Morte: la grande avventura
Capitolo 5
di Editrice Nuova Era
a cura di Adriano e Roberta Nardi
– C’è una tecnica del morire, come c’è una tecnica del vivere…-
È stridente la differenza attuale fra la cura scientifica con la quale si
assiste la nascita, e la totale cecità e crassa ignoranza, sovente pervasa
di terrore, con cui si accompagna il trapasso. Cerco di iniziare, in
occidente, un modo nuovo e più scientifico per assecondare la morte, e
voglio essere perfettamente chiaro. Ciò che dirò non vuole abrogare i
palliativi e le cure della medicina attuale. Intendo semplicemente
presentare un approccio più sano a questo tema; voglio soltanto suggerire
che quando la sofferenza si è esaurita ed è intervenuto uno stato di
debilitazione, sia permesso al morente prepararsi, sia pure in modo
apparentemente inconscio, al grande trapasso.
Non dimenticate che si prova dolore solo quando si è forti e si ha forte
presa sull’apparato nervoso. È forse impossibile concepire la morte come
conclusione trionfale della vita? È impossibile pensare che un giorno le ore
trascorse sul letto di morte saranno preludio glorioso all’esodo cosciente?
Che l’occasione di sbarazzarsi dell’intralcio del corpo fisico può essere,
anche per gli astanti, una conclusione a lungo attesa e gradita? Potete
immaginare che un giorno il morente e i suoi cari stabiliranno d’accordo l’
ora della dipartita, che, anziché essere accompagnata da pianti, paura,
rifiuto di rassegnarsi all’inevitabile, sarà occasione gaudiosa per tutti?
Che la mente di chi rimane sarà impenetrabile al dolore, e la morte sarà
generalmente riconosciuta come evento più felice ancora che la nascita o il
matrimonio? Vi dico che fra non molto ciò sarà profondamente vero per gli
uomini più intelligenti, e poi, a poco a poco, per tutti.
Si dice che per ora si può credere all’immortalità, ma senza prove sicure.
Una convalida sta nel cumulo delle testimonianze, nell’intima certezza del
cuore, nel concetto di persistenza eterna radicato nelle menti umane. Ma
prima che siano trascorsi cento anni convinzione e conoscenza si faranno
strada, perché un certo evento e una rivelazione muteranno la speranza in
certezza e la fede in sapere. Nel frattempo, coltivate una diversa
attitudine verso la morte, inaugurate una nuova scienza. Non consideratela
più come qualcosa di indomabile e destinata a trionfare, ma sottoponete a
controllo il trapasso e cercate di capirne la tecnica.
Consideriamo dunque, in questa sezione, il problema della morte, o l’arte di
morire. Tutti coloro che sono gravemente ammalati sono inevitabilmente alle
prese con questo enigma, e chi è in buona salute dovrebbe prepararvisi, con
equilibrato pensiero e giusta preveggenza. L’atteggiamento morboso assunto
dalla gran parte degli uomini a questo riguardo, che rifiutano di pensarci
quando sono sani, deve mutare completamente. Il Cristo dimostrò ai Suoi
discepoli qual è il giusto atteggiamento, allorché alluse alla morte
prossima per mano dei Suoi nemici; li rimproverò quando si mostrarono
costernati, ricordando loro che Egli ritornava dal Padre. Quale altissimo
iniziato, con ciò intendeva dire che, in senso occulto, “restituisce alla
Monade”; ma chi non è pervenuto alla terza iniziazione “restituisce all’
anima”.
Il regno della paura della morte, è ben prossimo alla fine, e presto
inizierà un periodo di conoscenza e certezza che lo scalzerà dalle radici.
Per eliminare la paura della morte basta elevare l’argomento su un piano più
scientifico, e in tal senso insegnare come si muore. C’è una tecnica del
morire, come c’è una tecnica del vivere; ma, in Occidente, è in gran parte
perduta, e anche in Oriente non è ormai conosciuta che da piccoli nuclei di
saggi.
Seconda questione da comprendere sta nel fatto che è possibile una tecnica
del morire, e che durante la vita ci si può preparare in modo da saperla
usare.
A questo proposito darò alcuni cenni che verseranno nuova luce su molta
parte della disciplina spirituale cui vi sottoponete. I Fratelli maggiori
che da molti secoli guidano l’umanità sono attivamente impegnati a
prepararla a una nuova, grande conquista.
Ne deriverà la continuità di coscienza, che spazzerà via qualsiasi paura
della morte, legando il mondo fisico e l’astrale in modo così intimo, da
farne in realtà uno solo. Come l’uomo deve unificare i suoi vari aspetti, la
vita planetaria deve fare altrettanto: i suoi vari piani devono unificarsi
come anima e corpo. Fra il fisico denso e l’eterico tale processo è già in
stato avanzato, e deve ora rapidamente svilupparsi anche fra il fisico e l’
astrale.
