di Silvia Turrin
La conoscenza del potere terapeutico delle piante risale a tempi remoti. I primi medicamenti
utilizzati dalluomo derivavano proprio dallambiente naturale e, ancora oggi, il 25% dei farmaci in
commercio contengono sostanze di origine vegetale.
In Occidentale, tuttavia, questo antico sapere è stato in gran parte offuscato dalle scoperte
mediche in campo scientifico e dallapproccio razionalista-illuminista che ne è derivato. Nei Paesi
del Sud del mondo, nonostante limposizione di schemi analoghi durante lepoca della colonizzazione,
luso di piante medicinali risulta ancora molto diffuso, in particolare nelle zone rurali.
La motivazione principale è connessa ai costi eccessivi del modello terapeutico occidentale, che
ruota attorno a prodotti commercializzati dalle industrie farmaceutiche. Ma nei Paesi asiatici,
africani e latino-americani lampio utilizzo della fitoterapia non deriva soltanto da una necessità
puramente economica. Si tratta anche di un approccio culturale, strettamente connesso a credenze e
riti ancestrali. Ciò è particolarmente vero se si considera la medicina tradizionale africana che,
allinizio del XXI secolo, sta vivendo una vera e propria riscoperta.
IL RECUPERO DELLA MEDICINA TRADIZIONALE AFRICANA
LUnione Africana ha dichiarato il periodo 2001-2010 “decade per la medicina tradizionale africana”.
Lobiettivo è quello di incentivare gli Stati membri a realizzare programmi che integrino
ufficialmente proprio questo antico sapere nei diversi sistemi sanitari nazionali.
Anche lOrganizzazione mondiale della sanità (OMS) ha voluto incoraggiare simili iniziative,
lanciando nel 2002 un programma internazionale per disciplinare e promuovere la medicina
tradizionale. Per questo, lOMS sta appoggiando svariati studi sulla reale efficacia di piante ed
erbe utilizzate di generazione in generazione per curare numerose malattie: dalla febbre alle
infiammazioni, dallipertensione ai disturbi cardiaci.
Liniziativa lanciata dallOMS deriva dalla constatazione che molte specie vegetali accuratamente
studiate hanno portato alla produzione di sostanze medicinali di enorme beneficio per lumanità. Ma
delle oltre 200 mila piante attualmente conosciute, sono soltanto poco più di mille quelle
sottoposte ad attenti esami per valutarne le proprietà mediche.
Ricerche che meritano particolare considerazione, sostenute dallOMS, stanno focalizzando
lattenzione verso particolari erbe antimalariche (come la Combretum micranthum), nonché su piante
che apporterebbero benefici ai malati di AIDS. Proprio di questo aspetto si sta occupando il Medical
Research Council, centro di ricerca sudafricano impegnato nei test sullefficacia della Sutherlandia
Microphylla: pianta utilizzata tradizionalmente come tonico, che avrebbe la capacità di aumentare
lenergia e la massa corporea delle persone affette dal virus dellHIV.
Il Sudafrica è tra le nazioni africane più impegnate nella promozione delle pratiche mediche
tradizionali. Il Parlamento della rainbow nation ha, infatti, approvato il Traditional Health
Practitioners Bill, che riconosce ufficialmente la medicina tradizionale. Ciò significa che i 200
mila guaritori presenti nel Paese possono svolgere la loro attività in modo più trasparente e con
maggiori diritti grazie anche allistituzione dellalbo professionale.
In questo modo, lancestrale farmacopea viene integrata nel sistema sanitario nazionale basato sulla
biomedicina e risultano anche maggiormente tutelati i pazienti che si affidano alle antiche
conoscenze: in Sudafrica si stima che ben il 70% della popolazione ricorre periodicamente alle cure
dei guaritori. Altri stati africani si stanno impegnando a recuperare e a promuovere la medicina
tradizionale.
