Morte: la grande avventura
Capitolo 10
di Editrice Nuova Era
a cura di Adriano e Roberta Nardi
Quando il genere umano giungerà alla consapevolezza dell’anima … la morte
sarà intesa come un evento «predisposto», attuato in piena coscienza e
sapendo che è periodico.
Nei capitoli precedenti ho esaminato il tema della morte specie, nel suo
aspetto fisico, e dal punto di vista di chi osserva. Ho infatti descritto
quale dovrebbe essere l’atteggiamento di quest’ultimo. Qui, invece, lo
rappresento in maniera alquanto diversa, e cioè dal punto di vista
dell’anima che si scioglie dal corpo. Forse ripeterò cose che vi sono già
note, ma è opportuno chiarire bene certi concetti. Li esporrò in modo
conciso, e vi esorto a considerarli come basilari e reali.
Per l’anima incarnata giunge l’ora del distacco. Essa, in passato:
Si è appropriata di un corpo fisico di una certa qualità, secondo l’età e le
esigenze sue proprie.
Gli ha dato vita tramite l’eterico, infondendogli l’energia necessaria per
la durata prevista della sua impresa fisica.
Nel corpo fisico penetrano due grandi correnti d’energia, che ne determinano
l’attività, il tipo, la qualità espressiva, l’effetto sull’ambiente:
La corrente di vita dinamica, ormeggiata nel cuore. Essa entra nella testa,
scende nel cuore e quivi si accentra per tutto il periodo della vita.
Una corrente minore dell’energia universale, o prana, diversa e distinta
dalla forza individuale, entra attraverso la milza, dalla quale sale al
cuore, incontro a quell’altra, maggiore e più importante. La corrente vitale
dà energia al corpo fisico e lo tiene assieme. Quella pranica ne vivifica
gli atomi e le cellule.
b. La corrente di coscienza individuale, che si ancora nella testa, è un
aspetto dell’anima e rivela la qualità della coscienza che, a sua volta,
dimostra il livello evolutivo. Anche questa corrente agisce assieme ad
un’altra, che è la forza della personalità, caratterizzata dal desiderio (se
nzienza astrale, o emotiva), che entra nel corpo dal centro del plesso
solare. Quest’ultima connette l’uomo al piano astrale, e quindi al mondo
dell’illusione. La coscienza degli uomini primitivi, o di media levatura, si
centra proprio nel plesso solare, e, di conseguenza, l’energia viene
registrata dal punto focale entro la testa, ma non è affatto riconosciuta.
Ecco perché, alla morte, l’anima loro esce dal plesso solare, e non dal
capo. Quando invece l’uomo è progredito, mentale, o è un discepolo o un
iniziato, la corrente di coscienza si ritrae uscendo dalla testa.
L’anima gruppo di tutte le forme animali – per la Legge di Attrazione –
ritrae il principio vitale di qualsiasi sua forma fisica attraverso il
plesso solare, che è il cervello dell’animale comune. E’ vero che alcuni di
questi, domestici e progrediti, cominciano già ad usare il cervello, almeno
in qualche misura, ma il principio vitale e la senzienza, cioè la coscienza
animale, si astrae ancora sempre dal plesso solare. In tutte le fasi del
processo evolutivo si distinguono, pertanto, certi notevoli triangoli di
energia:
a. Negli animali e in quegli uomini che sono di poco superiori agli animali,
negli idioti e in tutti coloro che sembrano non avere un centro di coscienza
individuale, è preminente questo ternario:
Anima-gruppo,
Plesso solare,
Centro della milza.
Negli uomini poco evoluti, ma dotati di individualità, e nell’essere umano
ordinario ed emotivo, domina quest’altro:
Anima,
Centro della testa,
Plesso solare.
Negli uomini progrediti e nei discepoli, all’ora della morte è attivo questo
triangolo:
Anima,
Centro della testa,
Centro ajna (il centro fra le sopracciglia).