Le ricerche che si compiono in tutti i campi della vita e del pensiero lo
favoriscono, e la preparazione cui ora sono sottoposti gli aspiranti seri e
coscienziosi ha anche altri scopi, oltre che unificare in loro anima e
corpo. Però non li si mette in risalto, perché l’uomo facilmente insiste
dove non dovrebbe. È legittimo insomma domandare se è possibile disporre di
norme semplici per chi intenda imporsi un ritmo che consenta non solo di
organizzare e rendere costruttiva la propria vita, ma anche di lasciare
senza difficoltà l’involucro esterno, quando ne giunga l’ora. Ecco dunque
quattro regole semplici che riassumono e legano molto di ciò che già state
compiendo:
1. Imparate a focalizzarvi nella testa, visualizzando, meditando e con la
pratica assidua della concentrazione; imparate sempre meglio a vivere come
un re, assiso sul trono fra i sopraccigli. Lo si può fare in qualsiasi
occupazione quotidiana.
2. Servite con il cuore, ma senza intromettervi emotivamente nelle attività
altrui. Per ciò è utile rispondere a due domande, prima di dedicarsi a tale
servizio: “Mi comporto da individuo a individuo, o agisco come membro di un
gruppo verso un altro gruppo? Il movente è egoico, o sono spinto dall’
emozione, dall’ansia di rifulgere, dalla brama di essere amato e ammirato?”.
Queste due prime attività servono a concentrare l’energia vitale sopra il
diaframma, negando il potere attrattivo del plesso solare. Quest’ultimo
diverrà sempre più inattivo, e sempre minore il pericolo che si perfori il
velo eterico ivi presente.
3. Imparate, quando vi disponete al sonno, a ritrarre la coscienza entro la
testa. Lo si dovrebbe fare ogni sera, come preciso esercizio. Non ci si
dovrebbe permettere di cadere senza coscienza nel sonno, ma tentare di
preservarla intatta sino a passare consapevolmente nel mondo astrale.
Dovreste mirare a distendervi, a concentrare l’attenzione e assiduamente
ritrarvi nella testa, poiché fin quando non si ha continua consapevolezza di
tutti i processi che inducono il sonno, nello stesso tempo mantenendosi
positivi, l’esercizio può essere pericoloso. I primi passi devono essere
cauti, e praticati per molti anni, prima di acquisire la capacità di
astrarsi agevolmente.
4. Notate e osservate tutti i fenomeni connessi a tale processo, sia durante
la meditazione, che nel disporvi al sonno. Ad esempio, molti si destano con
un sussulto quasi penoso non appena si assopiscono. Ciò avviene perché la
coscienza sguscia attraverso un orifizio solo parzialmente sgombro. Altri
invece odono un forte schiocco sonoro nella testa, causato dalle arie vitali
ivi esistenti e di cui normalmente non si è consci, e da una sensibilità
interiore che rivela suoni sempre presenti di solito non percepiti. Altri
ancora, nell’atto di addormentarsi, vedono luci, o nubi colorate, bande o
striature violette. Si tratta di fenomeni eterici, privi di reale
importanza, dipendenti dal corpo vitale, dalle emanazioni praniche, dalla
rete di luce.
L’applicazione di queste norme per anni rendono assai più agevole il
trapasso, e chi ha imparato a governare il proprio corpo quando si
addormenta si troverà in vantaggio rispetto a chi non vi ha mai dedicato
attenzione.
In rapporto alla tecnica del morire, non posso per il momento che dare
alcuni consigli. Essi non riguardano chi assiste, ma facilitano alquanto il
trapasso dell’anima.
Per prima cosa vi sia silenzio intorno al morente. Ciò è consueto. Ma si
ricordi che la sua incoscienza può essere solo apparente. In novecento casi
su mille, il cervello è perfettamente consapevole degli avvenimenti, ma è
del tutto paralizzata la volontà di esprimere e di generare l’energia
necessaria per dare segno di vita. Se l’ambiente è silenzioso e vi regna la
comprensione, l’anima in procinto di partire può governare il proprio
strumento fino all’ultimo istante, e prepararsi.
In avvenire, quando si saprà meglio cos’è il colore, nella camera del
morente saranno usate solo luci arancione, con debita cerimonia e solo
quando si sia certi che la guarigione è ormai impossibile. Quel colore aiuta
a concentrarsi nella testa, come il rosso stimola il plesso solare e il
verde agisce nettamente sul cuore e sulle correnti vitali.