La Tanzania ha varato una specifica legislazione che la regolamenta, mentre in Ghana è stata creata
una federazione che riunisce le varie associazioni dei guaritori ed è stato promosso un codice etico
che ne disciplina lattività. Il Mali è stato tra i primi Stati africani a regolamentare e a portare
avanti studi nel settore. Nel 1973, il governo maliano ha creato lIstituto nazionale di ricerca
sulla farmacopea e la medicina tradizionale (INRPMT), con lobiettivo di certificare tutte le specie
presenti nel Paese (si stima più di 200) che abbiano virtù terapeutiche.
La scelta di riconoscere ufficialmente le antiche pratiche taumaturgiche rappresenta un percorso
obbligato per la maggior parte dei Paesi dellAfrica subsahariana, dove il ricorso alla medicina
tradizionale è sempre stato un fenomeno molto diffuso e, come ha sottolineato il Ministro della
sanità sudafricano Manto Tshabalala-Msimang, “nel corso dei secoli ha contribuito ad alleviare le
sofferenze di numerose famiglie”.
Proprio per questo, lOMS ha voluto impegnarsi nel sostenere ricerche e progetti che promuovano le
antiche tecniche terapeutiche e ne studino lefficacia. Lobiettivo è quello di creare sistemi
medici integrati, caratterizzati sia dalla biomedicina e dai traguardi raggiunti dalla scienza, sia
dal sapiente uso delle risorse messe a disposizione da Madre Natura.
Un approccio dunque non sostitutivo, ma complementare, promosso anche da associazioni che da anni si
occupano di assistenza medica in Africa, come lAmref che, accanto a un modello basato su diagnosi
allavanguardia, farmaci di sintesi specifici e interventi chirurgici, considera altrettanto
centrale luso di radici, foglie, cortecce, erbe per curare o prevenire determinate malattie, alcune
delle quali hanno come rimedio composti a base vegetale. È il caso del linfoma di Hodgkin e della
leucemia linfocitaria acuta, patologie trattabili con farmaci a base di due alcaloidi (vincristina e
vinblastina) presenti nella pervinca del Madagascar (Catharanthus roseus).
LE ANTICHE CONOSCENZE TERAPEUTICHE AFRICANE
Ma cosa si intende esattamente per medicina tradizionale africana? Una delle spiegazioni più
esaustive ci perviene da Mamadou Koumare – esperto in farmacologia, che ha collaborato con lOMS in
qualità di consigliere per lAfrica sulle tecniche sanitarie moderne e tradizionali – il quale la
definisce come “linsieme di conoscenze e tecniche per la preparazione e lutilizzo di sostanze,
procedure e pratiche in uso, spiegabili o meno, basate sulle tradizioni socio-culturali e religiose
delle società africane, fondate sullesperienza personale trasmessa di generazione in generazione, e
utilizzate per la diagnosi, la prevenzione o leliminazione di squilibri del benessere fisico,
mentale o sociale”.
In questa frase sono racchiusi tutti gli aspetti che caratterizzano gli antichi metodi di cura
africani. Innanzitutto, si parla di un vero e proprio “rituale di guarigione”. Il terapeuta non solo
sceglie accuratamente le erbe medicinali, ma spesso pratica una cerimonia evocativa che fa leva
sulla sfera psicologica. Unisce così lefficacia delle proprietà officinali delle piante al potere
della suggestione del paziente tramite particolari riti.
Naturalmente laspetto legato alla fitoterapia è centrale. Per ogni disturbo o patologia, i sapienti
guaritori sanno quale pianta utilizzare. Per le infiammazioni, sfruttano le proprietà della Nerium
oleander o della Lawsonia inermis, mentre per stimolare il sistema immunitario unottima fonte è
lOcimum gratissimum.
La scelta delle erbe varia a seconda del Paese, dellarea geografica o delle tradizioni specifiche
di un popolo. In Sudafrica, i nyanga – gli esperti di medicina tradizionale tra letnia zulu –
utilizzano ampiamente lumphafa e la tombeya (contro linappetenza). In Kenya sono molto diffuse il
mdungu, utile contro la tosse, e la morya, impiegata come antimalarico. Ma non basta conoscere le
virtù terapeutiche dei vegetali diffusi nelle foreste africane.