Connessa a tutti questi ternari è la duplice relazione con il principio
vitale:
Il cuore, ove si accentra la vita dell’anima nella forma.
La milza, attraverso cui fluisce costante e ritmica la corrente dell’essenza
vitale universale, o prana.
E’ certo un argomento molto astruso, e non suscettibile di verifica, almeno
per chi si trova sui livelli umani. Ma l’ammettere queste tre ipotesi – tali
sono, infatti, oggi – chiarisce tutto quanto si riferisce al processo di
restituzione di cui trattiamo.
La morte è governata dal desiderio, così come lo sono la vita e
l’esperienza. Non occorre dimostrarlo, poiché generalmente ammesso. Si
ripete infatti da tutti che la morte è inevitabile quando viene meno la
volontà-di-vivere. E sia questa la semplice coesione del corpo fisico, quale
entità elementale (per elementali si intende la moltitudine delle vite di
natura che formano la totalità della materia di un piano; queste, su onde di
energia, mediante l’impulso del respiro, e per effetto dell’azione
vibratoria, sono spinte in tutte le forme, quali ci appaiono sul piano
fisico), o l’intento deliberato dell’anima, è pur sempre un aspetto del
desiderio, o meglio una reazione del volere spirituale nel mondo fisico.
Esiste dunque un mutuo scambio fra:
a. l’anima sul suo livello,
b. il corpo astrale,
c. il centro del plesso solare.
Poca attenzione si è finora accordata a questa triplice relazione, nell’Arte
di Morire, ma essa merita di essere ponderata.
In senso occulto, il processo della morte è il seguente:
Prima fase: la forza vitale si ritira, dal denso, nel corpo eterico.
Ne consegue la «corruzione» del fisico, che si «disintegra» negli elementi
costituenti. L’uomo oggettivo svanisce e non è più visibile all’occhio
fisico, ma persiste nell’eterico. Quando la vista eterica sarà sviluppata,
il pensiero della morte avrà proporzioni molto diverse. Quando a molti sarà
possibile vedere l’uomo vivente nel corpo eterico, l’abbandono del fisico
sarà considerato come un sollievo.
Seconda fase: la forza vitale si ritira dal corpo eterico, che quindi resta
privo di energia …
Terza fase: la forza vitale si ritira dalla forma astrale, e questa prende a
disintegrarsi in modo analogo, mentre la vita si accentra altrove,
intensificata dalle esperienze fisiche e colorata da quelle emotive.
d. Ultima fase, per l’uomo: la vita si ritira dal corpo mentale.
Terminata questa quadrupla astrazione, essa è controllata interamente
dall’anima …
Per illustrare quanto meglio posso questo argomento, ritengo sia bene
descrivere la sequenza di eventi che si verificano al punto di morte,
ricordandovi che le regioni ove si compie l’astrazione definitiva sono tre:
la testa, per i discepoli, gli iniziati, gli uomini di elevato sviluppo
mentale; il cuore per gli aspiranti, gli uomini di buona volontà, per tutti
coloro che hanno raggiunto una certa integrazione personale e fanno quanto
possono per adempiere la legge dell’amore; il plesso solare per chi è
emotivo e di scarsa levatura. Mi limito ad elencare le varie fasi del
processo, lasciandovi liberi di accettarle come ipotesi interessanti e
probabili, in attesa di poterle verificare, o di accoglierle come verità
indiscutibili, per fiducia nella mia conoscenza, o infine di rifiutarle come
fantastiche, senza valore, non suscettibili di prova. Il primo atteggiamento
è il più consigliabile, perché consente di mantenere l’integrità mentale, è
sintomo di mente aperta e nello stesso tempo protegge dalla credulità e
ristrettezza mentale.
L’anima dal suo livello emette la «parola di richiamo», e immediatamente
nell’uomo fisico subentrano un processo e una reazione interiori:
Eventi fisiologici specifici alla base della malattia, interessano il cuore
e i tre grandi sistemi che potentemente condizionano l’uomo: la corrente
sanguigna, il sistema nervoso e quello endocrino. Non è il caso di parlarne.
