaria di suo padre,
poté rimanere negli Stati Uniti anche dopo la conclusione della conferenza.
A Boston egli accettò i suoi primi discepoli americani e cominciò a tenere delle
lezioni. Ben presto si mise a viaggiare per le maggiori città, rivolgendosi a un
grande pubblico. Ovunque andasse era accolto dai cittadini più importanti del
posto e da influenti uomini d’affari.
Durante la sua visita a Washington, D.C., fu accolto alla Casa Bianca dal
Presidente Calvin Coolidge. Dopo avere posto le fondamenta per il suo lavoro,
Paramahansaji si stabilì a Los Angeles, in California, e con l’aiuto dei suoi
discepoli acquistò una grande proprietà, che diventò il suo quartier generale
internazionale e nel contempo un ashram per l’ammaestramento dei discepoli che
sceglievano la vita monastica.
L’ideale di Paramahansaji era quello di presentare un insegnamento pratico e
divulgare un messaggio,sia di quantità che di qualità: quantità perché voleva
raggiungere il maggior numero di persone con una filosofia utile e pratica, e
qualità nel lavoro personale con i discepoli ricettivi. Egli disse spesso che
molti dei suoi discepoli erano stati con lui già prima ed erano ritornati per
completare la loro liberazione e per assisterlo nella sua missione.
Egli fece ritorno in India una sola volta nel 1935-36, e fu in quell’occasione
che Sri Yukteswar gli diede l’altro titolo monastico di Paramahansa, il titolo
più alto che si può dare a uno yogi. Hansa è il termine sanscrito per ‘cigno’.
La tradizione vedica dice che un cigno riesce a bere da un miscuglio di latte ed
acqua, prendendo dalla soluzione liquida soltanto il latte. Perciò il
paramahansa è un ‘cigno supremo’ tra gli yogi, capace di prendere dal mondo in
cui vive soltanto l’essenza suprema.
Al suo ritorno in America, fu offerto a Paramahansaji un ritiro eremitaggio a
Encinitas, in California, dono del suo discepolo principale James J. Lynn
(Rajarsi Janakananda). Nella prima parte della quarta decade di questo secolo
Paramahansaji fondò due chiese, una a Hollywood e l’altra a San Diego. Egli
diede a ciascuna struttura il nome di ‘Chiesa di Tutte le Religioni’ e per
parecchi anni alternò i suoi servizi domenicali tra i due posti. Dieci anni dopo
sul terreno della chiesa di Hollywood fu aggiunta un’altra costruzione, mentre
un nuovo tempio fu consacrato a Pacific Palisades, in California.
Man mano che il suo lavoro in California progrediva, la sua organizzazione era
impegnata tra l’altro a mandare lezioni di Yoga a migliaia di studenti. Il suo
libro ‘Autobiografia di uno Yogi, pubblicato nel 1946, fece conoscere il
messaggio dei maestri a migliaia e migliaia di ricercatori ed è ora pubblicato
in quattordici lingue in tutto il mondo. Si calcola che più di centomila persone
ricevettero da lui l’iniziazione al Kriya Yoga durante i suoi trentadue anni di
ministerio in Occidente.
Nel 1950 Paramahansaji si ritirò dal lavoro pubblico e si appartò nel suo ritiro
nel deserto vicino a Twenty-Nine Palms, in California, per scrivere un
esauriente commentario sulla Bhagavad Gita.
Nei mesi che precedettero il suo mahasamadhi egli informò i discepoli intimi che
il suo lavoro era terminato e che pensava di andarsene. Aveva stabilito
l’organizzazione su solide basi finanziarie e aveva addestrato discepoli chiave
a portare avanti l’opera nel suo spirito, dimostrando in tal modo di essere un
maestro del mondo materiale oltre che un maestro di Yoga.
Confidò ai discepoli che sarebbe rimasto per un po’ nei reami sottili, e quindi
sarebbe ritornato per stare con Babaji nell’Himalaya.
Il 7 marzo 1952, dopo aver fatto un piccolo discorso in occasione di un incontro
speciale di devoti e personalità rappresentative dell’India (incluso
l’ambasciatore dell’India negli Stati Uniti), egli sollevò i suoi occhi e lasciò
il corpo. Alcuni anni prima aveva detto ai
discepoli: “Quando me ne andrò, voglio andarmene in piena attività, parlando di
Dio e dei grandi maestri”. Il suo desiderio è stato realizzato.
Alcune settimane dopo, gli ufficiali del cimitero di Forest Lawn mandarono alla
Self- Realization Fellowship una lettera legalizzata che affermava che il corpo
di Paramahansaji non mostrava alcun segno di decadenza, anche se erano trascorse
parecchie settimane dalla morte; in seguito il corpo fu posto in una cripta. Da
tempo immemorabile gli yogi insegnano che la pratica devota dei processi del
Kriya Yoga purifica e trasforma di fatto il corpo fisico.
Questo grande maestro d’importanza mondiale profetizzò che dopo il suo trapasso
la sua opera sarebbe cresciuta e avrebbe continuato ad esercitare una
grandissima influenza per il bene dell’umanità. Ai discepoli che gli chiedevano
come stabilire la sintonia tra guru e discepolo dopo il suo trapasso, egli
disse: “Se mi penserete vicino, io sarò vicino”.
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