È fondamentale sapere quali parti usare: le radici di una pianta possono essere letali alluomo, ma
non le foglie e solo gli esperti guaritori possiedono queste fondamentali nozioni, oltretutto molto
complesse. Esistono più di un migliaio di specie vegetali che ogni terapeuta deve conoscere, delle
quali ne usa regolarmente almeno quattrocento. Una volta selezionata e preparata la sostanza utile
alla cura, questa viene somministrata tramite particolari cerimonie.
I gesti rituali hanno proprio la funzione di far leva sulla psiche del malato, producendo una sorta
di effetto placebo. Ed è proprio questa la caratteristica specifica della medicina tradizionale: la
simbiosi tra conoscenze taumaturgiche e riti socio-culturali. Questo approccio si può definire
olistico, in quanto del paziente e della patologia che egli manifesta vengono considerate tutte le
componenti: da quella propriamente fisica a quelle emotive e psicologiche.
I vari rituali che accompagnano la somministrazione delle sostanze vegetali (decotti, polveri,
bevande, unguenti) risultano quindi parte integrante della cura stessa. Ma anche la raccolta delle
erbe officinali rappresenta una fase evocativa, durante la quale i guaritori recitano formule sacre
e offrono doni alla foresta: il tutto per creare lalone di ufficialità tipico del rito taumaturgico
e anche per rispetto verso Madre Natura.
In molti mercati africani si possono trovare vere e proprie farmacie ambulanti, caratterizzate da un
caleidoscopio di colori e profumi provenienti da una vasta scelta di erbe adatte per le più svariate
patologie. Durante queste occasioni, molti guaritori hanno la possibilità di offrire utili
consulenze a chi si rivolge a loro. Ma negli ultimi anni, la disponibilità di prodotti vegetali
tipica di un tempo è notevolmente diminuita. Gli esperti in medicina tradizionale hanno difficoltà a
trovare le piante e le erbe che generalmente utilizzano e ciò ha ripercussioni dal punto di vista
sia medico e socio-culturale, sia della biodiversità.
UNA TRADIZIONE IN PERICOLO
Laumento della popolazione, lurbanizzazione, la deforestazione e il degrado ambientale che hanno
investito come un fiume in piena lAfrica negli ultimi decenni, rischiano seriamente di
compromettere lesistenza di molte specie vegetali presenti nel continente. A ciò si deve aggiungere
anche il commercio internazionale di piante utilizzate nellindustria farmaceutica.
Tutti questi fattori hanno già provocato gravi perdite, come evidenziano studi realizzati da
organizzazioni ambientaliste, tra cui figura la World Conservation Union (IUCN). Dalle ricerche
emerge la necessità di attuare progetti di conservazione nelle regioni australe e orientale
dellAfrica per almeno cento specie vegetali endemiche, come lAloe sinkatana, utilizzata nella
medicina tradizionale per curare infezioni e febbre.
Per tutelare lecosistema molti Stati hanno varato una legislazione ad hoc, che regolamenta la
gestione e lutilizzo delle risorse forestali. Inoltre, la creazione di nuove aree protette (come in
Gabon, Sudafrica, Madagascar e Senegal) permette di proteggere in modo più efficace lhabitat
naturale. Alcuni Paesi hanno avviato poi progetti specifici relativi allo sviluppo e allutilizzo
sostenibile delle specie medicinali.
I programmi prevedono lidentificazione e la ripartizione delle piante; la loro coltivazione, nel
caso ciò sia possibile e la regolamentazione nella raccolta. Queste misure, pur utilissime, non
possono però risolvere il problema della diminuzione delle specie vegetali in alcune aree del
continente africano. In Sudan ed Eritrea, il Baobab è diventato estremamente raro per effetto di
siccità, carestie e guerre che hanno afflitto i due Paesi negli ultimi anni.
Anche la Repubblica Democratica del Congo ha subìto gravi perdite, non solo umane, ma anche a
livello ambientale, a causa del conflitto iniziato allinizio degli anni 90 che, con fasi alterne,
si manifesta ancora nella foresta dellIturi: unarea ricca di legno pregiato (mogano, tek, ebano).
Le guerre – e non solo lo sfruttamento intensivo e il commercio internazionale – rischiano di
estinguere specie vegetali usate da sempre dai popoli africani per alleviare le sofferenze.
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