MEDITAZIONE – 6

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MEDITAZIONE – 6

da “Enciclopedia olistica”

di Nitamo Federico Montecucco ed Enrico Cheli

EFFETTI PSICOFISICI DELLA MEDITAZIONE SULLA SALUTE

Effetti fisici e psichici della meditazione

Uno sguardo scientifico sugli stati meditativi

a cura di Aurora Maggio Cooper

Michael Murphy e Steven Donovan dell’Istituto di Esalen di Sausalito in California hanno raccolto
una vasta rassegna di ricerche scientifiche dal 1931 al 1988, sugli effetti della meditazione sulla
salute fisica e psicologica. Ne daremo qui alcuni stralci, scelti dalle ricerche sugli effetti della
meditazione sui sintomi da stress (ipertensione, colesterolo, riduzione degli ormoni da stress,
ansietà).

Gli stress che l’uomo moderno deve affrontare sono molto diversi da quelli incontrati dall’uomo
primitivo, le sfide della vita quotidiana odierna sono principalmente mentali, nondimeno queste
sfide sollecitano gli stessi meccanismi psichici e fisici che le minacce del mondo naturale
producevano nell’uomo primitivo. Le reazioni di ‘lotta o fuga’ comprendono l’innalzarsi della
pressione sanguigna, del ritmo cardiaco, dei livelli di catecolamina, l’accelerarsi dei meccanismi
di coagulazione del sangue e altri. Tali effetti sono altresì accompagnati da effetti a lungo
termine derivanti dal cortisolo e sollecitati dallo stato di vigilanza cronica.

In Germania la ricerca sui vantaggi della meditazione sul terreno dell’organizzazione aziendale,
dell’educazione e della prevenzione sanitaria sembra procedere con risultati estremamente
interessanti e positivi. Gli insegnamenti tradizionali di meditazione hanno sempre sostenuto che i
disturbi e la fatica quotidiana si possono attenuare se non eliminare per mezzo della meditazione.
La quiete mentale e fisica dovuta alla meditazione crea una maggior chiarezza della mente e un
benessere appagato del corpo.

Per quanto la meditazione in sé non persegua alcuno di questi scopi ed anzi sia leggerezza…
silenzio… piacere di essere con se stessi… non finalizzato se non al momento presente…
osservazione radiosa dei propri processi interiori…, nel respiro, nel corpo e nella mente… con
distacco… testimoniare… accettare…, alcuni direbbero ritrovare un vecchio amico… celebrare
il proprio esserci, il proprio esistere… un “non fare nulla” solo esteriormente improduttivo…,
un’espansione di coscienza…, nondimeno per consolidarne il valore universale è utile il lavoro di
ricerca svolto da molti ricercatori, in condizioni e presupposti molto diversi fra loro, che
vogliamo proporre qui al lettore italiano, sugli effetti benefici della meditazione.

Chiarezza mentale e circolazione del sangue

Alcune delle caratteristiche generali dello stato di stress sono sicuramente la confusione mentale,
un senso diffuso di malessere e un abbassamento di energia. D’altra parte la circolazione del sangue
è direttamente o indirettamente coinvolta e contribuisce alla chiarezza mentale, al senso di
benessere, ad una circolazione maggiore di energia o addirittura ad esperienze di emozione
religiosa. I maestri tradizionali di meditazione non potevano misurare la circolazione sanguigna con
esattezza scientifica ma erano in grado di orientare la pratica meditativa per mezzo dell’empatia,
dell’intuizione, delle sensazioni cinestetiche, spesso osservando i messaggi corporei connessi alla
circolazione sanguigna come il fluire del sangue al viso e al petto, modificazione nel tono della
pelle e del colorito. Il quadro degli effetti della meditazione sulla circolazione sanguigna fornito
da studi contemporanei è agli inizi e deriva in gran parte dalle ricerche sponsorizzate dalla
Ricerca sulla Meditazione Trascendentale in USA.

Delmonte (1984) ha esaminato 52 soggetti ed ha scoperto che i meditatori mostravano un aumento
significativamente più alto nel volume digitale sanguigno e del metabolismo durante la meditazione
rispetto al normale stato di riposo.

Wallance e altri (1978) argomentavano che la caduta dell’acido lattico (associato a stress ed ad
alta pressione) nel sangue durante la meditazione poteva essere dovuta all aumento di circolazione
del sangue nei muscoli immediatamente associati allo scheletro, con conseguente aumento del
metabolismo aerobico. Questi ricercatori hanno riferito a Riechert (1976), che ha riportato un
aumento della circolazione sanguigna del 30% all’avambraccio con circolazione immodificata alle dita
(usando un plethysmografo). Jevning e Wilson (1978) hanno scoperto che la circolazione sanguigna
cerebro-frontale aumentava di circa il 65% durante la meditazione trascendentale in 10 insegnanti (
che avevano da 5 a 8 anni di pratica regolare) e restava elevata anche successivamente con punte
sino a 100% (misurata per mezzo di rheoencefalografia quadripolare).

