Meditazioni nella natura
di Stefano Fusi
PERDERSI PER RITROVARSI
Non seguire un percorso prefissato. È un pellegrinaggio naturale che porta a
sentire l’energia del luogo, a seguire l’ispirazione del momento. Occorre
svuotare la mente e lasciarsi guidare dal corpo e dalle sensazioni. Uscire
dai sentieri, se è il caso. Perdersi. Lasciarsi guidare dalla bellezza,
dalle rocce, dalle piante, dagli animali: seguire le tracce o l’animale
stesso. Poi, ritrovare la strada del ritorno.
È un esercizio simile al tantrico Latihan, che consiste nel non fare nulla e
lasciar affiorare un movimento spontaneo e seguirlo. Così in natura. Non si
deve arrivare da nessuna parte in parte se non nel centro di noi stessi. E
scoprire che una cascata, un albero, una pietra hanno qualcosa da
comunicarci. Si può sentire di dover stare seduti e assumere l’immobilità di
una rupe, o correre come un torrente sul greto, o stare ritti a respirare e
prendere luce come un albero. Il tempo, naturalmente, non (si) conta più.
DIVENTARE ALBERI, INCONTRARE L’ALBERO
Uno degli esercizi di base del Qi Gong, l’antica arte cinese dell’energia
interiore, origine di tutte le arti marziali ‘dolci’, è quello dell’albero.
Semplicemente, stare ritti, gambe leggermente flesse, piedi paralleli
perpendicolarmente alle spalle, braccia rilassate ai fianchi, e respirare.
Nel Qi Gong originario, al principiante è richiesto di farlo per un anno
almeno prima di passare all’esercizio seguente. Farlo in un bosco è
sorprendente.
Il ‘massaggio arboreo’ è una potentissima pratica di ricarica: ci si
appoggia all’albero – meglio se grande e antico – con la schiena. E si resta
a goderne l’energia. Che ci pulisce e comunica. È meglio del classico e pur
valido ‘abbracciare l’albero’ cui spingono seminari intensivi: siamo noi ad
aver bisogno dell’albero, e avendolo davanti ci si distrae; la schiena, la
colonna vertebrale (il nostro albero interiore), sono le nostre vere zone
naturali, cui non pensiamo mai salvo quando ci fanno male.
CAMMINARE CON COSCIENZA
La camminata dell’attenzione degli Indios serve a distogliere dai pensieri e
dal dialogo interno continuo che ci impediscono di fonderci con l’ambiente e
coglierne i messaggi. Avviene in silenzio; concentrandosi sul passo stesso;
lasciar scorrere i pensieri; seguire un ritmo armonizzato con la
respirazione, senza forzature; ascoltare i rumori; lasciar libere le mani
usando lo zaino se occorre portare qualcosa; ascoltare soprattutto le
sensazioni del corpo.
La ‘camminata del potere’ insegnata da Don Juan a Castaneda è solo una forma
del camminare primordiale: gambe leggermente flesse e ginocchia sciolte, non
rigide, un po’ come le scimmie; occhi semiaperti, quanto basta per avere uno
sguardo non focalizzato ma vigile, ‘periferico’; andatura che a poco a poco
diventa inconscia, una semitrance.
Va da sé che camminare in questo modo porta a diventare tutt’uno con la
camminata stessa, e le sensazioni propriocettive del corpo hanno la
prevalenza su considerazioni razionali e sull’attenzione rivolta
all’esterno.
Che va comunque mantenuta, ma senza che prevalga sull’altra.
Come avviene anche nella ‘camminata meditativa’ dei monaci Zen, che assume
un ritmo uniforme che favorisce la meditazione.
PURIFICARSI CON GLI ELEMENTI NATURALI
Qui la fantasia non ha limiti. Tutto nella natura purifica. Da malattie
fisiche ma anche da disagi esistenziali. Occorre solo lasciar andare le
difese razionali. Tornare bambini. Fare il bagno nella cascata (una delle
pratiche più potenti, tradizionale in Giappone, che purifica e fortifica
fino al limite della sopportazione). Prendere nudi l’acqua del temporale.
Asciugarsi al fuoco. Usare un sasso per toglierci di dosso le tensioni (gli
sciamani sudamericani usano questa tecnica nelle cerimonie della ‘Limpia’,
la purificazione appunto): le pietre hanno un’energia che assorbe e lava
tutto. È una pratica efficacissima anche da effettuare sugli altri: è un
massaggio non invasivo, dolce e profondissimo.
