Mente e Cervello
Articolo comparso sulla rivista medica Rianimazione,
Febbraio, 2001
La ricerca scientifica sul corpo umano sarà in grado di fare più luce sulle esperienze di pre-morte.
Dott. Sam Parnia, Ricercatore Associato, Università di Southampton.
Durante gli arresti cardiaci l’attività della radice cerebrale è persa rapidamente. Essa non
dovrebbe essere in grado di sostenere dei processi lucidi o permettere la formazione di ricordi
durevoli.
Esiste la necessità, di un largo e esaustivo studio che sia in grado di dirci se la mente è prodotta
dal cervello o se è una entità separata. Se la seconda ipotesi fosse corretta questo porterebbe a
conseguenze quasi inimmaginabili.
I medici che hanno trovato la prima prova scientifica a sostegno del possibile proseguimento
dell’esistenza dopo questa vita hanno costituito una fondazione di beneficenza per approfondire lo
studio sulla mente umana in prossimità della morte.
I ricercatori dell’Università di Southampton hanno appena pubblicato un articolo scientifico in cui
vengono esposti i dettagli relativi ai loro studi sulle esperienze di pre-morte, studi che
sembrerebbero supporre che la coscienza e la mente possano continuare ad esistere dopo che il
cervello ha cessato di funzionare e il corpo è dichiarato clinicamente morto.
Il gruppo di ricerca ha trascorso un hanno studiando i casi di persone rianimate in seguito ad un
arresto cardiaco nel General Hospital di Southampton. I pazienti oggetto dello studio erano stati
tutti dichiarati, per periodi di tempo differenti, clinicamente morti in quanto privi di polso, con
assenza di respirazione e pupille fisse e dilatate.
Indipendenti studi riguardanti l’encefalogramma hanno confermato che l’attività elettrica del
cervello, e quindi il suo funzionamento, cessano in quel momento. Ciò nonostante, sette dei 63
pazienti di Southampton sopravvissuti all’arresto cardiaco (pari all’11%) ricordano emozioni e
visioni avvenute durante il periodo di incoscienza.
Il Dott. Sam Parnia, co-autore dello studio, è uno dei quattro amministratori della Horizon Research
Foundation. Egli afferma “Lo scopo della fondazione è duplice. In primo luogo, ci rivolgiamo sia
alle figure professionali, sia a coloro che hanno indagato o cercheranno di approfondire le proprie
ricerche, in modo da offrire una fonte divulgativa sulle esperienze e sulle questioni aperte
concernenti la fine della vita.
Pubblicheremo un pacchetto informativo e per un abbonamento di dieci sterline i sottoscrittori
saranno tenuti aggiornati sugli ultimi sviluppi attraverso newsletter periodiche e attraverso il
nostro sito web.
Organizzeremo inoltre seminari e conferenze per informare gli interessati. Ogni sterlina guadagnata
sarà utilizzata per svolgere ulteriori ricerche scientifiche sulla mente umana al termine della
vita.”
Nello studio condotto a Southampton i 63 sopravvissuti ad attacchi cardiaci sono stati intervistati
entro una settimana dall’infarto; è stato chiesto loro se ricordassero qualcosa del periodo in cui
non erano stati coscienti.
Sette dei sopravvissuti hanno riportato qualche esperienza di pre-morte e quattro pazienti (il 6%)
hanno superato i rigidi criteri di Greyson generalmente usati per diagnosticare le esperienze di
pre-morte
Essi ricordano esperienze di pace e di gioia, una sensazione di tempo accelerato, sensi
intensificati, perdita di consapevolezza del proprio corpo, la visione di una luce bianca,
l’ingresso in un altro mondo, l’incontro con un essere mistico o con parenti defunti, e la
sensazione di giungere in un punto di non ritorno.
Questo fa sorgere la domanda su come questi pensieri lucidi possano accadere quando il cervello è
clinicamente morto. Il Dott. Parnia, ricercatore associato della clinica universitaria e ufficiale
civile, afferma: “Il punto principale delle esperienze di pre-morte risiede nella comprensione della
relazione esistente tra cervello e mente; questo è rimasto un punto aperto nel dibattito
contemporaneo che avviene in ambito filosofico, psicologico e neuroscientifico.
A livello scientifico si conosce molto poco dell’esperienza soggettiva della morte, della natura
della mente umana e del suo risultato durante la morte clinica. Questo campo sta assumendo notevole
importanza nella medicina.
Ciò che abbiamo trovato ha la necessità di essere investigato in uno studio più ampio. Ma qualora i
risultati venissero replicati ciò comporterebbe il fatto che la mente può continuare ad esistere
dopo la morte del corpo, o in una vita futura.”
Casi di esperienze pre-morte sono stati trovati in molte culture diverse e in diversi periodi
storici; è stimato che circa il sei percento delle persone che hanno sofferto di un arresto cardiaco
hanno provato tali esperienze.
Attualmente esistono tre spiegazioni per questi casi. La prima è fisiologica; le allucinazioni che
il paziente sperimenta sarebbero causate da una alterato stato chimico del cervello dovuto a
trattamenti farmacologici, a carenza di ossigeno o cambiamenti dei livello di anidride carbonica.
Nello studio condotto a Southampton nessuno dei quattro pazienti con esperienze di pre-morte ha
subito una bassa ossigenazione o è stato sottoposto a combinazioni farmacologiche inusuali durante
la propria rianimazione.
Una seconda spiegazione sostiene che le esperienze fuori dal corpo (N.d.T. OOBE out of body
experience), esperienze vivide di tunnel, di luci o di parenti defunti sarebbero costruite dalla
mente per facilitare il processo della morte.”
Il Dott. Parnia, aggiunge: “Le caratteristiche delle esperienze pre-morte di questo studio non sono
assimilabili a confuse allucinazioni, in quanto sono altamente strutturate, con un impianto
narrativo, facilmente ricordate e chiare.”
La terza possibile spiegazione è metafisica, le esperienze di pre-morte vengono viste come indice
della continuazione della vita dopo la morte. Tutti e quattro i pazienti oggetto dello studio svolto
a Southampton si sono dichiarati cristiani sebbene nessuno si è definito come praticante – uno ha
detto di essere pagano – e nessuno ha visto figure di tipo religioso durante le proprie esperienze
di pre-morte.
Dott. Parnia, ha aggiunto: “Durante gli arresti cardiaci l’attività della radice cerebrale è persa
rapidamente. Essa non dovrebbe essere in grado di sostenere dei processi lucidi o permettere la
formazione di ricordi durevoli.
Esiste la necessità, di un largo e esaustivo studio che sia in grado di dirci se la mente è prodotta
dal cervello o se è una entità separata. Se la seconda ipotesi fosse corretta questo porterebbe a
conseguenze quasi inimmaginabili.”
Note per i redattori:
La Horizon Research Foundation può essere contattata telefonicamente allo 0870 3333722 o via casella
postale 888, Southampton General Hospital, Tremona Road, Southampton SO16 6YD.
Sito web della fondazione: www.horizon-research.co.uk
Lo studio svolto a Southampton è pubblicato nel numero di Febbraio 2001 della rivista medica
“Rianimazione” (N.d.T. “Resuscitation”).
Per ulteriori informazioni:
Dott Sam Parnia, Senior Research Fellow, University of Southampton
Telefono: 023 8079 5026
Email parnis@soton.ac.uk
Kim d’Arcy, External Relations, University of Southampton
Telefono: 02380594993
Email: kimda@soton.ac.uk
Relazioni pubbliche:
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Fax: +44 (0)23 8059 3285
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