Pressione sanguigna e ipertensione

Esistono prove consolidate che la meditazione aiuta ad abbassare la pressione sanguigna in persone
normali o moderatamente ipertese.

Questo dato sperimentale è stato riprodotto in più di 19 studi, alcuni dei quali hanno evidenziato
riduzioni sistoliche, nei soggetti esaminati, di 25mmHg o più. In alcune ricerche la combinazione di
meditazione con biofeedback o altre tecniche di rilassamento si sono dimostrate più efficaci della
meditazione da sola per alcuni soggetti.

Diversi studi hanno comunque dimostrato che il sollievo all’alta pressione diminuisce o scompare
totalmente se la meditazione è praticata in modo discontinuo. La meditazione aiuta a rilassare i
grandi gruppi di muscoli che premono sul sistema circolatorio in varie parti del corpo. Potrebbe
anche aiutare a rilassare i piccoli muscoli che controllano i veicoli stessi del sangue, quando ciò
accade la risultante elasticità dei veicoli stessi aiuterebbe a ridurre la pressione all’interno.
Potrebbero essere interessati altri meccanismi che ulteriori ricerche potranno rivelare.

Nella ricerca svolta da Simon e altri (1977) a 5 ipertesi cronici era stata insegnata la tecnica
della meditazione trascendentale, dopo averla appresa e praticata per circa 32 settimane la loro
pressione del sangue è diminuita da 153/101mmHg a 138/92.

Nella ricerca di Stone e DeLeo (1976) a 14 soggetti ipertesi era stata insegnata una meditazione
buddhista che implica l’attenzione al respiro in cinque sessioni di venti minuti al giorno per sei
mesi. Cinque soggetti ipertesi erano stati tenuti come controllo. Supini, i membri del gruppo
esaminato hanno avuto riduzioni di 1mmHg sistolico /8mmHg diastolico. In piedi, la riduzione era di
15mmHg sistolico /10mmHg diastolico.

Il gruppo di controllo in posizione supina ha avuto una riduzione di 1mmHg sistolico/2mmHg
diastolico. In piedi la riduzione nel gruppo di controllo era di 2mmHg /0mmHg diastolico. Nella
ricerca di Patel e North (1975) 32 pazienti ipertesi venivano assegnati a caso a sei settimane di
cura con metodi di rilassamento yoga con biofeedback o a terapie placebo ( rilassamento generale).

Entrambi i gruppi mostrarono una riduzione nella pressione sanguigna da 168/100 a 141/84mmHg nel
gruppo trattato e da 169/100 a 160/96mmHg nel gruppo di controllo. La differenza era altamente
significativa. Il gruppo di controllo venne in seguito istruito con metodi di rilassamento yoga e la
pressione sanguigna cadde ai livelli dell’altro gruppo, ora usato come gruppo di controllo.

La pressione sanguigna è una delle variabili fisiologiche più facili da misurare. Le ricerche
proposte dimostrano che molti pazienti con ipertensione moderata migliorano sensibilmente con la
meditazione e che l’adozione della meditazione per la cura dell’ipertensione può essere efficace.

Altre modificazioni cardiovascolari

Esistono prove sperimentali che la meditazione allevi certe forme di disturbi cardiovascolari che
confermano che lo yoga, il t’ai chi e altre discipline di trasformazione sostengano la salute. Vi
sono anche prove sperimentali che coloro che meditano guariscono più in fretta dagli impatti
stressanti presentando anche scarse reazioni eccessive allo stress di quanto non facciano i non
meditatori. Tali prove sperimentali confermano tutti gli insegnamenti buddisti, taoisti e yogici sul
comportamento adeguato e senza sforzo di coloro che praticano la meditazione.

Barr e Benson (1984) e altri hanno sperimentalmente provato che la meditazione è di aiuto per la
ipercolesterolemia e l’angina pectoris. Solema e Schwartz (1976) mostrarono a 30 meditatori un film
stressante e ne misurarono le risposte per mezzo della conduzione epidermica, del ritmo cardiaco,
della descrizione personale dell’esperienza e dei parametri della personalità. Il ritmo cardiaco,
sia in meditatori con lunga esperienza che in principianti, superò gli impatti di stress più
rapidamente che nei soggetti di controllo, mostrando una configurazione psicofisiologica alle
situazioni di stress opposta a quello osservata nelle sindromi da stress. In uno studio di Glueck e
Stroebel (1975) i meditatori dimostrarono poche attivazioni croniche ed eccessive di reazione
d’emergenza (fuggi o lotta).