La patologia della morte è ben nota ed è stata molto studiata nei suoi
aspetti exoterici, anche se molto resta ancora da scoprire. A noi però
interessano, soprattutto, le reazioni interiori che, in ultima analisi,
causano la predisposizione patologica alla morte.
Una vibrazione percorre i «nadi», che, come sapete, sono la controparte
eterica del sistema nervoso di cui sorreggono ogni singolo nervo in ogni
parte del corpo. Sono, per eccellenza, gli esecutori degli impulsi direttivi
dell’anima, in quanto reagiscono alle vibrazioni emesse dal cervello
eterico. Essi rispondono alla Parola di comando e all’attrazione dell’anima
e si dispongono all’astrazione.
Il sangue subisce una reazione di peculiare carattere occulto. «Il sangue è
la vita», si afferma; vi si produce un cambiamento interiore per le due fasi
precedenti, ma soprattutto per effetto di un’attività ancora ignorata dalla
scienza e causata dal sistema ghiandolare. Infatti le ghiandole, reagendo al
comando di morte, vi immettono una sostanza che agisce sul cuore, dove è
fissato il filo della vita. Questa sostanza, considerata come «mortifera», è
una delle cause fondamentali del coma e dell’incoscienza, poiché suscita
ripercussioni nel cervello. La medicina ufficiale ne mette in dubbio
l’esistenza, ma finirà per riconoscerla.
Un tremore psichico si stabilisce, che allenta e spezza i legami fra i nadi
e i nervi; il corpo eterico si stacca dall’involucro denso, ma ancora lo
compenetra.
Subentra a questo punto, sovente, una pausa più o meno lunga. Essa consente
che il processo del distacco avvenga nel modo più blando e indolore
possibile. Lo svincolo comincia dagli occhi, e si manifesta come
rilassamento, come quella scomparsa di ogni timore che si nota molte volte
nel morente, che si acquieta e si dispone a partire, ormai incapace di
sforzo mentale. E’ come se, in stato di coscienza, raccogliesse le forze per
l’astrazione finale. Durante questa pausa – rimossa una volta e per sempre
dall’umanità la paura della morte – gli amici e i parenti del moribondo gli
“faranno festa”, rallegrandosi con lui per l’abbandono del corpo. Certo,
oggi non è possibile. Oggi è di rigore lo sconforto, e questa fase passa
inosservata e non se ne trae profitto; ma un giorno le cose saranno diverse.
L’organismo eterico, sciolto da qualsiasi legame con i nervi per l’azione
esercitata dai nadi, si raccoglie per lo stacco finale. Dalle estremità si
ritrae verso «l’uscita» e si concentra nella regione che lo circonda, in
attesa dell’impulso finale dell’anima, che dirige il processo.
Fino a questo punto, tutto si è svolto secondo la Legge di Attrazione, cioè
per volere magnetico, attrattivo dell’anima. Ora insorge un impulso diverso.
Il corpo denso, somma degli organi, delle cellule, degli atomi, sempre più
sciolto dal potere integrativo del corpo vitale, esercitato dai suoi nadi,
cade nella sfera d’attrazione della materia. E’ quell’impulso chiamato
attrattivo della materia stessa, esercitato da quella misteriosa entità che
è lo «spirito della terra» di natura involutiva, che è per il pianeta ciò
che l’elementale fisico è per il corpo denso dell’uomo. E’ una forza fisica
vitale che, in essenza, è la vita e la luce della sostanza atomica, di cui
ogni forma è composta. I componenti della forma ritornano a questa riserva
di vita involutiva e materiale. La restituzione della materia requisita per
la forma usata dall’anima durante la vita sta proprio nel ridare a questo
«Cesare» del mondo involutivo ciò che gli appartiene, mentre l’anima torna a
Dio, donde provenne.
E’ evidente che in questa fase il processo è duplice:
Il corpo vitale si prepara ad uscire.
