Morte: la grande avventura
Capitolo 3 di Editrice Nuova Era a cura di Adriano e Roberta Nardi
(parte settima)
Il miglior concetto che ci si possa fare della morte è considerarla come un’ esperienza che ci
libera dall’illusione della forma …
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I Tibetani parlano del processo della morte come dell'”entrare nella chiara luce fredda”.
Probabilmente il miglior concetto che ci si possa fare della morte è considerarla come un’esperienza
che ci libera dall’illusione della forma; ciò ci permette di comprendere chiaramente che quando
parliamo della morte ci riferiamo ad un processo relativo alla natura materiale, il corpo, con le
sue facoltà psichiche ed i suoi processi mentali.
L’errore dell’uomo sta, oggi, nell’atteggiamento di fronte alla morte, per cui interpreta come
catastrofe la scomparsa della vita dalla percezione visiva e il disintegrarsi della forma.
La distruzione della forma … ha poca importanza per coloro che sanno che la reincarnazione è una
legge fondamentale della natura e che la morte non esiste. Le forze della morte continuano ad essere
presenti, ma è la morte della libertà di parola, la morte della libertà nell’attività umana, la
morte della verità e dei valori spirituali superiori, che rappresentano i fattori vitali della vita
dell’umanità; la morte della forma fisica è un fattore trascurabile rispetto a quelli, e vi si
rimedia facilmente con il processo di rinascita e nuova opportunità.
Si è propensi a credere che la morte sia la fine, mentre, per quanto riguarda l’idea di fine, i
valori di cui trattiamo sono persistenti, non ammettono interferenze – che del resto sarebbero
impossibili – e hanno in sé i semi dell’immortalità. Pensateci, e sappiate che tutto ciò che ha vero
valore spirituale è duraturo, senza tempo, immortale ed eterno. Muore solo ciò che è privo di
valore, e per quanto concerne l’umanità muoiono gli elementi pertinenti alla forma o che da questa
traggono importanza. Ma i valori che si reggono su un principio e non sull’apparenza hanno in sé
quel principio immortale che guida l’uomo “dalla porta della nascita, attraverso le porte della
percezione, fino alla porta del proposito”, come dice l’ Antico Commentario.
Morte e limitazione sono sinonimi. Quando la coscienza è accentrata nella forma e si identifica del
tutto con il principio di limitazione, vede come morte la liberazione dalla vita formale; ma, per
evoluzione, essa di continuo sposta la focalizzazione e diviene consapevole di ciò che non è forma,
del regno del trascendente o dell’astratto, o meglio di ciò che è astratto dalla forma e focalizzato
in sé.
Per inciso, ciò definisce la meditazione come scopo e conseguimento. Si medita veramente quando si
usa la mente, riflesso della volontà, nei suoi tre aspetti: per aprire l’ingresso nel mondo
dell’anima, per influire sulla vita personale e infine per imporre e ottenere la piena espressione
del proposito egoico (animico).
La morte stessa è parte della grande illusione ed esiste soltanto a causa dei veli addensati attorno
a noi.
La Paura della morte, del futuro, del dolore, dell’insuccesso, e altre, minori, cui l’umanità
soccombe, e la Depressione, sono, per l’uomo di quest’ epoca, il Guardiano della Soglia. Sono
sintomo di una reazione senziente ai fattori psicologici, e non si possono curare con altri fattori
dello stesso genere, come il coraggio. Ma, tramite la mente, si possono vincere con l’onniscienza
dell’anima – non con l’onnipotenza. Queste parole contengono un cenno occulto.
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