Sistema corticale
EEG Onde alpha

Numerosissime prove sperimentali dimostrano che la meditazione porta ad un aumento dei ritmi alpha (
onde cerebrali lente, ad elevata ampiezza che si estendono ai canali anteriori con frequenza da 8 a
13 cicli al secondo).

Riportiamo indicativamente alcuni studi, che hanno utilizzato differenti tipi di meditazione, con
gruppi da 1 a 50 soggetti, che comprendevano principianti e maestri Zen:

Delmonte (1984), Echenhofer e Coombs (1987), Woolfolk (1975), Glueck e Stroebel (1975) e molti
altri, tutti riportati nella relazione di Esalen.

EEG onde teta

Una struttura caratteristica delle onde cerebrali di meditatori a lungo termine comprende forti
bagliori dei ritmi teta dominanti nella zona frontale (da 5 a 7 cicli al secondo). Rao (1965)
descrive la meditazione come una forma di autoipnosi parallela allo stato di trance o di sonno
ipnotico.

Alcuni ricercatori hanno osservato i risultati EEG in base al modello ergotropico (eccitato) e
tropotropico (rilassato) sviluppato da Gellhorn. Davidson (1976) afferma che gli stati mistici
possono essere vissuti sia in condizioni ergotropiche che tropotropiche. Egli suggerisce che il
girotondo Sufi e le violente contrazioni dei monaci Zen Ishiguro sollecitano reazioni tropotropiche,
di rilassamento. Sargant (1974) sostiene che gli stati tropotropici, di rilassamento, possono
awenire nel mezzo di un’e sperienza di eccitazione (ergotropica) indotta.. Gellhorn e Kielly (1972)
hanno osservato che le modificazioni fisiologiche durante la meditazione sono dovute a un
cambiamento dell’equilibrio ergo/tropotropico in direzione tropotropica, un’ottima strategia per
migliorare la salute mentale.

Il loro modello è stato criticato da Mills e Campbell (1974) perché ignorava le differenze nelle
tecniche di meditazione.

Chimica del sangue

Allo stato non sono possibili paragoni precisi fra la comprensione tradizionale dei cambiamenti
corporei nella pratica contemplativa e le ricerche moderne sugli effetti della meditazione sulla
chimica del sangue, sebbene le prove sperimentali in alcune ricerche dimostrino che la meditazione
abbassa gli ormoni adrenalinici, i lattati e il colesterolo confermando che la pratica spirituale
riduce lo stress e l’ansietà.

Ormoni adrenalinici

La meditazione in generale produce risultati psicologici opposti a quello dello stress, tuttavia i
ricercatori sono perplessi sul fatto che i livelli degli ormoni adrenalinici non si riducono in modo
costante nel sangue dei meditatori.

Tuttavia Benson (1983b) ha studiato 19 soggetti che praticavano tecniche edi rilassamento due volte
al giorno per 30 giorni, trovando che i livelli accresciuti di norepinefrina non producevano aumenti
nel ritmo cardiaco e nella pressione sanguigna e concluse che le tecniche di rilassamento riducevano
la reazione del sistema nervoso centrale alla norepinefrina.

Ahuja e altri (1981) riportavano che coloro che praticavano MT avevano ridotti i livelli di
cortisolo e che la riduzione variava in base alla durata della pratica.

Aminoacidi, penilalina e lattato

Esistono prove sperimentali che il metabolismo aminoacidico sia associato agli stati mentali, visto
che l’alterazione dei livelli di aminoacido nel plasma è stato correlato a diversi tipi di
comportamento.

Elevate concentrazioni di lattato nel sangue sono stati associati con ansietà e pressione alta, ed è
stato scoperto che l’infusione di lattato nel sangue produce sintomi di ansietà. Molti studi hanno
evidenziato riduzioni dei lattati sino al 33% durante la meditazione (Bagga e altri 1981, Jevning e
altri 1978, Benson 1975, Orme Johnson 1973, Wallance e Benson 1972). Altri studi non confermano
(Michaels e altri 1979).

Serotonina

Bujatti e Riederer (1976) riportano un eccezionale aumento del metabolita della serotonina 5-HIAA
durante la meditazione trascendentale ed osservavano che la serotonina era ‘l’ormone
dell’appagamento e del riposo’. Gli stessi ricercatori riportano un aumento nella serotonina
nell’urina durante l’agopuntura.