Il fisico si abbandona alla dissoluzione.
Ma è osservabile una terza attività: l’uomo consapevole ritrae la propria
coscienza in modo graduale ma continuo negli involucri astrale e mentale,
apprestandosi ad estrarre completamente il corpo eterico al momento giusto.
Si distacca sempre più dal mondo fisico e si ritrae in sé stesso. Se egli è
alquanto progredito lo fa in modo cosciente, e il suo interesse per la vita
e la consapevolezza dei rapporti con i familiari e gli amici non si
disperdono, nonostante che la presa sul mondo fisico si vada affievolendo.
Quando si muore per vecchiaia, questo distacco è più facilmente percepibile
che nei casi di malattia, e molte volte si può vedere l’anima, cioè l’uomo
interiore vivente, allentare a poco a poco la presa sulla realtà fisica e,
pertanto, illusoria.
Una seconda pausa. In questo momento l’elementale fisico può ancora, a
volte, riafferrare il corpo eterico, se l’anima lo vuole perché la morte non
rientra nei suoi piani interiori, o se esso è così forte da prolungare il
processo. Talvolta avviene che la lotta si prolunghi per giorni e settimane.
Ma quando la morte è inevitabile, questa seconda pausa è brevissima, anche
in pochi secondi. L’elementale fisico rilascia la presa, e l’eterico attende
l’ultimo «strappo» dell’anima, sotto la Legge di Attrazione.
Il corpo eterico emerge dal denso, gradualmente e dall’orifizio prescelto.
Quando è del tutto libero, assume i vaghi contorni della forma densa che ha
sorretto, e ciò avviene sotto l’azione della forma-pensiero che l’uomo ha
creato, negli anni, di se stesso. Quest’ultima esiste per ciascuno, e deve
essere distrutta per completare la seconda fase, dell’eliminazione. Ne
riparleremo. Libero ormai dal carcere del fisico denso, il corpo eterico non
è ancora sciolto dall’influsso di questa forma-pensiero, con la quale resta
in un certo rapporto, che basta a trattenere l’entità spirituale vicino al
corpo abbandonato. Ecco perché il chiaroveggente afferma talora di vedere il
corpo eterico librarsi sul letto di morte o sul feretro. Quelle energie
integrate che chiamiamo corpi astrale e mentale ancora lo compenetrano, e un
punto di luce al centro dimostra la presenza dell’anima.
Il corpo eterico gradualmente si disperde, poiché le sue energie si
riorganizzano e ritirano, lasciando solo la sostanza pranica identificata
con il veicolo eterico del pianeta. Come ho già detto, questa dispersione è
molto agevolata dalla cremazione. Quando si tratta di un uomo poco evoluto,
il corpo eterico può restare a lungo nei pressi della carcassa densa esterna
in via di corrompersi, perché l’attrazione dell’anima non è forte quanto
quella della materia. Se invece è più progredito e quindi distaccato in
pensiero dal mondo fisico, la dissoluzione del corpo vitale può essere
rapidissima. Quando termina, la restituzione è compiuta; l’uomo, almeno per
qualche tempo, non reagisce più alla attrazione fisica; resta avvolto nei
corpi sottili, e si accinge a quell’atto che ho indicato col nome di
«eliminazione».
Al termine di queste insufficienti considerazioni sulla morte dei due
aspetti del corpo fisico, affiora un concetto: l’integrità dell’uomo
interiore. Egli resta se stesso. E’ intatto e indenne; è libero da tutto ciò
che è proprio del livello fisico e dipendente da tre soli fattori:
Qualità delle doti astrali o emotive.
Stato mentale abituale.
Voce dell’anima, sovente non riconosciuta, talvolta ben nota e amata.
