da lescienze.espresso.repubblica.it
Applicando debolissime correnti oscillanti al cuoio capelluto si può alterare l’intensità di questo
tipo di onde cerebrali tanto da indurre modificazioni nella velocità dei movimenti.
Influendo sull’intensità di alcune onde cerebrali è possibile far sì che una persona si muova “al
rallentatore”: la scoperta, fatta da ricercatori dello University College di Londra, è pubblicata
sull’ultimo numero di “Current Biology”. Com’è noto, nell’attività elettrica complessiva del
cervello rilevabile con l’elettroencefalogramma si possono identificare differenti tipi di onde
cerebrali, che si differenziano per frequenza, localizzazione prevalente e correlazione con
particolari stati della persona, per esempio veglia a occhi aperti, a occhi chiusi, sonno ecc.
“Abbiamo finalmente ottenuto la prova sperimentale diretta che le onde cerebrali influenzano il
comportamento umano, in questo caso la velocità con cui è eseguito un movimento”, ha osservato Peter
Brown, che ha diretto lo studio. “Ciò implica che non è importante solamente il modo in cui sono
attivate le cellule cerebrali, ma anche il modo in cui esse accoppiano la loro attività in schemi
come le onde beta.”
In questo nuovo studio i ricercatori hanno applicato al cervello piccole correnti elettriche
trasmesse da elettrodi applicati allo scalpo dei soggetti di studio mentre questi cercavano di
spostare il più rapidamente possibile la posizione di un punto sul monitor di un computer manovrando
uno joystick. La corrente elettrica applicata aumentava la normale attività beta, un tipo di onda
che studi precedenti hanno mostrato correlata all’attività muscolare, e che mostra una rapida
riduzione appena prima che si esegua un movimento.
A differenza di quanto fatto in quasi tutti i precedenti studi di questo tipo, in cui veniva
somministrato uno stimolo di intensità costante, in questo studio è stata applicata una corrente
oscillante, sintonizzata sulle oscillazioni mostrate dalla normale attività cerebrale. I ricercatori
hanno così potuto osservare che in questo modo i movimenti delle persone risultavano rallentati del
10 per cento circa.
Brown, sottolineando che l’effetto è stato ottenuto con correnti estremamente deboli e non
percepibili dal soggetto, osserva che questi risultati potrebbero avere interessanti implicazioni
terapeutiche: “Sapendo quali schemi di attività cerebrale rallentano i movimenti volontari, possiamo
cercare di aumentarli in patologie come la corea e la distonia, in cui si hanno movimenti eccessivi
e non controllati. Per contro, possiamo cercare di sopprimere l’attività beta in presenza di
condizioni come il Parkinson caratterizzate da un rallentamento dei movimenti.”
Fonte:
lescienze.espresso.repubblica.it/articolo/Movimenti_al_rallentatore_con_le_onde_beta/1340363
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