Colesterolo

L’eccesso di attività cronica del sistema nervoso simpatico è implicato come fattore in grado di
aumentare e mantenere alti livelli di colesterolo indipendenti dalla dieta. Bagga e altri (1981)
hanno studiato 40 studentesse in medicina che praticavano la meditazione trascendentale riportando
che la media di colesterolo diminuiva da 196.3 mg/dl a 164.7 mg/dl.

Anche Cooper e Aygen (1979) hanno misurato i livelli di colesterolo all’inizio e alla fine di un
periodo di undici mesi per 12 soggetti ipercolesterolemici che praticavano meditazione
trascendentale e analoghe misurazioni su 11 soggetti che non la praticavano. I dati comparati
dimostravano un calo per il gruppo di meditazione 254 mg ml 225mg ml alla fine, per il gruppo di
controllo 259 all’inizio e 254 alla fine del periodo.

Ansia

Recenti studi hanno dimostrato che la meditazione riduce l’ansia sia acuta che cronica. I risultati
sperimentali concordano con le affermazioni di tutti gli insegnamenti tradizionali secondo cui la
contemplazione riduce la paure immotivate.

Delmonte (1985) ha rivisto tutto il materiale sulla meditazione e la riduzione dell’ansia ed ha
concluso che coloro che meditano regolarmente tendono a mostrare diminuzioni di ansia, sebbene la
meditazione non ha effetti superiori a quelli riscontrati in altri tipi di intervento come l’ipnosi.

Davidson e Schwartz (1984) hanno fatti studi su diversi tipi di meditazione ed hanno concluso che
forme di meditazione Zen che richiedono che la persona osservi il respiro o dica un mantra in
sincronia con il respiro sono particolarmente efficaci perché attenuano simultaneamente l’ansia
cognitiva e quella somatica.

Muskatel e altri (1984) hanno esaminato 52 volontari per tre settimane e mezzo concludendo, fra le
altre cose, che la meditazione riduceva l’impazienza e l’ostilità derivante dalle attese forzate
(traffico, code) vedi anche Beiman e altri (1984), Heide e Borkevec (1983), Kindlon (1983), DeBerry
(1982), Woolfolk e altri (1982)-.

Carrington e altri (1980) hanno studiato 154 impiegati del Telefono di New York, autoselezionatisi
per i sintomi da stress sofferti, che a scelta hanno imparato una di tre tecniche di meditazione sul
respiro, rilassamento progressivo, mantra o erano posti nella lista d’attesa come controlli.

Dopo 5 mesi e mezzo il gruppo trattato mostrava sensibili miglioramenti clinici ma solo i due gruppi
di meditazioni mostravano una significativa riduzione dei sintomi rispetto al gruppo di controllo.

I ricercatori conclusero che la meditazione aveva un considerevole valore per i programmi di
gestione dello stress negli ambienti aziendali.

Vahia e altri (1973) hanno studiato 99 pazienti diagnosticati psiconeurotici. Tutti non avevano
avuto alcun miglioramento con le cure precedenti. Alla metà veniva insegnato una meditazione che
praticavano per un’ora al giorno per sei settimane. All’altra metà venivano date delle pseudo-cure
consistenti in esercizi che somigliavano alle asana yoga ed esercizi respiratori minimi. Ad entrambi
i gruppi veniva dato lo stesso sostegno, rassicurazione e pastiglie placebo. Dopo la cura il gruppo
sperimentale mostrava una riduzione significativa dell’ansia, misurata con la scala Taylor per
l’ansia manifesta. Il gruppo di controllo non mostrava alcun cambio significativo. Complessivamente
il 74% del gruppo sperimentale venne giudicato clinicamente migliorati dopo la cura.

Delmonte e Kenny (1987) considerano la meditazione come un complemento alla psicoterapia e ritengono
che la meditazione possa ridurre i sintomi dell’ansia, dell’insonnia, dell’uso di droghe,
migliorando anche l’autorealizzazione delle persone. Kuntz e altri (1985) presentano una struttura
di integrazione di meditazione e psicoterapia mettendo in evidenza i vantaggi sinergetici della
combinazione delle due pratiche.

L’intensificazione del processo psicoterapeutico per mezzo di questa disciplina, antica e nuova, non
deve essere vista come una rivoluzione in psicoterapia ma come un’evoluzione delle idee dei suoi
fondatori. Freud e Jung stavano entrambi cercando modi più diretti per espandere la coscienza e
l’autoconsapevolezza… Oggi, dopo quasi mezzo secolo, si è modificata la nostra prospettiva
biologica e psicologica e ciò offre un punto di vantaggio unico per sintetizzare elaborazioni
diverse in modelli più comprensivi per l’autoesplorazione allo stesso modo in cui Freud e Jung
usavano i blocchi cognitivi.

continua…

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