L’individualità non è perduta; la stessa persona persiste nel mondo,
spogliata solo di ciò che era parte integrale della consistenza tangibile
del pianeta. Quell’entità amata o detestata, utile o nociva al genere umano,
che rese grandi servigi o visse insignificante, rimane, ancora attiva in
senso mentale, e rimarrà in eterno come parte individuale qualificata dal
tipo di energia (o raggio), o come parte del regno dell’anima, o come un
iniziato di alto grado, secondo quanto gli compete per diritto.
Prima di studiare a fondo questo problema voglio accennare a quel «velo» che
è intatto nel cervello della maggior parte degli uomini, ma non esiste
nell’illuminato.
Il corpo denso, come sapete, è compenetrato da un sostegno, chiamato corpo
eterico o vitale, che ne è la controparte, e che lo oltrepassa alquanto.
Questo è un involucro di energia, composto di centri di forza e di «nadi»,
piccoli conduttori di forza che sorreggono tutto il sistema nervoso, cioè i
nervi e i gangli nervosi. Nel corpo, due orifizi consentono l’uscita: uno si
apre nel plesso solare, l’altro nella sommità del capo. Ciascuno di essi è
protetto da una rete di sostanza eterica, formata da fili di energia
fittamente intrecciati.
Alla morte, l’energia vitale preme su quel velo, lo lacera e sfugge via,
quando il potere astraente dell’anima è forte abbastanza. Nel caso di
animali, bambini o esseri umani del tutto accentrati nel corpo fisico e astr
ale, la via di uscita è il plesso solare, ove la rete si strappa e consente
il passaggio. Nel caso di uomini mentali, al contrario, cioè di individui
più evoluti, si lacera la rete al sommo del capo, nella regione delle
fontanelle, e l’essere pensante razionale sfugge da quella porta.
Negli uomini di forte natura psichica, medium, chiaroveggenti e chiaroudenti
di scarsa levatura, il velo del plesso solare è perforato già dai primi anni
di vita, e quindi essi facilmente escono dal corpo e vi rientrano, come
durante la «trance», quando sono attivi nel mondo astrale. Ma non hanno
continuità di coscienza, e non si scorge nessun rapporto fra la loro
esistenza fisica e i fenomeni che riferiscono durante la «trance», e che
solitamente – ignorano del tutto in stato di veglia. L’intero processo si
compie sotto il diaframma e concerne soprattutto la vita senziente animale.
Invece il chiaroveggente consapevole e chi ha poteri psichici di ordine
superiore non cade in «trance», e in tal caso non esiste ossessione né
medianità. E’ il velo cerebrale che viene lacerato, e per quell’apertura
affluiscono luce, sapere, ispirazione; ciò conferisce, inoltre, la capacità
di entrare in quello stato di estasi spirituale (indicato in sanscrito dal
termine «Samadhi»), che è la corrispondenza spirituale dello stato di
«trance» della natura animale.
Sono dunque due le aperture per cui si trapassa: il plesso solare, per chi è
soprattutto fisico ed emotivo, e cioè per la grandissima parte degli
uomini – e il centro della testa per chi è mentale e spiritualmente desto.
Ecco il primo e più importante fatto da ricordare, ed è chiaro che la
tendenza generale, il campo dove si accentra in modo precipuo la vita,
decidono la porta d’uscita. Ne consegue che l’impegno di disciplinare la
vita e la natura emotiva e di orientarsi verso il mondo mentale e dello
spirito agisce poderosamente sugli aspetti fenomenici della morte.
E’ ovvio, se ben si pensa, che una di queste aperture concerne l’uomo
spirituale e progredito, e l’altra il primitivo, che di poco ha superato la
fase animale. E l’uomo ordinario, di media levatura? Orbene, esiste
temporaneamente una terza via: proprio sotto l’apice del cuore, un’altra
rete eterica ostruisce un altro orifizio. La situazione è dunque la
seguente:
Escono dalla testa gli intellettuali, i discepoli e gli iniziati.
Escono dal cuore uomini e donne di buona volontà ed onesti cittadini, i
filantropi, gli operatori intelligenti.
