19 dicembre 2017
La stimolazione elettrica diretta dell’amigdala, una struttura del cervello coinvolta nei
comportamenti emotivi e nella gestione del ricordo, può migliorare la capacità di ricordare immagini
osservate solo di sfuggita durante la stimolazione in soggetti con deficit di memoria(red)
da lescienze.it
La stimolazione elettrica diretta dell’amigdala è in grado di migliorare le capacità di ricordare
specifiche immagini in soggetti affetti da deficit di memoria.
La ricerca che ha dimostrato per la prima volta questa possibilità nell’essere umano umano è ancora
lontana da un’applicazione clinica, ma lascia intravedere la possibilità di sviluppare dispositivi
capaci di aiutare pazienti con gravi problemi di memoria, dovuti a lesioni cerebrali traumatiche o a
problemi cognitivi associati a malattie neurodegenerative, almeno nelle loro fasi iniziali. Lo
studio, condotto da ricercatori della Emory University ad Atlanta, è pubblicato sui “Proceedings of
the National Academy of Sciences”.
L’amigdala è una regione del cervello nota per il suo coinvolgimento nella gestione delle risposte
emotive e nell’apprendimento associato alla paura, ma studi di stimolazione dell’attività cerebrale
del cervello condotti sui topi hanno mostrato un suo ruolo anche nella gestione della memoria in
generale, anche se la vera “centralina” della memoria è costituita dall’ippocampo.
Nel corso dei test, i ricercatori hanno proposto a 14 pazienti con epilessia sottoposti a
monitoraggio intracranico 160 immagini di oggetti. Durante la visione di una parte di esse,
l’amigdala veniva stimolata con una corrente di bassissima intensità. Il giorno successivo è stata
mostrata un’altra serie di immagini chiedendo ai soggetti se riconoscevano fra di esse oggetti già
visti il giorno precedente.
Il 79 per cento dei pazienti ha riconosciuto molto più facilmente le immagini la cui visione era
stata accompagnata dalla stimolazione dell’amigdala, mentre l’altro 21 per cento non ha mostrato
miglioramenti significativi. Il miglioramento è apparso più marcato nei pazienti in cui l’epilessia
aveva portato a capacità mnemoniche di partenza più scarse.
La stimolazione cerebrale può essere eseguita sia con metodi non invasivi, come la stimolazione
transcranica a corrente continua (tDCS) – che però non riesce ad attivare selettivamente specifici
circuiti – e la stimolazione cerebrale profonda (DBS), con corrente erogata da un dispositivo
impiantato nel cervello, che permette una notevole selettività.
La DBS è un metodo clinico consolidato per la terapia dei disturbi del movimento come il morbo di
Parkinson, e attualmente viene testata anche per alcune patologie psichiatriche come la depressione
grave che non risponde ai farmaci.
Nella sperimentazione sull’uomo, i ricercatori hanno deciso di stimolare l’amigdala perché hanno
ritenuto che la stimolazione diretta dell’ippocampo fosse troppo delicata, per il rischio di mandare
in “cortociruito” l’intera memoria del paziente.
I ricercatori intendono ora stabilire con più precisione i parametri della stimolazione (tempo di
somministrazione e intensità della corrente) che permettono un risultato ottimale, iniziando nel
contempo a sviluppare test per controllare se la stimolazione elettrica permette di migliorare altri
tipi di memoria, come quella spaziale e verbale.
www.pnas.org/cgi/doi/10.1073/pnas.1714058114
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