Quando poi si conoscerà meglio la natura del suono si useranno anche musiche
adatte; ma, per ora, non ne esistono che possano agevolare l’anima nel
ritirarsi dal corpo, salvo forse qualche nota emessa da un organo. Se nell’
istante esatto della morte si suonasse la nota peculiare del morente, si
otterrebbe l’effetto di coordinare le due correnti di energia e spezzare il
filo della vita, ma oggi sarebbe troppo pericoloso insegnare queste cose, e
bisogna attendere.
Dirò ora di certe scoperte future, e delle vie che gli studi seguiranno in
questo campo.
Si scoprirà che la morte viene facilitata comprimendo certi centri nervosi e
certe arterie: è questa una tecnica che, come alcuni sanno, è custodita e
praticata nel Tibet. Si vedrà che la pressione praticata sulla vena
giugulare, su alcuni cordoni nervosi della testa e su un punto particolare
del midollo allungato è assai efficace a questo riguardo. Si formerà
sicuramente tutta una scienza del morire, ma solo dopo che si sarà
scientificamente accertata la realtà dell’anima e i suoi rapporti con il
corpo.
Si farà uso, inoltre, di mantram, impressi nella coscienza del morente da
chi lo assiste, o mentalmente ripetuti da lui stesso. Il Cristo ne diede
esempio quando esclamò: “Padre, rimetto lo spirito nelle Tue mani”. Altro
esempio lo abbiamo nelle parole: “Signore, fa che il Tuo servo se ne vada in
pace”. La parola sacra, ripetuta di continuo, sottovoce e su una tonalità
particolare (quella cui reagisce il morente) farà parte, un giorno, del
rituale di transizione, assieme all’Estrema Unzione, praticata dalla Chiesa
cattolica, che ha un valore occulto e scientifico. Inoltre, la testa sarà
simbolicamente rivolta a levante, e le mani e i piedi disposti in croce.
Solo incenso di legno di sandalo sarà bruciato, ad esclusione di qualsiasi
altro, perché lavora su una gamma energetica che è distruttiva, e l’anima in
quel momento demolisce la propria dimora.
Questo è quanto posso comunicare e pubblicare per ora su questo argomento.
Ma vi prego con insistenza di studiare la morte e la sua tecnica per quanto
possibile, e di investigarne la natura occulta.
Al fine di prepararsi in vita al passaggio che la morte svelerà è possibile
praticare un semplice esercizio prima di addormentarti la sera.
Dopo aver trovato la posizione più comoda possibile, cerca di assumere un
atteggiamento interiore di tranquillo abbandono del corpo fisico, mantenendo
l’intero concetto sul piano mentale, ma rendendoti conto che è una semplice
attività cerebrale. Il cuore non deve essere in alcun modo implicato. Il tuo
obiettivo è di mantenerti cosciente mentre ritiri la coscienza dal cervello
e passi sui livelli più sottili di consapevolezza. Non abbandoni
definitivamente il corpo fisico, quindi non è implicato il filo della vita
ancorato nel cuore. Lo scopo è di essere per qualche ora e mentre sei
avvolto nei veicoli astrale e mentale, consapevolmente cosciente altrove.
Per tua determinazione diventi un punto di coscienza focalizzato ed
interessato, deciso ad uscire dall’involucro del corpo fisico. Ti aggrappi a
quel punto, rifiutandoti di occuparti del veicolo fisico o delle
preoccupazioni, interessi e circostanze della vita quotidiana, aspettando
fermamente il momento in cui il tuo atteggiamento negativo verso il piano
fisico e il tuo atteggiamento positivo verso i piani interiori ti porteranno
un istante di liberazione, forse un lampo di luce, la percezione di una via
di uscita o il riconoscimento di ciò che ti circonda, oltre all’eliminazione
di ogni sorpresa, o l’attesa che si verifichi qualche fenomeno.
Nel praticare questo esercizio di ritiro, realizzi semplicemente un comune
processo quotidiano. Se riesci a farlo con facilità, quando arriverà l’ora
della morte, potrai fare automaticamente e facilmente – dato che il corpo
fisico non oppone alcuna resistenza, ma rimane negativo e quiescente – la
Grande Transizione senza preoccupazione, o paura dell’ignoto. Questo è un
esercizio che sarebbe a tutti molto utile. Esso richiede solamente di
mantenere costantemente un atteggiamento ed una ferma determinazione di
aggrapparsi al punto di coscienza che è il Sé permanente e attendere
vivamente. Ho scelto queste parole con cura e vi chiedo di studiarle con
egual cura.
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