L’ultima variante è il massaggio effettuato con pietre leggermente
riscaldate. Due suggestive forme di meditazione in natura sono proposte dal
ricercatore e poeta della natura italiano Italo Bertolasi, che ha vissuto a
lungo con gli sciamani e pellegrini della natura giapponesi e nepalesi: il
‘bagno di foresta’ e il ‘bagno di vento’. Ovvero, immergervisi come fosse
acqua. Lasciandosene penetrare mentre si svuota la mente e si entra in
sintonia con la loro essenza.
‘LEGGERE’ LA FORESTA DI SIMBOLI
Molte pratiche di osservazione e meditazione sono proposte dall’antroposofia
di Rudolf Steiner, come le meditazioni sullo sviluppo delle piante e sui
ritmi stagionali. Meditare sulle forme viventi e sulla loro evoluzione è un
aiuto allo sviluppo psicofisico. Ognuno può trovare la sua via e il suo modo
per entrare in contatto con gli ‘spiriti della natura’, che non sono
necessariamente folletti disneyani, ma i meccanismi eterici con cui essa si
manifesta, cresce e fiorisce. Anche qui, è più complicato dirlo che farlo.
Occorre provare, semplicemente.
Una via di ricerca interessante che unisce la preghiera cristiana alla
celebrazione delle bellezze del creato, è quella proposta dal frate
cappuccino Padre Andrea SchnÖller e da Luisa Marnati, psicologa e
psicoterapeuta, nel loro libro ‘Meditazioni nella natura’, ed. Xenia:
propongono quattro simboli principali su cui meditare. L’uccello dalle
grandi ali, il cipresso odoroso, l’albero dalle grandi radici, il canto
delle acque. Simboli rispettivamente dello Spirito, della freccia verso
l’alto,
della Terra, dell’acqua, e delle rispettive qualità spirituali. È una
meditazione da fare non in natura ma anche a casa, perché la natura è
comunque dentro di noi ed è fonte di ispirazione inesauribile.
MARE: L’OCEANO DELLA CONSAPEVOLEZZA
Va bene anche nuotare o ‘fare il morto’, d’estate al mare. Ma con più
attenzione e coscienza, possiamo provare a galleggiare appieno, lasciandoci
andare completamente: torniamo nel paradiso terrestre dell’utero cui tutti
cerchiamo di tornare inconsciamente.
Di recente, ricercatori spirituali hanno adattato all’acqua antiche pratiche
come lo Yoga, lo Shiatsu, il Tai Chi e sono nati Woga – Water Yoga; Wai Chi
(Water Tai Chi), Watsu (Water Shiatsu). In acqua, la loro efficacia aumenta
per via dell’attenuarsi della gravità, i movimenti si fanno più fluidi,
l’effetto
del massaggio più forte, la coscienza s’allenta e ritroviamo la nostra
armonia più facilmente.
PICCOLI RITUALI DI SINTONIZZAZIONE
Camminare a piedi nudi nella rugiada; creare ‘altari’ in natura con i sassi
(come gli ‘ometti’ dei sentieri, costruiti negli anni dagli alpinisti);
celebrare le Quattro direzioni e i Quattro elementi (in vari modi: si porta
l’attenzione alle strutture fondamentali dello spazio e della natura);
costruirsi un proprio ritratto con elementi naturali e poi bruciarlo per
abituarci alla disidentificazione dall’ego: è come farsi un mandala
personale; creare piccoli oggetti d’arte ‘temporanei’ con elementi naturali
(semi, rami, foglie, sassi, conchiglie); mettere nastrini colorati attorno a
pietre, erbe, alberi per riceverne l’energia.
TORNANDO IN CITTÀ, PER MANTENERE IL CONTATTO CON LA NATURA
Visualizzare la propria scena della natura preferita in rilassamento.
Crearsi un angolo di natura ‘personale’: giardino Zen, fontanella, giochi di
manipolazione con la sabbia come quelli utilizzati anche in analisi
junghiana, costruirsi mandala e altari con elementi naturali che creano un
rapporto con i luoghi visitati e le sensazioni ed emozioni vissute, molto
più di come si può fare con foto o filmati. I fiori e gli altri elementi
vivi, lasciamoli dove stanno, vivi.
SOLE E PIETRA
Una fonte di calore salutare, fortissima e concentrata: la pietra restata al
sole tutto il giorno, nel tardo pomeriggio. Sui torrenti, vicino alle
cascate, ma anche al mare (meglio se c’è vicino l’acqua, per potersi poi
rinfrescare). Ci si può stendere sulle pietre, appoggiarsi piccole pietre
calde di sole sul corpo, sui punti che si ‘sentono’ da distendere o sanare.
O dovunque vi porti la vostra sensitività.
