Mantra, il sacro potere del suono
di Ornella Marcucci
In India, in un’epoca imprecisata, sicuramente precedente la scrittura, alcuni uomini chiamati Rishi, i Cantori, furono capaci di percepire le sottili vibrazioni generate dai suoni naturali: il palpito della terra, lo scorrere dell’acqua, il crepitare del fuoco, il respiro…queste vibrazioni primordiali furono tramandate per generazioni e infine diventarono le 50 lettere dell’alfabeto sanscrito con le quali furono composti i Veda(1). Leggiamo un bellissimo brano tratto da un Upanishad(2):
Lo Yogi ascolterà il suono celeste dall’orecchio destro; praticando la meditazione sulla relazione tra lo spazio e l’udito si percepisce la musica delle sfere. Il sussurro del suono interiore assomiglia al rumore delle onde dell’oceano, a quello della pioggia che cade, a quello dei ruscelli della montagna, agli echi delle campane e delle conchiglie marine.
Nei Veda, risalenti fino al 2000 A.C. troviamo per la prima volta descritto il mantra, con questo nome possiamo trovare un verso, un canto sacro, una formula magica, l’ invocazione ad una divinità.
È una semplice sillaba, un nome, un’intera frase che si è autorivelata al Rishi in meditazione.
L’etimologia più accreditata di mantra dice che si tratta di una parola composta da man, mente e tra, strumento. Il mantra quindi è uno strumento per la mente, ma esattamente a cosa serve? Rimaniamo con la risposta in sospeso e intanto vediamo in che modo praticare. La ripetizione, japa, può essere fatta a voce alta, si può sussurrare o pensare.
Esistono alcune tecniche tradizionali che aiutano a mantenere l’attenzione: si può usare una collana, mala, la ghirlanda, composta dal numero sacro di 108 perline più una grande, detta Meru.
Tenendola nella mano destra, si recita il mantra e si sgranano le perle facendole passare tra pollice e medio, quando si arriva alla perla principale si torna indietro. Oppure si possono usare le pieghe delle dita della mano. Contandole spostando il pollice su ogni falange, si ottengono dodici ripetizioni che ripetute 9 volte diventano 108.
Il mantra può anche essere scritto, con il likhita japa, in questo caso si decide liberamente il numero di ripetizioni. Ma il mantra non è una tecnica fine a se stessa, attraverso la sua recitazione abbiamo accesso all’energia contenuta nel suono.
Secondo la fisica ogni processo fenomenico è una manifestazione di energia, così il mantra con qualità saguna, che secondo la tradizione ha una sua Shakti, una energia divina specifica che si rivela quando avviene la corrispondenza tra suono e pensiero, cioè il superamento della distinzione tra i due.
Ci sono anche i Mantra, senza qualità, nirguna, che hanno valore universale, il più importante tra tutti è l’ Om.
Nella Mandukya Upanishad è scritto:
OM, questa parola eterna è tutto, è ciò che è stato, ciò che è, ciò che sarà.
Om è il suono originale della creazione, della grande esplosione cosmica, il cui eco è ancora percepibile attraverso le sofisticate apparecchiature degli astronomi.
Secondo le corrispondenze alchemiche tra ciò che sta in alto e ciò che sta in basso recitando l’Om, vibrando insieme al suono con tutto il corpo, dal basso verso l’alto, ucchara ristabiliamo la connessione con la forza creatrice dell’universo.
Com’è noto, nella Bibbia, (ma anche nei Salmi, nella Kabala, nel Corano) si fa riferimento al potere creativo della parola, anche nei Rg Veda è scritto che quando gli Dei parlano le cose si manifestano, ripetendo il mantra quindi l’uomo diventa capace di evocare il potere originale del suono; la coscienza diventa pervasiva e luminosa, le condizioni causali di spazio e tempo cessano e in questo stato di perfetta immobilità svanisce l’illusione della separazione e si realizza il Samadhi, la condizione in cui siamo uno con il tutto.
1) I 4 testi sui quali è fondata la civiltà indiana: Rgveda, Samaveda, Yayurveda e Atharvaveda
2 ) Commenti e approfondimenti sui Veda, anche noti come Vedanta, la fine dei Veda
da lavocedelcarro.it
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