Escono dal plesso solare gli esseri umani con una prevalente natura
istintuale, a volte indicata come natura animale.
Tutto ciò, a poco a poco, diverrà di dominio pubblico in Occidente, nel
secolo venturo; in Oriente già lo si sa, e costituisce uno dei primi passi
verso la comprensione razionale dei processi di morte.
Nelle pagine che precedono ho tentato di descrivere la vera natura di ciò
che si chiama morte. Essa è dunque il ritrarsi, conscio o no, dell’entità
vivente interiore dal suo guscio, dalla sua corrispondenza vitale, e
finalmente dai corpi sottili, secondo il livello evolutivo. Vi ho detto
quanto essa sia fenomeno abituale per ciascuno. L’orrore che accompagna la
morte violenta è provocato dallo «shock» che colpisce il corpo eterico,
imponendo l’istantaneo riassetto delle sue forze, costrette a reintegrarsi
in modo improvviso e repentino per azione definita, compiuta, per forza di
cose, nel corpo astrale-mentale. Ciò non implica che l’entità interiore si
ristabilisca nell’eterico, ma il ricomporsi, per Legge di Attrazione, delle
energie di quest’ultimo già dissipate, sì che possa poi dissolversi in modo
definitivo e completo.
La morte può anche essere intesa come un processo duplice, che specialmente
concerne il corpo vitale. Dapprima la sostanza eterica viene raccolta ed
estratta, in modo che non interpenetri più il fisico denso, poi si addensa
(parola scelta con cura) in quella parte dell’eterico che circonda, senza
compenetrarlo, il corpo denso. Questa è stata talvolta chiamata, per errore,
l’aura della salute, ed è più facile fotografarla con esito positivo proprio
durante la morte, più che in qualsiasi altra circostanza, perché le forze,
in via di ritirarsi, si accumulano per parecchi centimetri intorno al corpo
tangibile. A questo punto, nel processo di astrazione, l’anima dice la
«parola morte», ma prima può ancora rientrare nel fisico, e ri-compenetrarlo
con l’eterico già estratto. Fino a questo momento, comunque, essa mantiene
il contatto con tali forze tramite il centro della testa, o del cuore, o del
plesso solare, o mediante i due centri minori dei polmoni.
Secondo il suo livello evolutivo, il morente è, per tutto questo tempo,
accentrato nel corpo emotivo o nel mentale. E’ più cosciente di quanto
credano gli astanti, e si rende perfettamente conto, in sé, di quanto
accade. Se è fortemente focalizzato nella vita fisica, e questo è il
desiderio di cui è più consapevole, può intensificare il conflitto; allora
l’elementale fisico combatte vigorosamente per sopravvivere e l’astrale dal
canto suo resiste per prolungare la vita, mentre l’anima è intenta all’opera
di astrazione e di restituzione. Spesso questa lotta è evidente a chi
assiste. Ma, col progresso dell’umanità, questa triplice battaglia diverrà
meno frequente; la vita fisica sarà sempre meno desiderata, e l’attività del
corpo astrale andrà estinguendosi.
Esiste una potente energia di astrazione, che chiamiamo morte, che a tempo
debito si dimostra più forte che l’azione unita degli atomi e delle cellule
del corpo. Essa tende a ritrarre e poi ad estrarre l’energia dell’anima, che
se ne avvale nel processo di abbandonare un veicolo dopo l’altro. Si può
affermare che i semi della morte sono latenti nel pianeta e in tutte le
forme.
Sono i centri energetici che tengono assieme il corpo e ne fanno un tutto
organico, attivo e vitale. Come sapete, in punto di morte il filo della
coscienza si stacca dal centro della testa e quello della vita dal cuore. Ma
non si è ancora dato rilievo all’effetto che questo duplice evento provoca
su tutti gli altri centri. Il filo della coscienza, ormeggiato nel centro
della testa, qualifica il loto chiamato in oriente «dai mille petali»
(immagine usata per indicare il centro della testa), non solo, ma (in modo
magnetico e radiante) influisce nettamente anche sui petali degli altri
centri maggiori, con tutti i quali è in rapporto; il centro della testa li
qualifica e li tiene attivi, e quando la qualità di reazione cosciente se ne
ritrae, l’effetto è subito risentito da tutti i petali degli altri centri,
abbandonati dall’energia qualificante, che sfugge via dal centro della
testa.