La pietra è un accumulatore d’energia, rimanda e amplifica il potere
luminoso del sole. Lo fa da sempre, ha immagazzinato una memoria immensa. Ci
si può affidare alla pietra per esperienze oltre il tempo, per trasformarsi
in un’antenna d’energia luminosa che da noi si ‘scarica’ nel mondo. Ci
guarisce e guarisce gli altri cui la passiamo. Ci informa su quanto è
avvenuto negli ultimi millenni e milioni di anni, da un database infinito.
Ci carica del potere della permanenza e dell’essenzialità. Levigata
dall’acqua
e modellata dal vento, imbevuta di fuoco dal sole, appoggiata sulla Terra,
matrice del legno, è un compendio dei quattro elementi, una chiave d’accesso
al Tutto.
RICARICA DI LUCE
A occhi quasi chiusi, palpebre abbassate fino a lasciare solo uno spiraglio,
ci si ricarica di luce. Guardando il Sole, direttamente. Compaiono
fantasmagorie luminose e colorate, forme e vibrazioni; la luce ci penetra e
irrora tutte le cellule del corpo e tutta l’anima. Va fatto per un tempo
breve, ‘sentendo’ di essere un ricettacolo della forza vitale dell’universo.
Un effetto simile lo ha il guardare la luce del Sole attraverso le foglie
degli alberi.
RITUALE DELLA CASCATA
Inchinarsi alla cascata sentendo la sua forza, che è quella della vita che
scorre all’interno della materia, che è terra, pietre, legno, corpo.
Entrarvi o lasciarsene lambire o sommergere. È un modo per celebrare lo
scorrere della realtà entro di noi. Per riuscire meglio a entrarvi (l’acqua
è fredda) si effettua a lungo la respirazione ‘forzata’ bioenergetica o il
respiro del fuoco delle pratiche sciamaniche (due inspirazioni veloci dal
naso, espirazione veloce dalla bocca semichiusa).
CAVALCARE L’ONDA
Senza oggetti stupidi e ingombranti, con il nostro corpo. Seguirla,
assecondarla, assorbirne la natura e leggerne il simbolismo: viene dal mare
e vi torna, anzi lo è, ne è parte. Proprio come noi veniamo e andiamo verso
il Tutto che ci contiene, genera e riassorbe.
LETTURA DEI MESSAGGI DELLA NATURA
È una meditazione semplicissima e insieme sopraffina. La più grande e
assoluta. È la forma di divinazione che praticavano gli antichi. È una
lettura dello specchio che è la natura, il luogo dove possiamo trovare noi
stessi. Bisogna semplicemente lasciare andare i pensieri e sentire i simboli
viventi: il volo degli uccelli che rappresenta la nostra parte spirituale,
la verticalità degli alberi che uniscono terra e cielo e sono la nostra
colonna vertebrale, il nostro sostegno e la continuità della vita, i
movimenti degli animali che sono la nostra parte pulsionale e sensitiva,
legati alla terra o all’acqua.
Le forme della terra sono le forme della vita, la nuvole sono acqua-energia
che si muove verso l’alto col calore per ritornare poi a terra come acqua,
il mare è la matrice, la culla, il mistero della vita, che riflette la luce
e si colora di cielo e terra ma in sé non ha colori. Poi il Sole, con albe e
tramonti e sfolgorio del giorno: è il vivificatore, che mette incinta la
Madre Natura, e la notte, l’altra faccia della natura, il mistero
dell’infinito,
anch’essa con i suoi fuochi lontani, la luce riflessa, il ritmo del tempo,
le maree e l’acqua che danza con loro.
SASSI
Se le pietre ci insegnano miliardi di cose, i sassi quasi altrettanto. In
piccolo, sono come le pietre grandi. Sono montagne, pianeti, antri, picchi,
terre percorse da tracciati e solchi, colorate, levigate dal vento e
dell’acqua
o butterate dal fuoco, bruciate dalla luce.
C’è tutto nei sassi, a saperli leggere. I migliori sono quelli restituiti e
‘lavorati’ dal mare e dai fiumi. Hanno in sé il potere della gioia, prodotto
della danza degli elementi che creano, trasformano, purificano e innalzano
col fuoco; sedimentano, stabilizzano, nutrono, raccolgono e danno fondamento
con la terra; danno vita, muovono, suonano e trasportano coll’aria;
scorrono, puliscono, nutrono, rinfrescano coll’acqua. E uniscono tutto con
la danza delle particelle in amore, l’etere-energia, il pulviscolo luminoso,
colorato, meraviglioso che gioca a creare forme ed esseri viventi, pensieri
e parole e sentimenti ed estasi.
Lascia un commento