Quando si rievoca un ricordo, i particolari di una scena sono meno importanti del suo significato
generico: due esperimenti chiariscono alcune dinamiche dei processi di apprendimento.
da focus.it
Il cervello umano è molto più efficiente nel ricordare il vago significato di una scena, rispetto ai
suoi precisi dettagli: ce ne rendiamo conto quotidianamente, ma ora lo confermano un paio di studi
presentati a novembre al meeting annuale della Society for Neuroscience, a San Diego.
Una possibile ragione di questa défaillance è di tipo evolutivo: per la nostra sopravvivenza è molto
più utile ricordare un’idea astratta, rispetto ai singoli particolari. Immaginate di essere stati
morsicati da un cane in un parco: non è fondamentale ricordare il colore del quadrupede, le sue
dimensioni o l’aspetto del suo collare; è più importante sapere che se importuniamo un cane che
corre libero all’aperto, può darsi che ci morda.
UN PASSAGGIO PER VOLTA. Ma la difficoltà a rammentare i dettagli ha anche una spiegazione che ha a
che fare con il modo in cui le informazioni vengono immagazzinate – e quando serve, rievocate – nel
cervello. Per capire a quali parti apprese si dia la priorità, nel ricostruire una scena, gli
scienziati dell’Università di Birmingham (Regno Unito) hanno chiesto a 22 volontari di memorizzare
128 insolite coppie di oggetti che apparivano sullo schermo di un computer, formate da un elemento
di contesto (per esempio, un paesaggio di montagna) e un oggetto (per esempio, un kiwi).
Due giorni dopo, i ricercatori hanno presentato ai volontari soltanto l’immagine del contesto, e
chiesto di ricordare l’oggetto abbinato. Gli intervistati sono riusciti a rammentare la categoria
astratta di appartenenza dell’oggetto (“frutta”) nel 79% dei casi. Durante questo sforzo, si è
registrato un picco di attività nella neocorteccia (lo strato più esterno del cervello, deputato
alle funzioni cognitive superiori) simile a quello che avviene durante il sonno, la fase principale
di consolidamento di ricordi. Chi riusciva a ricordare la categoria astratta, nei 4 tentativi
successivi è risalito all’oggetto specifico (“kiwi”) nel 75-88 per cento dei casi.
DUE CASSETTI SUCCESSIVI. Quanto osservato ha perfettamente senso, secondo gli scienziati. Quando
vediamo una scena, il cervello analizza inizialmente i dettagli percettivi – colore, forma,
orientamento – con i centri visivi. Queste informazioni sono poi inviate alla neocorteccia, dove
avviene il consolidamento del ricordo nella sua forma astratta. Quando però rievochiamo, il processo
avviene nell’ordine inverso: prima torna a mente la categoria generale, e poi, sforzandosi un po’,
qualche particolare. Ecco perché è più facile ricordare il significato generico di una scena e non i
suoi dettagli specifici.
TEMPI DIVERSI. Il processo è stato confermato da un secondo esperimento, in cui altre persone hanno
memorizzato coppie di parole e immagini scollegate, e hanno poi dovuto rievocare, sentendo la
parola, l’immagine associata, dicendo se fosse un oggetto vivente o non vivente. Nel processo di
memorizzazione, l’EEG (elettroencefalografia: la registrazione dell’attività elettrica del cervello)
ha evidenziato un picco di attivazione della corteccia visiva 100 millisecondi prima della codifica
nella neocorteccia. Quando si è trattato di rievocare quanto appreso, è avvenuto il contrario:
l’attività della neocorteccia ha registrato un picco 300 millisecondi prima del ricordo delle
informazioni percettive.
14 DICEMBRE 2018 | ELISABETTA INTINI
Lascia un commento