Lo stesso vale per il filo della vita, che è fissato nel cuore, dopo essere
penetrato nella testa unito a quello della coscienza, e averla attraversata.
Finché resta ancorato colà, infonde energia e tiene vivi tutti i centri del
corpo, irradiando fili di vita nel loro punto centrale, o nel loro cuore,
che talvolta viene chiamato «il gioiello nel loto» – appellativo però spesso
riservato al punto di energia monadica (Monade, la parte immortale dell’
uomo, la causa prima, “il frammento di Dio in ogni uomo”) nel cuore del loto
egoico, nel suo mondo. In punto di morte, il filo della vita, quando si
ritira dal cuore alla testa e da qui al veicolo dell’anima, porta seco la
vita di ogni centro; quindi il corpo muore e si disintegra, e non è più un
tutto coerente, conscio, vitale.
Le forze eteriche dapprima si concentrano alla periferia, dove già
oltrepassano il corpo denso, prima di dissiparsi e lasciare l’anima libera
nel suo involucro astrale. E’ una fase ancora ignorata del processo di
morte. Sovente si è supposto e affermato che il corpo eterico si ritira dal
fisico denso. Ma la morte in quel momento non è ancora completa; occorre un
secondo comando dell’anima, per cui tutte le forze eteriche si dissolvano e
tornino alla fonte, cioè alla grande riserva generale. Non dimenticate che
il veicolo eterico non ha vita propria. E’ semplicemente l’amalgama di tutte
le forze e le energie che animano il fisico e lo sospingono ad agire durante
il periodo dell’esternazione. E rammentate che i cinque centri della spina
dorsale non sono entro il corpo fisico, ma in certi punti della forma
eterica che è parallela; sono situati (nel caso dell’uomo di scarsa
levatura, e ancor più se è di medio sviluppo) almeno a cinque centimetri
dalla colonna vertebrale. Anche i tre centri del capo sono fuori del fisico.
Tutto ciò vi farà comprendere perché il corpo fisico – in quanto tale – può
già essere abbandonato quando se ne dichiara ufficialmente la morte, però
questa non è ancora realmente completa. Infine, tenete presente che quanto
detto dei centri maggiori vale anche per i minori.
Gli ultimi due centri minori che «si dissolvono nel nulla» per
ricongiungersi alla totalità della sostanza eterica, sono nella regione
toracica e intimamente connessi con i polmoni. Ed è proprio su questi che
l’anima agisce quando, per qualche ragione, deve rientrare nel corpo. Quando
essi si riattivano, il respiro della forma fisica, già abbandonata,
riprende. Il pronto intervento somministrato normalmente in caso di
annegamento o di asfissia, è inconsapevole applicazione di questa verità.
Ma se l’uomo ha ceduto alla malattia ed il suo fisico è quindi molto
indebolito, queste pratiche non sono possibili né consigliabili. In caso di
morte istantanea per incidente, atto bellico, suicidio, delitto, collasso
cardiaco improvviso, lo “shock” è tale che il processo alquanto lento
dell’astrazione è soppresso e l’abbandono del corpo fisico e la dissoluzione
totale dell’eterico sono praticamente simultanei. Se la morte avviene, come
di norma, per malattia, l’astrazione è lenta, e (se la virulenza del morbo
non ha deteriorato troppo l’organismo fisico implicato) esiste la
possibilità di un ritorno, per un periodo più o meno lungo. Ciò accade di
frequente, specie se la volontà di vivere è intensa e rimangono compiti da
assolvere o non ben conclusi.
