Mindfulness: consapevolezza di cosa?

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Mindfulness: consapevolezza di cosa?

Scritto da Marina Ciampelli

Radio, TV, riviste di moda: tanti ne parlano. Perché ormai è di moda.
Ma l’essere citata nei più svariati contesti, dallo yoga, alle
medicine alternative, alle tecniche provenienti dall’oriente e new
age, alla psicologia e alla psicoterapia, crea un alone un po’ fumoso
attorno al termine “mindfulness”.

Cos’è la mindfulness? Significa, in inglese, consapevolezza.

Consapevolezza di cosa? Del momento presente. Significa essere
pienamente presenti al qui e ora, all’esperienza che stiamo facendo
proprio in questo preciso istante. Ora. E che tipo di esperienza?
Qualsiasi: le sensazioni fisiche, le emozioni, i contenuti mentali,
come pensieri, immagini ecc.

Qualcuno potrebbe dire: “Sono già abbastanza consapevole di ciò che
provo”. Buon per lui. E se fosse vero avrebbe anche una gran fortuna.
Purtroppo, invece, siamo costantemente immersi nei nostri automatismi
mentali, quelli che, senza che ce ne rendiamo conto, ci portano a
“leggere” le situazioni sempre allo stesso modo, a reagire con le
stesse modalità.

Volete fare una prova? Leggete, senza barare, le quattro righe che
seguono, una dopo l’altra, senza passare direttamente al fondo, e
registrate mentalmente, meglio che potete, le vostre reazioni e i
vostri pensieri a quello che state leggendo:

“John stava andando a scuola.

Era preoccupato per la lezione di matematica.

Non era sicuro di poter tenere ancora la classe sotto controllo.

Questo non faceva parte dei compiti di un bidello”

(Da: Teasdale, Segal, Williams, Bollati Boringheri 2006).

Sicuramente vi è saltata all’occhio una incongruenza: sembrava si
stesse parlando di uno studente, poi è diventato improvvisamente un
professore, e infine si è rivelato un bidello.

Questa cosa sembrerà strana, ma la facciamo in ogni istante della
nostra vita: saltiamo alle conclusioni senza nemmeno accorgercene, a
partire da dei dati di fatto che liberamente e arbitrariamente
interpretiamo a nostro piacere. E se da un lato questo può essere
fonte di creatività, dall’altro ci impedisce di scegliere, perché
quando questo succede, noi non sappiamo cosa sta succedendo, non
sappiamo il motivo per cui abbiamo fatto una certa scelta, poichè
questa è andata in automatico.

Ciò succede perché non siamo consapevoli. Essere consapevoli ci aiuta
quindi a capire cosa succede nella nostra mente, come un occhio
esterno che la osserva nel suo continuo agitarsi, e che sorride
benevolmente ad essa quando “inciampa” in questi piccoli trabocchetti.

E cosa c’entra tutto questo con la sofferenza psicologica e la
psicoterapia? C’entra, perché, sempre senza che noi ce ne accorgiamo,
abbiamo appena interpretato un saluto troppo rapido di un collega come
un “gli stiamo antipatici”, o un doloretto alla schiena come “ho di
nuovo un tumore”, o una persona che è sbadata alla guida dell’auto
come “si è permesso di tagliarmi la strada e mancarmi di rispetto”,
ritrovandoci, in men che non si dica, immersi in emozioni negative di
tristezza, ansia o rabbia che, a loro volta, innescano dei circoli
viziosi (ormai più che noti in psicologia) che peggiorano l’umore e ci
portano a vivere altre situazioni in modo negativo.

E poiché tutto questo avviene in assenza di consapevolezza, in
assenza di mindfulness, ecco che la pratica della consapevolezza,
ovvero la pratica di mindfulness in psicoterapia, aiuta ad affrontare
in modo efficace lo stress, impedendoci di cascare nei trabocchetti
della mente e imparando a sorridere quando siamo stati lì lì per
cascarci ancora.

Ma non è un gioco da ragazzi. E’ da 2500 anni che la mindfulness viene
praticata, non è un’invenzione di adesso. Solo che si chiamava
meditazione tibetana e da essa la pratica di mindfulness prende
spunto. Non pensate che si tratti di un qualcosa di mistico-religioso
o new age.

E’ oggi una tecnica psicoterapica ben studiata, sperimentata e
strutturata (cercate su pubmed: 211 mila risultati con la parola
“mindfulness”) che dà ottimi risultati in modo trasversale su tante
forme di sofferenza soggettiva, dalla depressione all’ansia, dal
rimuginio alle forme psicosomatiche e per applicare la quale non si
può essere istruttori improvvisati (“istruttore” è il titolo che
acquisisce chi si specializza in questa pratica) ma bisogna aver
seguito corsi, master e, soprattutto, praticato in prima persona la
mindfulness. Forse ancora una volta non è molto chiaro di cosa si
tratta, ma forse è un inizio.

Marina Ciampelli

Psichiatra Psicoterapeuta
psicoterapiafirenze.it
marinaciampelli@gmail.com

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