Meditare rafforza il cervello
Ricerca Usa: ecco come l’area cerebrale diventa più grande
Normalmente queste zone tendono a ridursi con l’età
Meditare rafforza il cervello
ecco i segreti della mente
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fanno invecchiare meglio e riducono il rischio di malattie
di LUIGI BIGNAMI
(29 gennaio 2006)
ROMA – Meditare fa bene al cervello e aumenta le capacità intellettive. Sono tante le definizioni di
meditazione, perché diverse sono le meditazioni, ma una cosa che le accomuna c’è, ed è arrivata
dalla ricerca scientifica. L’ha scoperta un gruppo di ricercatori della Harvard Medical School di
Yale e del Massachusetts Institute of Technology. La gente che medita vede crescere il proprio
cervello, un fenomeno che non succede a chi non medita. Ma c’è di più.
Scannerizzando il cervello i ricercatori hanno osservato che le parti che aumentano in spessore sono
quelle addette all’attenzione e ai processi sensoriali che arrivano dall’esterno. All’interno della
materia grigia poi, lo spessore aumenta maggiormente nelle persone adulte rispetto a quelle più
giovani. Questo è davvero interessante, sostengono i ricercatori, perché di solito questa sezione
del cervello umano normalmente rimpicciolisce con l’età. In altre parole è come se nelle persone
anziane la meditazione fosse in grado di far tornare attive quelle parti del cervello che lo sono
soprattutto in tenera età.
Spiega Sara Lazar, responsabile della ricerca: “I nostri dati portano a sostenere che la pratica
della meditazione conferisce non solo l’aumento della materia grigia, ma anche elasticità alla
corteccia cerebrale degli adulti in aree importanti per l’apprendimento, i processi emotivi e lo per
star bene”. Secondo i ricercatori questa scoperta si conforma ad altre ricerche che avrebbero
dimostrato che la meditazione ispessisce le aree del cervello di chi pratica musica, di chi impara
molte lingue.
Ma come si è giunti a queste conclusioni? I ricercatori hanno scannerizzato il cervello di 20
persone – alcune delle quali che facevano meditazione da vari decenni altre da un solo anno – e lo
hanno confrontato con 15 che non l’avevano mai praticata. Per misurare il livello di meditazione che
i partecipanti erano in grado di raggiungere veniva chiesto loro, durante la scannerizzazione del
cervello, di provare a meditare solo su ciò che gli capitava attorno ad essi durante le analisi,
senza utilizzare particolari metodi di mantra ossia senza usare quei suoni che emessi, secondo la
meditazione buddista, sono in grado di liberare la mente dai pensieri. Spiega Lazar: “Se i
partecipanti all’esperimento sentivano un rumore essi dovevano ascoltarlo, piuttosto che pensare ad
esso. Se non succedeva nulla, dovevano porre attenzione al loro respiro. In altre parole essi non
dovevano elaborare pensieri”.
Questa fase di studio durava circa 40 minuti, durante i quali la profondità della meditazione veniva
misurata attraverso il rallentamento del respiro. Alle persone invece, che non praticavano
meditazione veniva chiesto di abbandonarsi ai loro pensieri come facevano quando si rilassavano.
Usando questa base comune la ricerca ha concluso che l’aumento della materia grigia per chi fa
meditazione va dagli 8 ai 16 millesimi di centimetro, in rapporto a quanto tempo trascorre durante
la sua vita a meditare. “Questo dimostra che l’aumento di materia grigia non dipende unicamente
dalla meditazione in sé, ma anche da quanto tempo si trascorre in meditazione e quanto è profonda”,
ha sottolineato Lazar. Questi risultati tuttavia, sono solo il punto di partenza della ricerca.
“Perché in chi medita il cervello aumenta di volume?
La meditazione produce una maggiore connessione tra le cellule o un maggiore afflusso di sangue al
cervello? Il comportamento delle persone cambia? E soprattutto: con la meditazione si può rallentare
l’invecchiamento? Queste sono solo alcune delle domande a cui ora vorremmo dare una risposta, ma per
questo sono necessari molti esperimenti i tempi non saranno certo brevi”.
(29 gennaio 2006)
www.repubblica.it/2006/a/sezioni/scienza_e_tecnologia/meditazione/meditazione/meditazione.htm
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