Finora i cambiamenti che si attuano nei centri alla morte del corpo fisico
non sono mai stati osservati o documentati; essi sono tuttavia nettamente
visibili all’iniziato e si dimostrano assai interessanti ed istruttivi. E’
l’osservazione delle condizioni dei centri che consente all’iniziato di
sapere, quando concede la guarigione, se la guarigione fisica del corpo è
consentita o meno. Egli può vedere se il principio volontà d’astrazione di
cui sto parlando è attivamente presente o no. Si può osservare il medesimo
processo in organizzazioni e civiltà nelle quali l’aspetto forma viene
distrutto al fine di astrarne la vita, la quale più tardi potrà ricostruirsi
una forma più adeguata. Lo stesso avviene nei grandi processi d’iniziazione,
che non sono soltanto dei processi di espansione della coscienza, ma che
hanno radice nella morte o processo d’astrazione, che conduce alla
resurrezione e all’ascensione.
Ciò che effettua un cambiamento è una scarica (per usare un termine del
tutto inadatto) di energia-volontà diretta e concentrata. Questa è tanto
magnetica da attrarre a sé la vita dei centri, causando la dissoluzione
della forma e la liberazione della vita. Nell’uomo la morte sopraggiunge,
nel senso comune del termine, quando la volonta-di-vivere in un corpo fisico
scompare e la volontà-di-astrarre ne prende il posto. E’ questo che
chiamiamo morte. Nel caso della morte in guerra, per esempio, non si tratta
della volontà-di-ritiro individuale, ma della partecipazione obbligata a una
grande astrazione di gruppo. Dal suo livello, l’anima dell’uomo riconosce la
fine di un ciclo d’incarnazione e richiama la vita. Lo fa con una scarica di
energia di volontà abbastanza forte da determinare il cambiamento.
Riprendiamo il filo della trattazione, e consideriamo l’attività dell’uomo
interiore spirituale, ormai privo di veicolo fisico, denso ed eterico, ma
avvolto ancora nel corpo sottile, composto di sostanza astrale, o senziente,
e mentale. Grazie all’intensa polarizzazione emotiva dell’umanità è invalsa
l’idea che, dopo la vera morte, l’uomo si ritragga dapprima nel corpo
astrale, poi nel mentale. Ma, in verità, non è così. Alla base di questa
concezione sta il fatto che nel corpo sottile, di norma, predomina la
sostanza astrale. Pochi sono gli uomini progrediti al punto da disporre,
dopo la morte, di un involucro soprattutto mentale. Solo i discepoli e gli
iniziati, che vivono accentrati con prevalenza nella mente, si ritrovano,
subito dopo il decesso, sul livello mentale. Per lo più gli uomini, invece,
restano sul piano astrale, rivestiti da un guscio di questa sostanza, che
devono eliminare in un dato periodo di tempo, sempre in quel mondo
illusorio.
Come ho già detto, quel mondo non ha esistenza vera e propria: è una
creazione irreale dell’umanità. .. La sostanza senziente di cui è composto
assume ancora forme illusorie, e ancora ostacola la liberazione dell’anima.
Essa «imprigiona» coloro che, morendo, non reagiscono più che al desiderio,
all’emozione, al sentimento: ed è la gran parte del genere umano. Molti sono
ancora gli uomini la cui coscienza è focalizzata nel piano emotivo, e quando
abbandonano la coscienza fisica e il duplice corpo fisico, devono ancora
eliminare l’astrale; poco sforzo devono fare invece per liberarsi
dall’involucro mentale. Si tratta di individui di scarsa o media levatura,
e, una volta scartato il guscio astrale, ben poco resta loro da compiere;
non hanno infatti un veicolo che dia loro integrità mentale, perché
difettano di concentrazione; l’anima, sui livelli superiori mentali, è
ancora «in profonda meditazione» e del tutto inconscia del proprio riflesso
nei tre mondi.
Tratto dalla mailing list Sadhana > it.groups.yahoo.com/group/lista_sadhana
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